Che cos’è Italia Futura
Quali uomini e idee sono dentro l'associazione di Luca di Montezemolo che a novembre forse diventa partito, o forse no, o forse forse
di Francesco Costa – @francescocosta
Ospite la settimana scorsa di Ballarò, Irene Tinagli – docente universitaria, saggista e collaboratrice della Stampa – ha detto che «dalla convention di novembre uscirà fuori un nuovo soggetto che parteciperà alla vita politica del Paese». La convention a cui faceva riferimento Irene Tinagli, e probabilmente anche il “nuovo soggetto”, ruotano attorno a Italia Futura, associazione di cui Tinagli fa parte e che ha come presidente e fondatore Luca Cordero di Montezemolo, imprenditore, presidente della Ferrari, già a capo di Confindustria e della FIAT. La frase di Irene Tinagli a Ballarò conferma e dà una piccola svolta a uno scenario di cui si parla ormai da diversi anni ma che era finora rimasto sempre in bilico tra l’imminente e l’inconsistente: la trasformazione di Italia Futura in un movimento o partito politico con l’intenzione di concorrere alle elezioni, e l’eventuale candidatura di Montezemolo persino alla presidenza del Consiglio.
Italia Futura è stata fondata nel 2009, presentata ufficialmente durante un’iniziativa pubblica a Roma da Luca Cordero di Montezemolo. Quel giorno, il 7 ottobre, l’associazione presentò un rapporto sulla mobilità sociale curato proprio da Irene Tinagli e descrisse i propri progetti per il futuro: realizzare e diffondere campagne tematiche, una ogni tre mesi circa, ognuna sui grandi problemi del paese, da presentare in diverse città italiane. Ogni campagna sarebbe stata accompagnata da una serie di proposte concrete. Sempre quel giorno, Montezemolo passò del tempo a difendersi dalle «accuse di complotto» di chi sosteneva che Italia Futura fosse banalmente un mezzo per il suo impegno in politica, garantendo invece che l’associazione non aveva «nulla a che fare né con un partito né con un movimento politico» e che «a nessuno, e tanto meno al paese, serve l’ennesimo partito».
Dopo Montezemolo, la principale figura all’interno di Italia Futura è Andrea Romano, 45 anni, docente universitario, storico, editorialista (per il Sole 24 Ore), già a capo della Fondazione Gramsci: un intellettuale di sinistra con posizioni da tempo molto critiche rispetto alle vecchie leadership della sinistra. Romano è il direttore politico dell’associazione e ne è considerato il coordinatore e lo stratega. Italia Futura ha poi un comitato direttivo che comprende, tra gli altri, il costituzionalista Michele Ainis (collaboratore fisso del Corriere della Sera), l’imprenditore Carlo Calenda, il senatore Nicola Rossi (economista, eletto dal PD ma passato al gruppo misto), Marco Simoni, docente universitario e politologo, collaboratore del Sole 24 Ore e blogger del Post, oltre alla stessa Irene Tinagli. Anche Andrea Romano ha un blog sul Post.
Fino ad oggi Italia Futura è stato quello che nel mondo anglosassone si definisce “think tank”: letteralmente un “pensatoio”, concretamente una cosa a metà tra un’associazione culturale e un centro studi, con lo scopo – si legge sul sito – di “promuovere il dibattito civile e politico sul futuro del Paese”. Questo obiettivo è stato accompagnato dalla fondazione di una serie di sedi regionali e da un’analisi estesa sulle condizioni e sulle necessità dell’Italia.
Negli anni Italia Futura ha presentato altri rapporti sul modello del primo di Irene Tinagli, tutti curati da esperti in materia. Uno sulla scuola curato da Adolfo Scotto di Luzio, uno sulla sanità curato da Walter Ricciardi, uno sull’occupazione giovanile curato da Marco Simoni, Irene Tinagli e Stefano Micelli, uno sulla “crescita digitale” curato da Marco Simoni e Sergio De Ferra in collaborazione con Google. Italia Futura ha poi organizzato lo scorso giugno un evento pubblico sull’industria culturale italiana. Questi documenti rappresentano il primo luogo da cui partire per farsi un’idea delle posizioni e dell’orientamento politico di Italia Futura. L’altro, di più facile accessibilità, è rappresentato dagli articoli e dagli editoriali pubblicati periodicamente sul sito Internet o inviati ai giornali.
Uno dei più densi e significativi è quello intitolato “Cantiere Italia 2013” e pubblicato lo scorso marzo. Si legge che “l’abbassamento della pressione fiscale sulle imprese è l’obiettivo prioritario su cui indirizzare le risorse disponibili”, che il welfare non deve avere come obiettivo “il mantenimento di una rete di protezione passiva” e quindi “intervenire sulla mobilità in uscita è necessario per ricostruire quel contesto di certezze senza il quale nessun progetto di investimento e di crescita è possibile”. Il testo propone poi: “radicale ridimensionamento del perimetro di azione dello Stato”, dismissioni del patrimonio pubblico, concentramento delle risorse su “giustizia, welfare, difesa, sicurezza, istruzione, cultura, infrastrutture” e “vincolo di destinazione delle risorse reperite dalla lotta all’evasione per diminuire automaticamente il peso del fisco”.
Lo stesso articolo definisce questa impostazione “liberale”, e d’altra parte questa è l’impostazione personale dei promotori e dei dirigenti del gruppo: per farsi un’idea più concreta, negli Stati Uniti un approccio del genere sarebbe appartenente all’area centrista del Partito Democratico, nel Regno Unito starebbe attorno ai blairiani del Labour, in Francia starebbe da qualche parte a destra del Partito Socialista ma a sinistra dell’UMP, in Italia non avrebbe facili rapporti con il Partito Democratico degli ultimi anni con la sua inclinazione socialdemocratica (mentre invece troverebbe maggiori sintonie con Matteo Renzi).
Questa inclinazione politica, insieme alle presunte aspirazioni politiche di Montezemolo e una certa pettegola pigrizia del giornalismo politico italiano, ha creato le condizioni per cui, negli anni, venissero scritti decine di retroscena politici secondo cui Italia Futura si sarebbe trasformata da un momento all’altro in un partito politico. Montezemolo ha ammesso la possibilità di questo scenario lo scorso maggio in una lettera al Corriere della Sera, dicendo però di non avere “mai pensato che un mio eventuale ingresso in politica possa fare alcuna significativa differenza per il Paese” che la situazione italiana ha bisogno di “una nuova classe dirigente e forse di una nuova generazione (visto il disastro combinato dalla nostra), non di questo o di quel presunto superuomo”. Lo scorso marzo Repubblica riportò queste parole di Montezemolo: «Non mi candido». I sondaggi di opinione continuano però ad attribuire a Montezemolo un discreto gradimento popolare, specie se paragonato a quello dei principali leader politici italiani.
Parte dell’incertezza riguardo l’eventuale impegno politico diretto di Italia Futura o dello stesso Montezemolo ha a che fare anche con gli eventuali compagni di strada, diciamo. Le abitudini giornalistiche di cui sopra, infatti, nel tempo hanno associato Montezemolo a praticamente ogni scenario politico possibile. Si è parlato di possibili alleanze con il PdL, con il Terzo Polo, con il PD, e ognuna di queste volte Montezemolo o Romano hanno inviato smentite, richieste di rettifica, comunicati stampa per dissociarsi. Con ciascuno di questi soggetti, infatti, in modi e con toni diversi, i rapporti di Italia Futura non sono buoni.
I rapporti di Montezemolo con Berlusconi sono logori da quando il primo era presidente di Confindustria e il secondo presidente del Consiglio: e più volte, specie negli ultimi anni, Italia Futura ha espresso forti critiche e scetticismo rispetto alle capacità del governo Berlusconi di fare cose buone per il paese.
Con il PD in teoria le cose dovrebbero essere più facili e complici: sia Andrea Romano che Marco Simoni, Irene Tinagli e Nicola Rossi, tra gli altri, hanno alle spalle anni di militanza, incarichi anche rilevanti e rapporti consolidati nei partiti della sinistra italiana. In pratica, però, ciascuno di loro a un certo punto ha interrotto quel legame in modo brusco o polemico: Tinagli si dimise dalla direzione del PD dopo essere stata nominata da Veltroni, Simoni è stato il principale ideatore della candidatura “anti-sistema” di Ivan Scalfarotto nel 2005, Romano ha scritto un libro sull’inamovibilità del gruppo dirigente della sinistra italiana, Nicola Rossi ha lasciato il PD un anno e mezzo fa. La situazione è ulteriormente complicata dalla svolta socialdemocratica che il PD ha intrapreso negli ultimi due anni, più volte criticata da Italia Futura e da Romano, Rossi, Tinagli e Simoni.
Resta quindi il Terzo Polo e soprattutto l’UdC di Casini, col quale sembra esserci stato qualche interesse in più relativamente a un’unione di forze e risorse in vista delle elezioni. Forse anche per questo, dopo la recente convention dell’UdC a Chianciano, in assenza di qualsiasi convincente svolta rinnovatrice – nei temi o nelle persone – da parte di Casini, Italia Futura ha pubblicato online un testo molto duro, accusando l’UdC di fare “buona pesca” nella società civile “subalterna alla politica” ma di schierare “in prima fila” persone come “Cirino Pomicino, De Mita, Buttiglione, La Malfa, Pisanu e financo Renata Polverini (addirittura portata ad esempio da Casini come avversaria degli sprechi e dei privilegi!)”, e di rappresentare un “fritto misto” che “rischia di essere una pietanza indigesta per gli elettori e per il paese”.
L’unico soggetto esterno col quale fino a questo momento Italia Futura ha avviato una collaborazione concreta si chiama “Fermare il declino” e ruota attorno a un manifesto liberista diffuso lo scorso luglio e promosso dal giornalista economico Oscar Giannino, da Michele Boldrin, Andrea Moro e Sandro Brusco, docenti universitari e autori del popolare blog Noisefromamerika, da Luigi Zingales, editorialista del Sole 24 Ore e docente di economia a Chicago, da Carlo Stagnaro, direttore del dipartimento studi e ricerche dell’Istituto Bruno Leoni, da Alessandro de Nicola, professore di business law all’università Bocconi e collaboratore di Repubblica. Italia Futura e Fermare il declino hanno indetto una convention per novembre – quella di cui ha parlato Irene Tinagli a Ballarò – “per definire le modalità di costituzione di un fronte per la crescita riformatore, popolare e liberale” e “per cambiare le politiche e la classe dirigente del paese”.
È capitato altre volte in passato che “discese in campo” di Italia Futura e Montezemolo date per imminenti venissero poi smentite o ritrattate, l’ultima volta con una convention che era stata annunciata per lo scorso 14 luglio e poi non si è mai tenuta. Ed è indubbio che l’incertezza della fase politica italiana – non si sa ancora con quale legge elettorale si voterà, quali saranno le coalizioni, quali i candidati, eccetera – non favorisce progetti e azioni che non contengano una certa parte d’improvvisazione. Ma a tre anni dalla sua fondazione, per Italia Futura è arrivato forse il momento di decidere cosa fare da grande.
– Luca Sofri: Futura Italia (una proposta per Montezemolo)