È il momento di Romney?
Gli esperti dei sondaggi americani dicono che dopo il dibattito di questa settimana ha aumentato i suoi consensi, ma per Obama ci sono diverse buone notizie
Secondo Nate Silver, uno dei più noti esperti di sondaggi politici americani, dopo il dibattito di mercoledì tra i candidati alla presidenza degli Stati Uniti, il consenso di Mitt Romney ha continuato a crescere, anche se di poco: in una settimana, dal 29 settembre al 6 ottobre, sarebbe cresciuto di circa lo 0,4%. Secondo quasi tutti gli analisti il dibattito si è rivelato una netta vittoria per Romney. Il candidato repubblicano è apparso più deciso e aggressivo, mentre Obama è sembrato più sulla difensiva e non ha incalzato Romney sui suoi punti deboli, come l’utilizzo di paradisi fiscali per pagare meno tasse e i rapporti con la società finanziaria Bain Capital.
In realtà, secondo Silver, la crescita di Romney in quest’ultima settimana potrebbe essere stata sottostimata, visto che molti dei sondaggi che ha analizzato hanno condotto parte delle interviste prima del dibattito. Per comprendere davvero quanto il dibattito ha influenzato gli americani bisognerà quindi attendere la settimana prossima.
La crescita di Romney, però, va contestualizzata. Obama, nonostante abbia perso consensi nell’ultima settimana, resta comunque in testa con il 51 per cento dei consensi su scala nazionale, mentre Romney è al 47,8 per cento. Ma è un’altra statistica quella più inquietante per il candidato repubblicano: si tratta delle “probabilità di vittoria”, una statistica ottenuta mettendo insieme parecchi dati, tra cui le possibilità di vittoria nei singoli stati e il numero di grandi elettori che saranno eletti per ognuno dei due candidati.
I grandi elettori sono uno dei cardini del sistema elettorale americano e sono le persone che, in concreto, eleggono il presidente. Vengono eletti in ogni collegio in numero pari al numero di rappresentati espressi da quel collegio. Sulla scheda elettorale compaiono soltanto i nomi dei candidati alla presidenza e dei loro vicepresidenti (il cosiddetto ticket). Questi voti poi – secondo sistemi elettorali decisi dai singoli stati – vengono convogliati sui grandi elettori, scelti dai partiti che appoggiano i vari candidati. In teoria i grandi elettori si radunano dopo essere stati eletti e votano a loro volta il presidente. Ma questa è considerata ormai una formalità, perché i grandi elettori votano sempre il candidato appoggiato dal loro partito.
Quella dei grandi elettori è una statistica molto importante per elaborare le possibilità di vittoria. Secondo Silver non solo Obama è in vantaggio per numero di grandi elettori, ma il distacco con Romney non ha fatto che aumentare da maggio. Inoltre Obama può contare su 310 grandi elettori, contro i 227 di Romney. Mettendo insieme questa statistica con molte altre vengono fuori le possibilità di vittoria che al momento disegnano uno scenario dove non c’è gara: Obama ha l’80,2% di possibilità di vincere mentre Romney si ferma al 19,8%.
Oltre a questi dati, Obama ha anche qualche altro vantaggio dalla sua parte. Giovedì, il giorno dopo il dibattito, sono usciti i dati sulla disoccupazione negli Stati Uniti. Per la prima volta dal 2009 il numero di disoccupati è sceso sotto l’8% della forza lavoro. Silver dice che questi dati non hanno ancora cominciato a influire nei sondaggi, ma secondo il Finacial Times potrebbero essere la chiave per conquistare consensi in stati chiave e colpiti dalla crisi della manifattura, come l’Ohio.
Romney ha sostenuto che questi dati rappresentano soltanto il fatto che molti lavoratori americani scoraggiati hanno smesso di cercare lavoro. Il tasso di disoccupazione, infatti, mostra soltanto i senza lavoro che stanno attivamente cercando un impiego (il tasso di occupazione, invece, mostra il totale dei lavoratori sull’intera popolazione). Se Romney avesse torto e se questi dati fossero un segno di ripresa economica concreta e non un’inversione di tendenza momentanea, allora Obama potrebbe ottenere un vantaggio forse definitivo, proprio pochi giorni prima delle elezioni. I prossimi dati sulla disoccupazione usciranno il 2 novembre, 4 giorni prima delle elezioni. Se saranno positivi potranno cambiare il voto in molti stati indecisi della rusty belt, quella parte degli Stati Uniti colpita gravemente dalla crisi industriale.