La tangentopoli di San Marino
Una contestata commissione parlamentare ha fatto i nomi di politici e impiegati pubblici coinvolti in scandali di mafia, tangenti e voto di scambio
di Davide Maria De Luca
Ieri nella Repubblica di San Marino è scoppiato uno scandalo che ha colpito con accuse di tangenti, voti di scambio o relazioni con la criminalità organizzata i vertici della classe politica e molti funzionari pubblici. I giornalisti hanno già cominciato a chiamarlo la “tangentopoli di San Marino”. Le accuse arrivano dalla commissione antimafia del Consiglio grande e generale (il parlamento di San Marino), che ieri mattina ha presentato le conclusioni delle sue indagini, durate un anno.
Nella relazione i testimoni sentiti dalla commissione hanno accusato diversi impiegati pubblici di aver intascato tangenti – da 500 a 1.200 euro – per non effettuare controlli sulla sicurezza nei cantieri edili. Alcuni politici sono stati accusati di aver scambiato voti con permessi di costruire e altri favori e di aver avuto relazioni con la criminalità organizzata. Tra gli altri, sono stati tirati in ballo anche i due politici più importanti della Repubblica negli ultimi vent’anni: Fiorenzo Stolfi e Gabriele Gatti, leader rispettivamente del Partito Socialista e della Democrazia Cristiana, i due partiti che hanno governato San Marino dal dopoguerra fino a oggi.
In particolare la commissione, nelle conclusioni della sua relazione, ha definito Stolfi il referente politico dell’inviato della camorra che a San Marino si occupava di gestire il riciclaggio del denaro sporco, Francesco Vallefuoco (ci torneremo più avanti). Quando nel 2008 si capì che Stolfi avrebbe perso le elezioni, secondo la commissione, Vallefuoco si mosse verso altri referenti e strinse un rapporto confidenziale con il democristiano Gatti.
Sia Gatti che Stolfi hanno respinto ogni accusa, appoggiati dai loro partiti. Gatti ha definito la relazione della commissione “un mostro di falsità giuridica”, ha sostenuto di non aver mai incontrato Francesco Vallefuoco e ha annunciato che denuncerà i membri della commissione e i testimoni che lo hanno, secondo lui, calunniato. Anche Stolfi ha negato di aver mai conosciuto Vallefuoco e ha dichiarato che la commissione ha piegato il diritto al proprio interesse politico. Tra i testimoni interrogati dalla commissione non c’erano né Stolfi né Gatti e i due politici hanno accusato la commissione di faziosità per non aver voluto ascoltare la loro versione dei fatti.
Sui rapporti tra mafia e politica a San Marino è da quasi un anno aperto un fascicolo presso il tribunale della Repubblica, ma al momento non sono stati resi pubblici i risultati dell’indagine. La lettura della relazione è stata ascoltata via radio da molti cittadini di San Marino e durante il dibattito che è seguito una settantina di questi si sono radunati per qualche ora protestando davanti al Palazzo Pubblico, la sede del parlamento di San Marino. Il parlamento, cioè il Consiglio grande e generale, sarà rinnovato tra due mesi, quando saranno chiamati a votare i 30 mila abitanti della Repubblica.
San Marino si trova a pochi chilometri da Rimini e ha una superficie di 60 chilometri quadrati. Fu fondata nel tredicesimo secolo ed è sempre rimasta indipendente, persino durante gli anni del fascismo. Nel dopoguerra San Marino è diventato uno dei paesi più ricchi d’Europa grazie a quello che veniva chiamato “il sistema dei tre capisaldi”: segreto bancario, anonimato societario e differenziale fiscale. In altre parole, a San Marino le tasse erano più basse che in Italia, chi depositava i soldi in banca e chi amministrava una società era protetto dal segreto. Questo rese San Marino un paradiso fiscale per gli evasori. Nel 2008, l’anno record, il sistema bancario di San Marino accumulò 14 miliardi di euro (cioè mezzo milione per ogni cittadino, compresi i neonati).
Con la crisi economica questa situazione è cambiata. Sia l’Italia che la comunità internazionale hanno costretto San Marino ad abbandonare sia il segreto bancario che l’anonimato societario. A questo si aggiunsero gli effetti dello scudo fiscale voluto da Tremonti nel 2009: una legge per la quale chiunque avesse esportato capitali all’estero illegalmente, poteva riportarli in Italia pagando una piccola penale.
Tra il 2008 e il 2009 questi cambiamenti fecero sparire da San Marino metà di tutta la raccolta bancaria, causando una gravissima recessione. Negli ultimi quattro anni San Marino ha perso il 20 per cento del suo PIL, oltre 300 milioni di euro. Per comprendere quanto le banche e i loro depositi fossero essenziali per l’economia di San Marino basta pensare che nel 2008 nel territorio della Repubblica esistevano 12 banche e più di ottanta società finanziarie. Oggi queste società si sono ridotte a una quarantina.
Diminuiti considerevolmente i depositi degli italiani, il sistema rischiava di crollare e molte banche e altre società, per sopravvivere, cominciarono ad accettare, in misura sempre maggiore, il denaro della criminalità organizzata, campana in particolare (Sergio Rizzo ha scritto che circa tre miliardi sui sette che sono presenti nel sistema bancario sanmarinese hanno un’origine “inconfessabile”). Questa penetrazione camorristica è stata ampiamente provata da diverse inchieste della magistratura italiana.
L’indagine della commissione antimafia del Consiglio grande e generale è partita proprio da una di queste inchieste, quella chiamata “Staffa”. Si tratta di un’indagine della Direzione investigativa antimafia di Napoli, diventata pubblica nel settembre 2011 e che ha avuto molta risonanza a San Marino. Secondo i magistrati italiani Livio Baciocchi, notaio e più grande immobiliarista di San Marino, tramite la sua finanziaria, la Fincapital, aveva per anni riciclato il denaro sporco di alcuni boss della Camorra.
A fare da anello di congiunzione tra i camorristi in Campania e il notaio sarebbe stato un altro campano, quel Francesco Vallefuoco a cui abbiamo accennato prima. Nelle intercettazioni dell’inchiesta, Vallefuoco parlava di politici sanmarinesi che non dovevano “inceppare il meccanismo” e il suo socio in affari, un sanmarinese di nome Roberto Zavoli, quando venne arrestato dichiarò che o veniva salvato, oppure avrebbe fatto i nomi di tutti i politici che avevano aiutato lui e Vallefuoco.
In seguito all’inchiesta e a queste dichiarazioni, il parlamento di San Marino decise di aprire una commissione per indagare sui rapporti tra mafia e politica. Secondo i testimoni che hanno parlato alla commissione, il primo referente politico di Vallefuoco sarebbe stato il socialista Fiorenzo Stolfi, ma quando divenne chiaro che questi avrebbe perso le elezioni del 2008, Vallefuoco si sarebbe spostato sul democristiano Gatti. Alcuni dei testimoni che hanno parlato alla commissione hanno accusato Gatti di aver incontrato più volte Vallefuoco a cena. Vallefuoco, sempre secondo i testimoni, raccontava ai conoscenti, che lui e Gatti erano così amici da andare a fare footing insieme sulla spiaggia di Rimini.
– Una piccola repubblica per un grande crac, aprile 2010