Il tennis è bello perché è lento
Giovanni Cocconi scrive su Europa perché le modifiche approvate pochi giorni fa sarebbero un grande errore
Oggi, su Europa, il giornalista Giovanni Cocconi parla delle nuove regole del tennis, decise dal consiglio di amministrazione dell’associazione di categoria ATP in una riunione di pochi giorni fa e che dovrebbero entrare in vigore dal prossimo anno. Lo scopo principale è accorciare la lunghezza delle partite, attraverso una maggiore severità sulle pause troppo lunghe e l’abolizione “per prova” del let (in italiano spesso “net”) e della ribattuta. Per Cocconi, velocizzare lo sport per venire incontro alle esigenze televisive è un grave errore.
Vogliono rubare al tennis il net, ma senza il net Woody Allen non avrebbe girato il film più bello della sua terza età cinematografica. Vogliono rendere più veloce il tennis, che è come accelerare una partita di scacchi, come guardare solo al ralenti la finale dei cento metri di Londra. Senza tempi morti il tennis non è più il tennis, senza il net anche la vita non sarebbe la stessa. Il net è la sfumatura, l’incertezza, il dubbio. Il net è il grigio, l’errore rimediabile, l’imperfezione, il tempo sospeso. Vogliamo morire tutti bianchi o neri, colpevoli o innocenti?
Se la palla toccherà quella striscia bianca della rete non si ripeterà il servizio, dicono. Sono i tempi televisivi, dicono. Presto potremmo vedere anche il killer point, che cancellerebbe i “vantaggi” che rendono potenzialmente infinito un match di tennis. Ma se non fosse durata tanto non parleremmo ancora della finale di Wimbledon del 1980, del lungo tie break del quarto set, della vittoria al quinto di Borg contro il nuovo astro nascente, McEnroe, l’ultimo eroe di uno sport che stava già cambiando.
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Foto: Cameron Spencer/Getty Images