Quello che Merkel non vedrà ad Atene
Adriano Sofri racconta la città e i greci non previsti dal programma della visita della cancelliera, e forse dai suoi programmi in generale
Nel giorno in cui Angela Merkel sarà in visita ufficiale ad Atene (per la prima volta dall’inizio della crisi economica), Adriano Sofri racconta dalla Grecia su Repubblica quello che Merkel non vedrà: le centinaia di persone in fila alla mensa gratuita, gli “impoveriti” che sperano le temperature non si abbassino perché molti condominii hanno già annunciato che quest’inverno il riscaldamento non ci sarà, e gli immigrati in costante pericolo tra retate notturne e cortei di fascisti.
Mal amata, la signora Merkel arriva per la prima volta in una Atene presidiata. Non vedrà niente, l’Acropoli o i cani di strada e i frugatori di cassonetti. O la via Sofocleous. Magari il suo collega finlandese, Jyrki Katainen, che dice che il suo paese può far da modello anche alla Grecia, e che ha una faccia meno conosciuta, potrebbe. Ogni giorno, alle due e mezza, in via Sofocleous si aprono i cancelli di un cortile transennato. Le persone, fra 800 e 1200 al giorno, sono divise in due file: nella prima i malati e invalidi. Aspettano che Agnes e Mary e gli altri volontari finiscano di tagliare in quattro i filoni di pane, poi comincia la distribuzione. Ciascuno riceve un pacchetto di cibo cotto e il pane. Adocchiano il tozzo che toccherà a loro e lo confrontano col prossimo. Quando tutti sono sfilati, se qualcosa è avanzato, si può rimettersi in coda. Sono asiatici, africani, donne rom piene di bambini e di chiasso, donne dell’est europeo, ragazzi, clochard. Ma ci sono anche signori greci dal portamento decoroso, signore greche dal trucco curato, che vogliono nascondere il loro disagio. Di fare fotografie, qui, passa la voglia.
I greci prima erano pochi, dice Agnes, diventano sempre di più. Questa mensa è tenuta dalle chiese ortodossa e anglicana. La stessa cosa succede negli altri punti in cui i comuni o la Caritas e i refettori scolastici assistono i poveri e gli impoveriti. I poveri si muovono a loro agio, scherzano o inveiscono, ogni tanto litigano. Gli impoveriti guardano altrove, sono mortificati, al punto di dimenticarsi di ringraziare. Dai Médécins du monde, i greci bisognosi di aiuto hanno sorpassato gli stranieri. (Anche i nazisti di “Alba dorata” organizzano distribuzioni di cibo: loro chiedono la carta d’identità greca agli affamati). Un greco su quattro avrebbe un reddito mensile inferiore a 470 euro. “Ma che cosa vuole il mondo da noi?”, chiede Maria, che è architetto, e lavora in una cordiale “taverna”. “Fin dove vogliono arrivare?”, chiede Elena V. È un’insegnante, mi fa il conto. Lo stipendio è dimezzato dalle “misure”; tredicesima e quattordicesima sono abolite (erano state le voci in cui gli statali avevano avuto gli aumenti, cosa apprezzata dai commercianti); il mutuo per la casa, che prima copriva una parte dello stipendio, ora lo copre pressoché per intero. Resto: zero. Aggiungici le nuove tasse sulla casa. Non le paga. E se gliela sequestrano? Voglio vedere, dice. “Fanno sparire i soldi dalla busta, ma se sperano anche che gli diamo gli ultimi spiccioli! Il governo ci penserà due volte”. Per non dire di chi il lavoro l’ha perso. Semplicemente, non esiste più una piccola borghesia, né un ceto operaio. Le cose si trascinano solo grazie alle famiglie e ai risparmi, che però finiscono. Il governo ha deciso gli ennesimi tagli, altri 12 miliardi, e il primo ministro Samaras ha raccontato ai tedeschi di sentirsi come nella Germania di Weimar alla vigilia del crollo, e che a novembre le casse saranno vuote senza la nuova tranche del prestito.