Lo scandalo del carbone in India
Già lo chiamano coalgate, ed è divenuto il simbolo della corruzione indiana: 58 società avrebbero ottenuto illegalmente concessioni minerarie per un valore totale di più di 34 miliardi di dollari
Battezzato col poco fantasioso nome di “coalgate“, un grande scandalo politico-economico è da giorni al centro del dibattito pubblico e dell’attenzione dei media in India. La Ispan, una società specializzata nell’estrazione del carbone, è sotto esame di una commissione governativa e potrebbe perdere due miniere di carbone che ha ottenuto in concessione dal governo indiano. Secondo la commissione la Ispan non ha sfruttato la concessione seguendo la tabella di marcia ed è in ritardo con i lavori. Ma il proprietario dell’azienda, Manoj Jayawasal, è anche accusato di aver corrotto sia il governo che l’opposizione, di aver ottenuto le concessioni in maniera fraudolenta e di aver assunto funzionari governativi nelle sue aziende in cambio dei loro favori.
Oltre al lavoro della commissione, che si occuperà di ritirare o meno i permessi, del caso si sta occupando un tribunale che invece porterà avanti l’accusa di corruzione e associazione a delinquere. Ma Jayawasal non è il solo imprenditore ad essere stato coinvolto: sono 58 le compagnie che rischiano di vedersi ritirate le concessioni minerarie, che tutte insieme valgono 34 miliardi di dollari. Il coalgate ha reso palese una verità che tutti sapevano, come scrive il New York Times: in India opera uno “sfacciato capitalismo clientelare che ha permesso ai politici e ai loro amici di ottenere enormi profitti sfruttando le risorse del paese spesso in cambio di nulla”.
Manoj Jayawasal è l’uomo più noto e visibile di questa storia. Originario di Nagpur, una città nel sud dell’India, Jayawasal è diventato ricco e famoso negli ultimi sei anni, per lo stupore di chi lo conosceva: Jayawasal riusciva ad arricchirsi in fretta anche se molti dei suoi progetti sembravano arenarsi. Negli ultimi tempi si è fatto conoscere anche presso il grande pubblico. Poco tempo fa ha portato a sue spese 350 ospiti, tra cui molti politici, in un’isola della Thailandia per partecipare al matrimonio di sua figlia che è anche andato in onda sul programma “My big fat indian wedding”.
Tra i suoi amici più vicini, Jayawasal ha sia uomini del governo che uomini del principale partito di opposizione, il BJP. Alcuni di loro erano nelle commissioni che assegnavano le concessioni minerarie per il carbone e dopo che quelle concessioni sono state vinte da Jayawasal sono andati a lavorare nel suo gruppo. Secondo gli investigatori ci sarebbe stato un patto tra di loro, una vera e propria associazione a delinquere.
La frequentazione con i politici, secondo gli investigatori, è il maggiore fattore del successo di tutti gli imprenditori indiani. Ma avere buone relazioni con i politici, sostengono molti imprenditori, è il solo modo con cui in India si possono fare affari. Sopratutto per chi lavora nei settori dell’energia e delle risorse naturali che, anche grazie a un sistema di assegnazione degli appalti che consente a burocrati e funzionari di scegliere il vincitore a loro discrezione, restano nelle mani della politica.
E non è un caso se, tra tutti i settori dell’economia indiana dominati dalla corruzione il primo a essere colpito con forza è stato proprio quello del carbone: nel campo dell’energia il governo indiano ha subito proprio negli ultimi mesi i più umilianti fallimenti. Per il 2012 il governo indiano aveva annunciato che sarebbe stata portata energia elettrica a tutti gli indiani, ma a 3 mesi dalla fine dell’anno 300 milioni di persone vivono ancora senza elettricità. A luglio ha fatto il giro del mondo la notizia di un blackout che ha lasciato senza energia elettrica quasi 600 milioni di indiani per due giorni.
Il fallimento nel creare una politica energetica efficace ha avuto grossi riflessi sull’economia indiana. La bilancia commerciale del paese è in perdita soprattutto a causa dell’energia che il paese deve importare per soddisfare il suo fabbisogno. E questo anche a causa del coalgate, perché quegli imprenditori che vincono le concessioni in maniera spesso fraudolenta, raramente si sono impegnati proficuamente nello sfruttamento minerario. Spesso hanno rivenduto le concessioni ottenute per pochi soldi, oppure, come Jayawasal, le hanno tenute come asset, come valori nel loro portafoglio, per poi usarle come garanzia per altri investimenti più lucrosi.
Anche i tempi dell’esplosione di questo scandalo non sono probabilmente casuali. La corruzione endemica è, in India, un fenomeno di lunga durata, ma fino all’anno scorso poteva essere ignorata per via della crescita e delle previsioni di crescita sempre più rosee del paese. Ma nell’ultimo anno l’economia indiana ha rallentato così bruscamente da far preoccupare molti analisti e alcuni dei problemi strutturali dell’India, come la corruzione, cominciano a sembrare ostacoli decisivi per proseguire a crescere.