Un altro venerdì di proteste
In diversi paesi islamici sono state proclamate manifestazioni anti-americane, in Pakistan ci sono almeno quindici morti
Aggiornamento delle 16.30
I morti in Pakistan sono almeno quindici nelle manifestazioni in corso a Peshawar e Karachi, e una cinquantina sono stati feriti negli scontri a fuoco contro la polizia che ha sparato addosso alla folla, formata da circa 15mila persone. In Iraq, le persone che stanno manifestando sono circa tremila: i manifestanti, vicini al gruppo sciita iraniano, hanno bruciato bandiere israeliane e americane. A Colombo, la capitale dello Sri Lanka, circa duemila manifestanti hanno protestato contro gli Stati Uniti e hanno bruciato poster del presidente Barack Obama. A Dhaka, in Bangladesh, oltre duemila persone hanno sfilato per le strade della capitale ed è stato dato fuoco a una bara improvvisata, con una foto di Obama, avvolta con una bandiera americana. Ed è stata bruciata anche una bandiera francese.
Aggiornamento delle 12.30
Un cameramen della televisione pubblica pakistana è stato ucciso durante gli scontri tra i manifestanti e la polizia a Peshawar, nord-est del Pakistan. Si tratta della terza persona morta nel paese dall’inizio delle proteste. E più di quindici persone sono state ferite. I manifestanti hanno dato fuoco a due cinema e ad alcune auto. Da questa mattina in alcune città del paese sono stati chiusi negozi, mercati, stazioni e strade per evitare la diffusione delle proteste. Il governo pakistano ha bloccato l’accesso a Youtube.
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Dopo quasi due settimane di proteste e scontri nei paesi del nord Africa e in Medio Oriente, le forze di sicurezza di diversi paesi musulmani temono che nella giornata di oggi possano verificarsi nuove manifestazioni anche violente e nuovi assalti alle ambasciate occidentali.
Il Pakistan è uno dei paesi in cui le proteste contro un film “satirico” su Maometto sono state più violente: anche ieri i gruppi fondamentalisti hanno cercato di prendere d’assalto l’ambasciata americana. La polizia ha dovuto usare i gas lacrimogeni per proteggere l’edificio e ci sono stati circa cinquanta feriti. Il governo pakistano ha proclamato per oggi una “giornata speciale d’amore per il profeta”, Maometto. Oltre alle proteste causate dal film satirico, molti manifestanti se la sono presa con le vignette su Maometto pubblicate dal settimanale satirico francese Charlie Hebdo. A causa degli scontri sono morte in due settimane, nei vari paesi islamici, circa trenta persone. A Islamabad la zona che ospita le ambasciate è stata recintata e chiusa ai manifestanti.
Altri gruppi religiosi hanno fatto sapere che ci saranno delle manifestazioni anche in Libia, a Bengasi, dove l’11 settembre scorso è stato ucciso l’ambasciatore americano in Libia Christopher Stevens insieme con altri tre funzionari della missione diplomatica statunitense. Altre manifestazioni sono in programma per oggi a Kuala Lumpur, la capitale della Malesia, sia davanti all’ambasciata americana, sia davanti all’ambasciata francese, e al Cairo, in Egitto, dove le proteste sono andate avanti per tutta la settimana. Mohammed Morsi, presidente egiziano ed esponente dei Fratelli Musulmani, ha sempre chiesto che le manifestazioni fossero pacifiche.
La Casa Bianca, per criticare pubblicamente le offese verso l’Islam, ha acquistato uno spazio pubblicitario su Pakistani TV di 70mila dollari, in cui il presidente Obama e il segretario di Stato Hillary Clinton hanno condannato il film e sottolineato il rispetto degli Stati Uniti per la religione islamica. I partiti politici e le organizzazioni religiose pakistane hanno annunciato che le manifestazioni di oggi sono in programma dopo la preghiera del venerdì. Il governo ha assicurato che cercherà di fare il possibile perché le manifestazioni siano pacifiche e che non verrà permesso agli estremisti di far prevalere la rabbia, ha detto Hina Rabbani Khar, il ministro degli Esteri del Pakistan. Inoltre, il governo ha bloccato l’uso dei cellulari in almeno quindici città, per evitare che i militanti usino i telefoni per far esplodere delle bombe.
Il governo francese ha deciso due giorni fa di chiudere le proprie ambasciate e altri uffici diplomatici in circa venti paesi musulmani, per la paura che le vignette di Charlie Hebdo possano provocare la rabbia dei manifestanti contro i propri edifici diplomatici. E soprattutto in Tunisia c’è il rischio di rivolte anti francesi: per la giornata di oggi, il governo tunisino ha vietato ogni tipo di manifestazione. La Germania ha deciso invece di chiudere la propria ambasciata a Khartoum, in Somalia.
Foto: Quetta, Pakistan (BANARAS KHAN/AFP/GettyImages)