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  • Mercoledì 19 settembre 2012

«Guardatevi allo specchio»

Thomas Friedman ricorda ai manifestanti anti-americani che l'intolleranza e le offese verso le religioni sono molto diffuse anche nel mondo islamico

Pakistani demonstrators beat a burning effigy of US President Barack Obama during a protest against an anti-Islam movie in Karachi on September 19, 2012. The Pakistan government has declared Friday a national holiday in honour of the Muslim prophet Mohammed and called for peaceful protests against a US-made film deemed insulting to Islam. AFP PHOTO / RIZWAN TABASSUM (Photo credit should read RIZWAN TABASSUM/AFP/GettyImages)

Pakistani demonstrators beat a burning effigy of US President Barack Obama during a protest against an anti-Islam movie in Karachi on September 19, 2012. The Pakistan government has declared Friday a national holiday in honour of the Muslim prophet Mohammed and called for peaceful protests against a US-made film deemed insulting to Islam. AFP PHOTO / RIZWAN TABASSUM (Photo credit should read RIZWAN TABASSUM/AFP/GettyImages)

Ieri il New York Times ha pubblicato un editoriale di Thomas Friedman in cui il celebre giornalista americano commenta le reazioni che nei paesi arabi ha suscitato il trailer del film “satirico” su Maometto, girato da un regista californiano. L’articolo si rivolge a chi protesta sostenendo che la stessa mancanza di rispetto lamentata nei confronti dell’Islam e di Maometto arriva quotidianamente dai paesi a maggioranza islamica verso gli Stati Uniti, l’Occidente, l’Ebraismo, il Cristianesimo.

Oltre a essere un editorialista liberal, di sinistra, Friedman è un esperto di affari esteri e vincitore, per tre volte, del premio Pulitzer per i suoi reportage sul Medio Oriente e sul terrorismo. Più volte ha scritto sulla modernizzazione del mondo arabo e non si può considerare un “falco”, né un razzista. Proprio per questo suo interesse e per questa sua vicinanza verso quel mondo, Friedman spiega le contraddizioni e le ipocrisie che ci sono dietro a queste proteste.

Il ragionamento di Friedman prende spunto da un dialogo tra David D. Kirkpatrick, il capo dei corrispondenti del New York Times del Cairo, e Khaled Ali, uno dei manifestanti egiziani che lunedì scorso stava protestando di fronte all’ambasciata americana. Ali ha spiegato le ragioni di quelle proteste e perché gli Stati Uniti e il presidente Barack Obama siano responsabili per quel film, nonostante le scuse e le prese di distanza della Casa Bianca. Nel mondo musulmano, quello che lui sintetizza con un «noi», nessuno «ha mai insultato un profeta» delle altre religioni, «né Mosè, né Gesù, e quindi pretendiamo che anche Maometto sia rispettato», ha detto Ali. E mentre veniva intervistato teneva in mano un cartello con scritto: “Shut Up America”. Inoltre, Ali sosteneva che Obama si sarebbe dovuto scusare in quanto presidente degli Stati Uniti.

Questo è soltanto uno dei commenti che si sono letti in giro o che si sono ascoltati nei mezzi di comunicazione in Medio oriente, scrive Friedman. Ci sono stati insulti, a partire dalla provocazione di quel film, che hanno creato una catena di altri insulti, diretta ai cristiani, agli ebrei, a tutte le religioni al di fuori dell’Islam. Un insulto continuo e generalizzato. Su quanto successo fino a oggi, scrive Fiedman, “le cose da dire sono due”: un insulto, anche se stupido e insensibile come quello del film, non giustifica né dà diritto, a prendere d’assalto le ambasciate e uccidere i diplomatici. E secondo, prima di pretendere le scuse dal presidente degli Stati Uniti, tutti i manifestanti dei paesi arabi che stanno protestando, dovrebbero “guardarsi allo specchio” o, semplicemente, accendere le loro televisioni e ascoltare “i loro”, di insulti.

Friedman scrive che ci sono televisioni locali, emittenti satellitari e siti internet che non fanno altro che “pompare” la rabbia con una serie di insulti verso sciiti, ebrei, cristiani e praticamente tutti quelli che non sono sunniti o musulmani fondamentalisti. Tanto che in alcuni paesi e per alcuni gruppi “odiare l’altro” è diventata la principale fonte per costruire la propria identità. Per mostrare degli esempi su questo odio quotidiano e diffuso nei confronti delle altre religioni al di fuori dell’Islam, Friedman ha chiesto all’Istituto di ricerca sui media in Medio oriente (MEMRI) di Washington di rendere pubblici dei video, apparsi nei paesi musulmani negli ultimi anni e fino a qualche mese fa, di discorsi e proclami fatti da autorità religiose e politiche. Proprio per mostrare come l’insulto e la mancanza di rispetto sia diffusa (più, meno, altrettanto diffusa) anche nei paesi in cui in questi giorni ci sono proteste e assalti verso le ambasciate per fare giustizia contro chi ha offeso la religione musulmana e il suo profeta.

SUI CRISTIANI. Hasan Rahimpur Azghadi, membro del Consiglio supremo iraniano per la rivoluzione culturale ha detto: il cristianesimo è «un cadavere puzzolente su cui bisogna versare continuamente acqua di colonia e profumo per tenerlo pulito». 20 luglio 2007.

Lo sceicco Al-Khatib al-Baghdadi: «È lecito versare il sangue dei cristiani iracheni» e che la guerra santa contro di loro è un dovere. 14 aprile 2011.

Abd al-Aziz Fawzan al-Fawzan, professore saudita della legge islamica, ha incitato a un “odio positivo” verso i cristiani.

SUGLI SCIITI. L’autorità religiosa egiziana Mazen al-Sirsawi ha detto: «Se Allah non avesse creato gli sciiti come umani sarebbero stati degli asini». 7 agosto 2011.

Il gruppo terroristico pakistano Lashkar-e-Jhangvi ha diffuso una serie di messaggi, usando i social network e internet, per incitare all’odio contro gli sciiti. 21 marzo 2012.

SUGLI EBREI. In un articolo pubblicato su internet dai Fratelli Musulmani si incita e si elogia la guerra contro gli Stati Uniti e contro gli ebrei, «discendenti delle scimmie e dei maiali». 7 settembre 2012.

Il religioso pakistano Muhammad Raza Saqib Mustafai ha detto che «quando gli ebrei saranno spazzati via il mondo sarà purificato». 1 agosto 2012.

Foto: RIZWAN TABASSUM/AFP/GettyImages