Formigoni condannato per diffamazione

Dovrà pagare 100 mila euro ai Radicali, che lui aveva accusato di aver manipolato le firme raccolte per presentare la sua lista alle regionali 2010

Foto Roberto Monaldo / LaPresse17-03-2011 RomaInterniTrasmissione televisiva "Annozero"Nella foto Roberto FormigoniPhoto Roberto Monaldo / LaPresse17-03-2011 RomeTv program "Annozero"In the photo Roberto Formigoni

Foto Roberto Monaldo / LaPresse17-03-2011 RomaInterniTrasmissione televisiva "Annozero"Nella foto Roberto FormigoniPhoto Roberto Monaldo / LaPresse17-03-2011 RomeTv program "Annozero"In the photo Roberto Formigoni

Roberto Formigoni è stato condannato a 990 euro di multa e 110 mila di risarcimento per aver diffamato i radicali. L’episodio risale al 2010: i radicali avevano accusato Formigoni di aver utilizzato firme false per presentare la sua lista per le elezioni regionali del 2010 e il presidente della Lombardia aveva risposto accusando i Radicali di averle manipolate per danneggiarlo.

Il presidente della Regione Lombardia, Roberto Formigoni è stato condannato dalla giudice Carmen D’Elia a 900 euro di multa e 110 mila euro di risarcimento per aver diffamato i Radicali della lista Bonino-Pannella, nelle persone del candidato alle elezioni regionali 2010 Marco Cappato e di Lorenzo Lipparini, tacciandoli di aver partecipato a una macchinazione finalizzata a escludere il centrodestra dalle elezioni regionali 2010. Il risarcimento è così costituito: 50mila euro a Marco Pannella come rappresentante della lista, 30 mila euro a testa ai due militanti. La sentenza è la conseguenza della reazione-boomerang di Formigoni un anno fa all’emergere (su input dei Radicali) di firme false nella presentazione della sua lista alle elezioni regionali 2010.

In dichiarazioni a quattro quotidiani, il 5 marzo 2010 Formigoni non solo si difese, ma si azzardò a ribaltare le accuse, addebitando ai Radicali d’aver «potuto compiere qualsiasi atto manipolativo, compresa la sottrazione di documenti» in tribunale; in particolare avanzò il sospetto che, essendo «rimasti 12 ore da soli con in mano penne e borse» a controllare i registri, avessero «potuto manipolare le liste, correggerle, spostare i documenti come volevano», al punto che «51 certificati, a una prima verifica segnalati come presenti, dopo la visita dei Radicali non c’ erano più».

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(Foto: Roberto Monaldo / LaPresse)