8 cose sul Lazio dopo Polverini
Come si è arrivati alle dimissioni del presidente della Regione, la crisi del PdL e il ruolo del PD nella gestione dei fondi, che cosa succede adesso
Ieri sera, poco prima delle edizioni principali dei telegiornali, Renata Polverini ha tenuto una conferenza stampa in cui ha infine annunciato le proprie dimissioni da presidente della regione Lazio. L’annuncio è arrivato dopo una settimana di incertezze sul destino del suo incarico e della sua maggioranza, coinvolta nella vicenda dell’uso improprio e poco trasparente, per lo meno, dei finanziamenti al gruppo consiliare del Popolo della Libertà. Solo venerdì scorso Polverini aveva annunciato in Consiglio di voler proseguire in seguito all’approvazione da parte dello stesso Consiglio di una nuova serie di tagli, presentati come la soluzione per riportare trasparenza e dignità alle istituzioni del Lazio. L’ex presidente aveva concluso il proprio intervento dicendo ai consiglieri che “se ve la sentite di andare avanti, io me la sento”.
Le dimissioni dei consiglieri
Nonostante gli annunci di Polverini sulla risoluzione della crisi, negli ultimi giorni le cose in Regione per l’ex presidente sono peggiorate. Tra domenica e lunedì mattina, tutti i consiglieri dell’opposizione hanno annunciato le loro dimissioni, 29 in tutto. Le dimissioni di altri 7 consiglieri avrebbero determinato lo scioglimento automatico del Consiglio regionale. Alle dimissioni dell’opposizione si è aggiunto l’unico consigliere di Futuro e Libertà per l’Italia e, nel pomeriggio, Pier Ferdinando Casini ha comunicato a Polverini che anche i suoi sei consiglieri si sarebbero dimessi, facendo di conseguenza scattare la fine automatica del Consiglio come previsto dallo statuto della Regione. Nonostante gli inviti a ripensarci da parte di diversi esponenti del Popolo della Libertà, Silvio Berlusconi compreso, Polverini si è resa conto di non avere più i numeri e ha annunciato una conferenza stampa.
«Li mando a casa io»
Con un discorso durato quasi 40 minuti presso la Residenza Ripetta, un hotel di Roma, Polverini ha annunciato le proprie dimissioni, prima che fossero formalizzate quelle dei consiglieri che avevano annunciato di abbandonare il loro incarico. In questo modo, ha spiegato l’ex presidente della Regione, «li mando a casa io». Polverini ha detto di avere «interrotto il cammino di un Consiglio non più degno di rappresentare il Lazio» e di sentirsi «finalmente libera da una gabbia». Stando alla sua versione dei fatti, avrebbe scelto le dimissioni anche per impedire altre manovre politiche in Consiglio: «Codardi come sono hanno approvato una riforma sperando poi di fare un inciucio, qualcuno forse pensava di poter passare da una banda di malfattori all’altra». Ha definito Fiorito e Battistoni come «personaggi da operetta». «Abbiamo assistito a un dibattito ridicolo tra uno che pensava di girare col SUV [Fiorito, ndr] e un altro che voleva regolare le sue partite politiche [Battistoni, ndr]. Spero che queste persone vengano assicurate alla giustizia e che abbiano la giusta pena per i reati commessi».
Lo scontro con i giornalisti
Alla Residenza Ripetta ci sono stati anche alcuni momenti di tensione tra un paio di giornalisti e alcune persone dello staff di Renata Polverini. L’ex assessore al Bilancio, Stefano Cetica, ha insultato un cronista del Corriere della Sera, mentre il capo di gabinetto ha avuto uno scontro con il giornalista di una radio e alcuni fotografi. Francesco Storace, che in questi giorni è stato molto vicino a Polverini, è intervenuto per calmare gli animi.
Il caso Fiorito in breve
Il caso era emerso durante l’estate in seguito alle accuse rivolte da un esponente del PdL laziale, Francesco Battistoni, nei confronti dell’allora capogruppo consiliare Franco Fiorito del medesimo partito. Battistoni divenne nuovo capogruppo, mentre si apprese che sulle operazioni gestite da Fiorito erano in corso accertamenti da parte della magistratura. Fiorito, che quando era capogruppo si occupava di gestire i fondi destinati dalla Regione al suo gruppo consiliare, è accusato di peculato per la sospetta distrazione di un milione di euro. I magistrati sono anche al lavoro per ricostruire i passaggi di denaro di circa 8 milioni di euro, sempre legati ai fondi regionali.
Fiorito dice di considerarsi una vittima e ha spiegato di essere stato sottoposto per mesi alle richieste esasperanti di denaro per spese strane, o per lo meno con giustificativi poco trasparenti, da parte di otto consiglieri del suo gruppo. I magistrati ipotizzano, però, che Fiorito nel corso del tempo avesse comunque preso circa un milione di euro per sé e che si fosse dato da fare per occultare altre cifre di denaro, trasferite in parte anche su conti esteri. Fiorito si difende dicendo di aver anche denunciato la gestione fuori controllo dei fondi con una lettera inviata a metà luglio, poco prima di essere sostituito da Battistoni come capogruppo. La lettera fu inviata ai principali esponenti della Regione e per conoscenza anche a Polverini, che fino a ora ha sempre sostenuto di non aver mai saputo niente di come fosse gestito il denaro dai gruppi consiliari.
Secondo Polverini e altri esponenti della maggioranza, dietro al caso Fiorito è evidente uno scontro di potere tra consiglieri regionali e le vecchie anime del PdL, cioè Forza Italia e Alleanza Nazionale. La scorsa settimana Polverini impose le dimissioni di Battistoni come condizione minima per rimanere al proprio posto. Battistoni si dimise da capogruppo consiliare, non da consigliere, dopo le pressioni ricevute dal PdL, che voleva evitare a tutti i costi le dimissioni del presidente di Regione.
Polverini sapeva?
Sul Corriere della Sera di oggi, Fiorenza Sarzanini torna a occuparsi delle due delibere (“determinazioni”) che fecero moltiplicare i fondi concessi dalla regione Lazio ai partiti. Il 24 febbraio 2011 venne stabilito che per il “funzionamento dei gruppi siano necessari 5 milioni e 400mila euro”, il provvedimento conseguente per elargire i fondi arrivò il mese seguente. Nove mesi dopo si decise che la somma stanziata era insufficiente e a fine dicembre venne attivata l’erogazione di altro denaro, 2,7 milioni di euro in tutto da aggiungere a quelli già messi a disposizione a inizio 2011. Le delibere furono approvate all’unanimità, spiega Sarzanini, e quindi anche dai consiglieri dell’opposizione. Gli aumenti ottennero “sempre il via libera della giunta della regione Lazio. E dunque Renata Polverini non poteva non sapere, come invece ha sostenuto in questi giorni”.
E adesso?
Le dimissioni di Renata Polverini porteranno la Regione ad avere elezioni anticipate. Nei giorni scorsi il ministro dell’Interno, Anna Maria Cancellieri, e il presidente del Consiglio, Mario Monti, avevano fatto intendere che il governo avrebbe osservato le normali procedure previste dalle leggi e dallo statuto regionale, indicendo nuove elezioni. Dal momento in cui le dimissioni di Polverini saranno esecutive scatterà il limite dei 135 giorni: 90 per indire le elezioni e 45 per consentire ai candidati di fare campagna elettorale. Le regionali potrebbero quindi svolgersi verso la metà di febbraio. A primavera, però, si voterà per le politiche e per le comunali, e non è quindi escluso che le regionali vengano accorpate alle altre consultazioni per un cosiddetto “election day”. Questa soluzione consentirebbe da un lato di risparmiare denaro, ma dall’altro prolungherebbe ancora il controllo della maggioranza di centrodestra, che rimarrebbe in carica per la gestione ordinaria della Regione per diversi mesi.
La crisi del Popolo della Libertà
I dirigenti del partito temono forti ripercussioni a livello nazionale per quanto accaduto nel Lazio. Nei giorni scorsi diversi esponenti, a partire dal segretario Angelino Alfano, avevano consigliato a Polverini di non fare passi indietro per evitare di perdere la Regione. Alfano ha contestualmente annunciato di voler fare pulizia all’interno del partito e sarebbero iniziate le prime verifiche interne sulle altre regioni gestite dal centrodestra, alla ricerca di possibili nuovi casi Fiorito da prevenire. La vicenda ha anche riaperto l’annoso problema della difficile convivenza tra parte degli ex esponenti di Alleanza Nazionale e quelli che un tempo erano di Forza Italia. Si parla di possibili liste separate alle prossime elezioni, di un partito federato e di un azzeramento dei vertici del PdL, richiesto dagli amministratori locali che seguono Alessandro Cattaneo, il sindaco di Pavia da tempo critico nei confronti della dirigenza del partito. La crisi è profonda e non è ancora chiaro che cosa voglia fare il partito, e il suo stesso fondatore Silvio Berlusconi, per superarla in vista delle prossime elezioni politiche.
Il ruolo del Partito Democratico
Come dimostrano le carte pubblicate dal Corriere della Sera, l’aumento dei fondi regionali concesso ai gruppi consiliari era stato votato all’unanimità, dunque anche dai consiglieri che si trovavano all’opposizione. La vicenda sta portando a qualche imbarazzo, come spiegano sul Messaggero mostrando le cifre spese dai gruppi consiliari: «Il Partito Democratico ha ricevuto 2.017.946 di euro, spendendo qualcosa di più (2.051.563). […] Per quanto riguarda “diffusione attività del gruppo e manifesti”, 738.863 euro sono stati spesi dal Partito Democratico». Il PD non ha comunque le spese stratosferiche del PdL ad alcune voci come quella per “riunioni, convegni e incontri” per i quali il gruppo consiliare del centrodestra ha speso 685mila euro in un anno. Il segretario del Partito Democratico, Pier Luigi Bersani, ieri ha spiegato che le dimissioni di Polverini sono state “innescate” dal PD con la decisione dei suoi consiglieri di dimettersi. In molti hanno osservato che in realtà la vicenda Polverini è stata innescata da ben altro, a partire dall’inchiesta sul caso Fiorito e dallo scontro di potere interno al PdL regionale.