Gianrico Carofiglio e la differenza tra critica e insulto
Lo scrittore spiega a Repubblica perché ha fatto causa a un editor che lo aveva definito "scribacchino" e "mestierante", e dice che gli bastano delle scuse
Dopo aver fatto causa in sede civile all’editor di Ponte alle Grazie Vincenzo Ostuni, che l’aveva definito sulla sua pagina Facebook “scribacchino” e “mestierante”, lo scrittore e senatore del PD Gianrico Carofiglio ha spiegato in un’intervista a Repubblica di oggi la sua contestata decisione. La storia è legata al premio Strega 2012 assegnato ad Alessandro Piperno, al quale Carofiglio si è posizionato terzo alle spalle di Emanuele Trevi, il cui libro è stato pubblicato proprio da Ponte alle Grazie. Un gruppo di ormai 200 scrittori e intellettuali ha reagito all’iniziativa legale di Carofiglio difendendo Ostuni e soprattutto il diritto di critica firmando un documento e organizzando una manifestazione a Roma. Carofiglio difende la scelta di fare causa a Ostuni, invita a distinguere critiche e insulti ma dice che se dovesse ricevere delle scuse riterrebbe chiusa la questione.
Dopo giorni di silenzio, Gianrico Carofiglio ha deciso di intervenire. E di spiegare la sua versione. Dà l’idea di non essere preoccupato. Intorno a lui però monta la protesta. Due giorni fa a Roma si è tenuto un flash mob in difesa di Vincenzo Ostuni, l’editor di Ponte alle Grazie che ha giudicato Il silenzio dell’onda opera di uno “scribacchino” e di un “mestierante”. Il giorno prima una lunga lista di scrittori, intellettuali e gente comune ha firmato un documento denunciando l’“intento intimidatorio” della richiesta di risarcimento danni (siamo ora a circa 200 firme, tra le ultime adesioni ci sono Tariq Alì e Chomsky). In ballo, in questo caso iniziato dopo la finale dello Strega, non ci sono solo 50 mila euro, ma il sottile discrimine tra libertà di critica e offesa personale.
Iniziamo dal principio. Che cosa l’ha offesa? Perché non accetta le critiche?
«Una premessa di metodo. Una cosa sono i giudizi motivati sulle opere e un’altra le offese personali. I primi sono sempre ammissibili, ci mancherebbe. Le seconde mai. Si può dire “il tuo libro fa schifo”, anche se non è elegante. Non si può dire: “tu
mi fai schifo”».
Continua a leggere l’intervista di Repubblica
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