La Catalogna vuole l’indipendenza?
Il governo locale ha annunciato un referendum sull'indipendenza, ma molti pensano che sia solo un modo per contrattare maggiore autonomia finanziaria
La crisi economica che ha colpito la Spagna ha gettato benzina sul fuoco del separatismo regionale. Molte comunità autonome, che ora si trovano costrette a chiedere l’aiuto del governo centrale, danno la colpa del dissesto ai trasferimenti della loro ricchezza alle regioni più povere. In prima linea in questa battaglia c’è la Catalogna, la regione più indebitata di Spagna, che ha annunciato questa settimana un referendum sull’indipendenza.
A tre settimane dalla marcia indipendentista che ha attraversato Barcellona l’11 settembre – la più grande che si sia mai vista in Spagna, secondo i giornali spagnoli – Barcellona è ancora tappezzata di bandiere catalane, appese a quasi ogni balcone, come scrive Associated Press.
Il governo spagnolo ha subito fatto sapere che il referendum sarebbe anticostituzionale, dato che nella costituzione del 1978 non è prevista alcuna procedura affinché una parte della Spagna si possa rendere indipendente. Questo non ha fermato Arturo Mas, governatore della Catalogna, che ha riunito il parlamento locale e giovedì notte ha fatto approvare una risoluzione, non vincolante, con la quale il governo promette, dopo le elezioni fissate per il 25 novembre, di promuovere un referendum sull’autodeterminazione della Catalogna.
Mas è però un personaggio piuttosto improbabile per difendere la causa dell’indipendentismo. È esponente della Convergència i Unió (CiU), un partito moderato che da sempre rappresenta gli interessi della borghesia commerciale catalana, storicamente ambigua sul tema dell’indipendenza. Mas è stato eletto al suo terzo tentativo nel 2010, promettendo innanzitutto un maggior rigore nel controllo dei conti.
Il rigore non è servito davanti al peggioramento della situazione economica della Spagna e della Catalogna in particolare: qualche settimana fa, Mas è stato costretto a chiedere l’aiuto del governo centrale per pagare un disavanzo nel bilancio del governo autonomo di 5 miliardi di euro. La Catalogna versa al governo centrale di Madrid il 9% del suo prodotto interno lordo: in tutto, circa 18 miliardi di euro. Secondo i politici catalani, quei soldi, o almeno una parte, devono restare in Catalogna.
La Catalogna ha un’economia grande quanto quella del Portogallo ed è la più popolosa e industrializzata delle regioni spagnole. Fino a qualche anno fa era anche la più ricca, ma la crisi immobiliare e una diminuzione dei flussi turistici l’hanno fatta retrocedere nelle classifiche del benessere. A sopravanzarla sono stati sopratutto i Paesi Baschi, l’unica delle regioni spagnole che gode di un autonomia persino maggiore di quella catalana.
Nelle scorse settimana Mas aveva avuto diversi colloqui con il premier spagnolo Mariano Rajoy, per cercare di convincerlo a concedere alla Catalogna una maggior autonomia, soprattutto finanziaria, sul modello di quella dei Paesi Baschi. Ma a quanto pare Rajoy è stato inflessibile, e così Mas ha deciso di portare avanti la battaglia del referendum sull’indipendenza, quasi una sorta di rappresaglia nei confronti del governo centrale di Madrid.
L’indipendenza però, sembra un obiettivo piuttosto improbabile per diverse ragioni. Le prime sono quelle di ordine costituzionale: c’è un sostanziale accordo di politici e costituzionalisti sul fatto che questo referendum non avrebbe nessun valore legale. Ci sono dubbi sul fatto che la Catalogna possa sopravvivere da sola: per il momento si trova seduta su una montagna di debito e ha bisogno del governo centrale per finanziare le proprie spese correnti.
In molti poi hanno forti dubbi sulla volontà dei catalani di rendersi davvero indipendenti e ritengono probabile che, qualora dovesse essere davvero organizzato il referendum, se anche non ci fosse una vittoria dei “no”, quella dei si sarebbe troppo risicata per avere un peso politico. Diversi commentatori ritengono infatti che più che una minaccia reale, il referendum sia una specie di moneta di scambio, per spingere il governo di Madrid a concedere una maggiore autonomia finanziaria alla Catalogna. Un obbiettivo che però potrebbe essere ottenuto solo se ci fosse un trionfo degli indipendentisti nel voto referendario.