Un giorno allo Yom Kippur
Le foto e la spiegazione dei molti riti preparatori della ricorrenza ebraica più importante, tra preghiere e galli roteanti
di francesco marinelli
Lo Yom Kippur (che in lingua ebraica vuol dire “giorno dell’espiazione”) è la ricorrenza religiosa ebraica che celebra il giorno dell’espiazione con il digiuno, la preghiera e alcune pratiche tradizionali. Si tratta di uno di quei giorni cosiddetti “terribili” (in ebraico Yamim Noraim) o di “timore reverenziale”. Nel calendario ebraico lo Yom Kippur inizia al tramonto del decimo giorno del mese ebraico di Tishrì, che corrisponde al periodo tra settembre e ottobre del nostro calendario, e continua fino a quando non appaiono le prime stelle della notte successiva. La sua durata può quindi variare dalle 25 alle 26 ore. Quest’anno lo Yom Kippur cade il 25 settembre, domani, ma ci sono delle pratiche che vengono fatte nei giorni precedenti.
Per gli ebrei lo Yom Kippur è il giorno destinato a espiare i peccati commessi nel corso dell’anno, sia nei confronti di Dio, sia nei confronti degli uomini. Il giorno in cui cade non è casuale: il giorno del pentimento (il dieci di Tishrì) si rifà al giorno in cui Mosè scese dal monte Sinai con le Tavole della Legge, il giorno in cui venne accettato il pentimento del popolo ebraico. Sono esclusi dall’osservanza dei precetti i maschi fino ai 13 anni e le donne fino a 12 anni, anche se viene comunque insegnato loro, anche prima di quell’età, a pentirsi della mancanza di rispetto nei confronti dei genitori. Un’altra particolarità di questa ricorrenza è che lo Yom Kippur rappresenta l’unico giorno dell’anno in cui il Satàn (l’angelo del male) non può far del male al popolo ebraico.
La vigilia dello Yom Kippur (kapparòt) prevede che al mattino presto si faccia roteare per tre volte un gallo sopra la propria testa, per gli uomini, e una gallina per le donne, mentre si pronuncia una determinata preghiera. Poi il gallo viene abbattuto e donato ai poveri affinché lo mangino durante l’ultimo pasto prima dell’inizio del digiuno. Altri, invece del gallo, fanno roteare sul capo dei soldi. Questa pratica ha il significato di far riflettere sul fatto che la sorte subita dall’animale spetterebbe a lui in realtà, a causa dei suoi peccati.
Poi bisogna immergersi nel mikvè, una piscina particolare, per rendersi spiritualmente adeguati alla solennità della ricorrenza. Altro gesto simbolico è quello di chiedere a un amico un pezzo di dolce al miele, per scongiurare, simbolicamente, la povertà. Durante la vigilia si organizza anche un pasto festivo, per manifestare la propria fede nella grazia divina: il pasto deve essere abbondante, mentre quello che precede immediatamente il digiuno è più leggero. È prevista poi una benedizione dei genitori verso i figli, accompagnata da una benedizione da parte di un sacerdote.
Prima del tramonto vengono accese le candele e i fedeli devono togliersi le scarpe in pelle o in cuoio. È proibito lavarsi e spalmarsi creme. Molti si vestono di bianco per essere paragonati ad angeli immacolati: il colore bianco rappresenta la purezza. Bisogna evitare di portare gioielli d’oro perché questo metallo ricorda il peccato del vitello d’oro, nel giorno del giudizio. Il vitello d’oro fu costruito per soddisfare gli ebrei durante l’assenza di Mosè. È vietata “l’intimità coniugale”.
Tutto questo rituale precede il momento d’inizio dello Yom Kippur, che va avanti con una serie di preghiere e letture di testi religiosi. La preghiera conclusiva si chiama Neillà. Una volta conclusa si suona lo Shofàr, un corno di montone. La liturgia prevede infine la lettura di un altro testo sacro e la recitazione della Havadalà, la preghiera ebraica che si recita al termine dello Shabbat, la festa del riposo che viene osservata ogni settimana, il sabato. Dopodiché si può interrompere il digiuno.
Foto: Uriel Sinai/Getty Images