Emma Bonino su Lazio, soldi e Polverini
Perse con il 48% nel 2010: ora chiede che si cambino leggi e regole, invece di dimissioni, nuove elezioni e ricominciare daccapo
Su Repubblica Concita De Gregorio intervista la senatrice Emma Bonino, che alle ultime elezioni regionali del Lazio fu la candidata del centrosinistra al posto di governatore e fu sconfitta da Renata Polverini (51,1% contro 48,3%) e oggi commenta la crisi alla regione seguita all’inchiesta sugli abusi dei fondi pubblici ai gruppi consiliari.
La distribuzione di pani e pesci fra tutti i gruppi consiliari del Lazio, Pd compreso, la chiama “grande spartizione inevitabile”. Su ‘inevitabilè sorride ruvida. “Beh, sì. Alla luce della “grande spartizione inevitabile” si capisce qualcosa di più sulla sorte della mia candidatura alla Regione Lazio”. Emma Bonino, vicepresidente del Senato, sta partendo per New York: è attesa stasera a chiudere la sessione di lavoro con le leader del Benin e del Burkina Faso sulla lotta alle mutilazioni genitali femminili. Mi scusi, ma dovremmo parlare invece dei toga party con teste di suino a Roma Nord… “Prego, non si imbarazzi. Non è mica colpa sua. E’ l’Italia, la conosco”. E dunque vorremmo ricordare la sua campagna elettorale nel 2010, quando perse per pochi voti contro Renata Polverini…
“Quella campagna elettorale fu davvero particolare, per così dire”.
Diceva che l’intervista ad Esterino Montino, capogruppo Pd in Regione, ne illumina la storia a posteriori.
“Illumina è un verbo nobile. Fu una campagna elettorale opaca, invece. Ho letto Montino con attenzione. Non dubito che con quei soldi il Pd non abbia fatto festini, magari avrà fatto concerti di musica classica. Tuttavia, vede, non è una questione – come dire – di eleganza. Il nodo è che i soldi quando arrivano al gruppo vengono utilizzati come fossero di proprietà privata. Sono destinati alle esigenze dei consiglieri, ma non a quelle della comunità. Poi se queste esigenze sono di farsi una biblioteca, pubblicare opuscoli o di ingaggiare escort questo dipende dai gusti che, per definizione, sono personali. Dire ‘non potevamo darli indietrò è penoso. Potevano. Anzi: dovevano”.
E in che modo questa “spartizione inevitabile” dice qualcosa della sua sconfitta?
“Avevo concentrato la campagna sulla trasparenza. Chiedevo anagrafe pubblica degli eletti e dei nominati nelle aziende che fanno capo alla Regione. Molti compagni anche del Pd mi dicevano vacci piano con la trasparenza. Spaventi. Non capivo: spavento chi? Dal meccanismo di spartizione unanime ora si capisce meglio che spaventavo tutti: i beneficiati e i beneficiandi. A tutte le latitudini politiche”.
Dice: anche a sinistra?
“Senta, parliamoci chiaro. La mia fu un’autocandidatura, ricorda? Il Pd non aveva candidato nessuno. Polverini in quel momento era la candidata di Fini, e una parte della sinistra corteggiava Fini perché si decidesse a mollare Berlusconi. Renata piaceva molto a questa sinistra dei calcoli, era molto gradita ai salotti degli strateghi, del resto la sua popolarità è nata a Ballarò. Giganteggiava la sua candidatura solitaria, il Pd non faceva nomi da opporle. Strano, no? Così, il 3 di gennaio, mi sono candidata da sola”.
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