Come Facebook vende i nostri dati
La società ha spiegato - con brutale semplicità - come funzionano i nuovi sistemi per la pubblicità e la raccolta delle informazioni sugli utenti
Facebook è un servizio gratuito, e come molti altri servizi gratuiti online, si finanzia principalmente grazie alla pubblicità. Ogni giorno il social network mostra centinaia di milioni di inserzioni pubblicitarie ai propri iscritti, ma anche se genera grandi numeri il sistema fatica a produrre ricavi adeguati. Per Facebook la scarsa resa della pubblicità è un problema che dura da anni e che negli ultimi tempi, specialmente da quando è quotato in borsa, spaventa gli investitori alla ricerca di qualche certezza in più sul futuro del social network e sulla sostenibilità del suo progetto.
Quelli di Facebook si sono dati molto da fare nell’ultimo periodo per studiare nuovi sistemi che rendano più redditizia la pubblicità. E su queste soluzioni si discute da settimane, con preoccupazioni più o meno fondate sui loro effetti sul lato della privacy degli iscritti. Per fare ordine, i responsabili di Facebook hanno pubblicato una nota in cui vengono spiegati con concetti semplici come funzionano i nuovi sistemi per la pubblicità. Una buona idea non solo per sapere come funzionerà d’ora in poi la pubblicità sul social network, ma anche per capire quali dei nostri dati saranno ceduti ad altre società per rendere più efficaci i loro annunci pubblicitari.
Facebook Exchange (FBX)
Si chiama così il sistema che serve per mostrare annunci pubblicitari in tempo reale. Particolari fornitori di servizi, controllati e approvati da Facebook, collaborano con il social network per farlo funzionare. A ogni utente che usa un particolare browser viene affidato un ID, un codice identificativo, che non ha nulla a che vedere con il proprio ID di Facebook. Quando un utente visita il social network con quel browser, Facebook manda una notifica al fornitore di servizi, che risponde dicendo quando mostrare una data pubblicità. Il sistema è automatico e attraverso questo passaggio intermedio si evita l’invio di informazioni personali degli iscritti. È il tipo di annunci su cui compare anche una X. Cliccandoci sopra si possono ottenere più informazioni sulla pubblicità, nasconderla o richiedere che non siano più mostrate simili inserzioni.
Tracce
Quelli che fanno pubblicità ora possono raggiungere direttamente gli iscritti a Facebook attraverso le informazioni che possiedono già sul loro conto. Un negozio online di magliette sul quale un utente ha fatto shopping può quindi mostrare pubblicità con nuove offerte negli annunci pubblicitari sul profilo di quell’utente. Il sistema funziona attraverso una serie di “tracce” (“hashes”) sugli indirizzi email dei propri clienti, che il negozio manda a Facebook, che ha poi il compito di smistarle per raggiungere i singoli iscritti che hanno già comprato su quel sito.
Le tracce in questione sono porzioni di testo che possono essere ricondotte a una sola serie di dati, come un indirizzo email. Perché il sistema funzioni, Facebook e il negozio di magliette (nel nostro esempio) devono usare la stessa soluzione per creare queste tracce. Confrontando quelle fornite dal negozio con quelle di Facebook, il social network può ricostruire a quale suo iscritto fanno riferimento. Una volta usate per mostrare la pubblicità, le tracce vengono cancellate.
Facebook nel mondo reale
Delle nuove cose introdotte dal social network per migliorare la sua pubblicità, questa è forse la più inquietante. Facebook ha stretto un accordo con una società che si chiama Datalogix: insieme aiuteranno quelli che mettono le pubblicità sul social network a capire se i loro annunci aumentino materialmente le vendite nei loro negozi. Datalogix raccoglie le informazioni dai negozi sui prodotti acquistati dai clienti, attraverso le carte di credito e altri dati, e confronta poi ciò che ha raccolto con Facebook per capire quali clienti che hanno materialmente effettuato l’acquisto sono anche iscritti al social network.
Anche in questo caso, spiegano i responsabili di Facebook, la privacy dei singoli utenti viene tutelata perché si usa un sistema come quello delle tracce, che non permette di risalire ai singoli iscritti. Datalogix e Facebook lavorano, inoltre, su una quantità di dati aggregati e non sulle informazioni dei singoli utenti. L’idea è cogliere un andamento sulle vendite di un certo prodotto nei negozi e metterlo in relazione con gli annunci pubblicitari dello stesso mostrati in precedenza su Facebook.
Gratuito?
Come accade a ogni giro di innovazioni proposte da Facebook, anche in questo caso le novità non sono piaciute a numerose associazioni a tutela della privacy degli utenti. Il social network assicura di aver sviluppato le nuove idee tenendo sempre in primo piano la riservatezza dei suoi iscritti, ricorrendo anche a società di consulenza esterne per avere pareri sulla fattibilità e l’efficacia delle nuove soluzioni. La motivazione di fondo è sempre la stessa, spiegano quelli di Facebook: creare un sistema che sia redditizio e che permetta al social network di essere sempre gratuito. I detrattori sostengono che in realtà Facebook non è gratuito, perché gli utenti lo utilizzano pagando – più o meno consapevolmente – con pezzi della loro privacy.