Tutte le storie del caso Fiorito
SUV e vacanze pagate con i soldi pubblici, guerricciole nel PdL, minacce e regione Lazio a rischio crisi: promemoria di quello che l'Italia è stata in questi anni (ed è tuttora)
Aggiornamento delle 22.00
Renata Polverini ha ottenuto il consenso del consiglio a un piano di tagli calcolato “di 20 milioni” e le minacce di dimissioni sono rientrate: resta aperta la questione delle dimissioni di Battistoni, e soprattutto non si capisce come dei tagli siano la soluzione per gli abusi sui fondi esistenti. Si abuserà un po’ meno?
Aggiornamento delle 17:15
Il presidente della Regione Lazio, Renata Polverini, ha tenuto un lungo discorso durante il Consiglio regionale di oggi sul caso Fiorito. Polverini ha parlato di una “catastrofe politica”, dicendo di aver vissuto la vicenda con “sconcerto e disgusto”. Come era stato anticipato nelle ultime ore, il presidente ha elencato una serie di punti da seguire per cambiare “oggi stesso” altrimenti “si va a casa”. Ha chiesto di azzerare la Giunta regionale, di applicare nuovi tagli ai costi della politica, al numero di assessori e di rinunciare ai fondi per i gruppi consiliari, quelli da cui Fiorito avrebbe attinto per spese difficilmente giustificabili come attività politica. Se le nuove misure non saranno adottate, ha spiegato Polverini, ci saranno le dimissioni del presidente della Regione.
Durante il suo discorso, e facendo riferimento ai suoi recenti problemi di salute, Polverini ha ricordato che: «I tumori che stanno qua dentro, come nella mia gola, vanno estirpati. O usciamo di qui convinti che abbiamo voltato pagina, o usciamo convinti che siamo ex della Regione Lazio». Polverini ha anche detto che «Siamo come la Costa Concordia: ci siamo sfracellati». Francesco Battistoni, che ha testimoniato in procura sulla gestione sospetta dei conti del gruppo consiliare PdL e che è al centro dello scontro di potere interno allo stesso, non dovrebbe dimettersi oggi come richiesto da Polverini, ma forse nei prossimi giorni lasciando spazio ad Antonio Cicchetti, ex di Alleanza Nazionale come Fiorito e che al momento è consigliere senza incarichi specifici.
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Negli ultimi giorni sono emersi nuovi dettagli e informazioni sulla deprecabile vicenda resa nota dalle inchieste della magistratura sui passaggi di denaro, ritenuti illeciti, all’interno della Regione Lazio e che interessano principalmente l’ex capogruppo dell’assemblea regionale, Franco Fiorito (detto “Er Batman”, come le cronache riferiscono frequentemente) appartenente al Popolo della Libertà. È accusato di peculato sulla base di alcune operazioni bancarie effettuate sui conti correnti di banche spagnole. Le indagini sono cominciate in seguito a una segnalazione della Banca d’Italia, avvisata di una serie di movimenti sospetti sui conti correnti intestati al PdL in Consiglio regionale, con prelievi e bonifici da decine di migliaia di euro. Dagli accertamenti fino a ora condotti sembra che manchino circa due milioni di euro, che almeno in parte sarebbero transitati attraverso i conti di Fiorito.
Su Repubblica, Maria Elena Vincenzi e Carlo Bonini hanno ricostruito i movimenti dell’ex capogruppo del PdL.
[Fiorito] Succhia nei due conti che dovrebbero alimentare le spese del gruppo regionale Pdl, di cui lui è tesoriere e dunque “padrone”. Vengono entrambi accesi nella filiale Unicredit 30656 della Pisana (la sede della Regione) nell’estate del 2010, subito dopo le elezioni, e portano i numeri 72130 e 72093. Il primo è destinato a saldare i mandati di pagamento necessari al funzionamento del gruppo. Il secondo, ai rimborsi delle spese sostenute dai 17 consiglieri Pdl “per garantire il rapporto tra elettore ed eletto”. Ebbene, tra il giugno del 2010 e il luglio del 2011, i due conti vengono svuotati per complessivi 7 milioni e mezzo di euro. Cinque milioni 976 mila escono dal 72093, 1 milione e 817 mila dal 72130.
Nelle operazioni in uscita (migliaia, e circa 300 solo negli ultimi due mesi) si intrecciano rimborsi legittimi per le spese sostenute per l’attività politica e rimborsi meno chiari, a quanto pare per interessi personali. Sempre secondo la ricostruzione fornita da Repubblica, Fiorito aprì dodici conti correnti: sette in Italia e cinque in banche spagnole. Un tredicesimo conto sarebbe stato aperto in Francia, ma ci sono ancora verifiche in corso.
Sui dodici (o tredici) conti Fiorito trasferì 735 mila euro attraverso 108 diversi bonifici con causali spesso poco chiare o generiche come “Fondi per il rapporto tra elettore ed eletto”. Il denaro, dicono i magistrati, proveniva dal contro Unicredit 72130, quello destinato al gruppo consiliare PdL. Circa 439mila euro rimasero sui conti in Italia, 314mila presero la strada della Spagna.
Spiegano ancora Vincenzi e Bonini:
[Fiorito] Stacca assegni per 864 mila euro di cui non rendiconta i beneficiari. Firma 417 deleghe di pagamento per il saldo di “contributi dei collaboratori” (quali, non è dato sapere). Salda piccole spese con Pagobancomat per 32 mila euro. E ne preleva 235 mila. Mentre la carta appoggiata sul conto, intestata al gruppo, ma nelle sue personali mani, viene ricaricata per 188 mila euro: 90 mila l’anno, 7 mila al mese. Fino ai rid per pagamenti ricorrenti a scadenza fissa per 47 mila euro e ai 13 mila per spese generiche.
Fiorito ha ammesso di essersi comprato un SUV da 88 mila euro anche se aveva diritto all’auto blu perché “ne aveva un tremendo bisogno”. Acquistò anche una Smart da 16mila euro che si rivelò “troppo piccola per me, non riesco ad entrarci: così l’ho lasciata a disposizione dei colleghi”. Ha anche confermato di essere andato in due diversi villaggi vacanze della Costa Smeralda, in Sardegna, pagati con il denaro del PdL: “La campagna elettorale mi aveva lasciato spossato e depresso. Avevo bisogno di una vacanzona”. Fiorito ha anche parlato di altre spese per il partito, e che coinvolgono altri esponenti del PdL in regione, che devono essere ancora verificate. Un elemento centrale nelle accuse – e che legittima anche il senso dell’espressione “soldi pubblici”, stavolta – è che i conti correnti sono intestati al gruppo consiliare del PdL, che è un’istituzione dell’amministrazione pubblica, e non al partito.
Alcuni documenti dell’inchiesta sembrano raccontare di spese compiute con i soldi del PdL da altri suoi responsabili laziali. I quotidiani hanno riferito per esempio di Veronica Cappellaro, presidente della commissione cultura alla regione Lazio, che avrebbe addebitato al partito 1080 euro per un servizio fotografico. Lo stesso Fiorito ha alluso a casi di questo genere, coinvolgendo tra gli altri Arianna Meloni (sorella dell’ex ministro Giorgia Meloni): “lavora nel gruppo Pdl della Regione Lazio, ma in ufficio non la vediamo da 5 mesi. È sempre in servizio esterno, però lo stipendio di 2.300 euro lo prende”. Giorgia Meloni ha detto che Fiorito “andrebbe cacciato a calci nei denti” e ha scritto ai giornali una lunga lettera in difesa di sua sorella. Il segretario del PdL Alfano ha dichiarato che “Fiorito è fuori dal partito”.
La vicenda sta avendo ripercussioni anche all’interno della maggioranza di centrodestra che sostiene il presidente di regione, Renata Polverini. Nella giornata di ieri, Polverini avrebbe fatto molte pressioni per ottenere le dimissioni dell’attuale capogruppo del PdL, Francesco Battistoni, che ha testimoniato in procura sulla gestione sospetta dei conti del gruppo e che è al centro dello scontro di potere interno allo stesso: ma Polverini sostiene che le accuse emerse impongano le dimissioni dello stesso Battistoni – su cui sono circolate a sua volta contestazioni di spese illegittime, da lui rifiutate – e vuole mostrarsi lontana dallo scandalo. Polverini potrebbe minacciare ufficialmente le proprie dimissioni nel corso della riunione del Consiglio regionale prevista per oggi pomeriggio alle 16, durante la quale – secondo le valutazioni più recenti – il PdL non è intenzionato ad accogliere le sue richieste.