Universal potrà acquistare EMI
Le autorità europee e statunitensi hanno dato il permesso: acquisirà tutti i diritti dei Beatles, ma sarà costretta a rinunciare, tra gli altri, a David Bowie, Queen e Pink Floyd
di Elia Alovisi
Al termine di un’indagine iniziata nei primi mesi del 2012, la Commissione Europea e la U.S. Federal Trade Commission hanno entrambe dato il via all’acquisto del celebre gruppo discografico EMI da parte di Universal, la major più grande al mondo per quote di mercato. La società americana pagherà 1,9 miliardi di dollari per l’acquisizione di EMI, ma l’acquisto dovrà sottostare a determinate condizioni.
Per evitare la nascita di un’unica società che avrebbe controllato circa il 40 per cento dell’intera industria musicale, gli organi di controllo hanno decretato che Universal dovrà cedere entro 6 mesi a livello mondiale diverse sotto-etichette della EMI tra cui Parlophone, Mute, Chrysalis, EMI Classics e Virgin Classics. Più in concreto, la nuova major perderà i diritti sulla musica di David Bowie, Queen, Pink Floyd, Coldplay, Blur e Gorillaz, The Chemical Brothers, Depeche Mode, Nick Cave, David Guetta, Beastie Boys, Kylie Minogue, Sigur Rós e molti altri. Universal acquisirà però, tra i tanti, l’intero catalogo dei Beatles, che è di Parlophone ma è stato esplicitamente esentato dall’accordo.
La Commissione Europea ha dichiarato di aver concentrato buona parte delle proprie ricerche sulla futura gestione della vendita di musica digitale, da parte di Universal, a società come Apple e Spotify. L’acquisto incondizionato di EMI avrebbe infatti permesso alla major americana di imporre prezzi più alti e concessioni di licenze più onerose. Le conseguenze sarebbero state una diminuzione delle possibilità di espansione e innovazione da parte di nuove figure del mercato, una riduzione della scelta dei consumatori nel campo della musica digitale e una generale riduzione di diversità culturale nell’Area Economica Europea.
La Federal Trade Commission statunitense, oltre a confermare il giudizio europeo sul versante digitale, ha giustificato il suo via libera alla transazione citando la diversità dei cataloghi delle due major – più “storico” quello della EMI, più contemporaneo quello della Universal – e dichiarando che la competizione tra le due nell’area delle vendite è “relativamente insignificante”.
Il “merger” tra le due multinazionali aveva scatenato dubbi e proteste. IMPALA, acronimo rappresentativo di numerose etichette indipendenti europee tra cui Rough Trade, XL, Matador, 4AD ed Epitaph aveva pubblicato in novembre un comunicato in cui condannava la vendita. Ne ha pubblicato un secondo ieri, in cui ribadisce le proprie preoccupazioni riguardo alla decisione ma loda l’inserimento di condizioni che “congeleranno l’abilità di Universal di continuare ad espandersi”.