Ucciso in Libia l’ambasciatore USA
J. Christopher Stevens è morto negli scontri di questa notte insieme ad altri tre funzionari statunitensi, lo conferma la Casa Bianca
L’ambasciatore degli Stati Uniti in Libia, Chris Stevens, è morto a Bengasi in conseguenza delle violente proteste di alcuni manifestanti nella notte tra martedì e mercoledì. Le missioni diplomatiche degli Stati Uniti in Libia ed Egitto sono state attaccate in seguito alla diffusione del trailer di un film su Maometto, e dopo gli attacchi il Segretario di Stato americano, Hillary Clinton, aveva confermato la morte di un funzionario statunitense. Negli scontri a Bengasi sono morte in totale 4 persone. Per alcune ore si sono succedute notizie e ricostruzioni confuse sull’accaduto da parte dei mezzi di informazione. La conferma ufficiale della morte dell’ambasciatore è arrivata solo intorno alle 13.30 da parte del Dipartimento di Stato, che ha detto che solo due morti nell’attacco sono stati identificati: Chris Stevens e Sean Smith, un funzionario dell’apparato diplomatico statunitense.
Hillary Clinton ha detto che l’attacco è stato portato avanti da «un gruppo di persone piccolo e selvaggio» e non dalla Libia o dal suo governo, e che «finché ci sarà qualcuno pronto a prendere vite innocenti nel nome di Dio, il mondo non conoscerà una pace vera e duratura». Anche Mitt Romney ha tenuto una conferenza stampa, facendo le proprie condoglianze agli americani coinvolti negli attacchi e criticando il comunicato con cui ieri l’ambasciata del Cairo ha condannato i «continui sforzi da parte di individui fuorviati di ferire i sentimenti religiosi dei musulmani», dicendo che è stato diffuso quando l’edificio era già sotto attacco. Anche l’amministrazione Obama si è dissociata dal comunicato, Romney l’ha accusata di averlo fatto in ritardo. Barack Obama ha preso la parola per ultimo dal Giardino delle Rose della Casa Bianca, in compagnia di Hillary Clinton condannando le violenze, definendole «ingiustificate» e dicendo che sarà «fatta giustizia».
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13.49 – Quanto è accaduto, hanno spiegato alla conferenza stampa, non dovrà avere conseguenze sugli effetti delle rivoluzioni che hanno portato a un cambio di regime in Libia.
13.44 – È stata istituita una commissione per verificare le condizioni di sicurezza in Libia e per effettuare le indagini su quanto è accaduto a Bengasi. Gli autori degli attacchi saranno tutti perseguiti, hanno spiegato le autorità libiche.
13.43 – A Tripoli è iniziata la conferenza stampa del governo libico sugli attacchi al consolato di Bengasi.
13.41 – Il resto del comunicato di Obama, con un ricordo dell’ambasciatore:
Sul piano personale, Chris era un rappresentante coraggioso ed esemplare degli Stati Uniti. Nel corso della rivoluzione libica, egli ha servito senza risparmiarsi il nostro paese e il popolo libico presso la nostra missione a Bengasi. Come ambasciatore a Tripoli, ha sostenuto la transizione della Libia verso la democrazia. La sua eredità resterà in ogni luogo in cui esseri umani cercano la libertà e la giustizia. Gli sono profondamente grato per il suo servizio alla mia Amministrazione e profondamente rattristato dalla sua perdita.
I coraggiosi Americani che perdiamo rappresentano lo straordinario servizio e i sacrifici che i nostri civili compiono ogni giorno nel mondo. Mentre restiamo uniti a fianco delle loro famiglie, raddoppiamo ora i nostri sforzi per portare avanti il loro lavoro.
13.36 – Pur ribadendo che gli Stati Uniti non sostengono in alcun modo le espressioni che offendono il credo religioso, Obama ha detto che il paese si oppone “inequivocabilmente” alle forme di violenza che hanno portato alla morte del personale diplomatico in Libia.
13.34 – Nel comunicato, Obama dice di aver dato istruzioni al governo per assumere tutti i provvedimenti necessari per garantire la sicurezza del personale statunitense.
13.32 – Barack Obama ha diffuso un comunicato:
Condanno duramente l’oltraggioso attacco al nostro personale diplomatico a Bengasi, che ha causato la morte di quattro americani, compreso l’ambasciatore Chris Stevens.
13.27 – Il Dipartimento di Stato ha confermato che l’ambasciatore statunitense in Libia, J. Christopher Stevens, è morto.
13.24 – Nella storia degli Stati Uniti fino a ora erano stati uccisi cinque ambasciatori in azioni terroristiche: in Guatemala nel 1968, in Sudan nel 1973, a Cipro nel 1974, in Libano nel 1976 e in Aghanistan nel 1979.
13.17 – La sede del consolato di Bengasi in fiamme durante la notte, in seguito agli attacchi.
13.04 – La portavoce del Dipartimento di Stato americano, Victoria Nuland, ha spiegato a Fox News che per ora non è possibile confermare l’identità delle persone morte durante l’attacco al consolato di Bengasi. È comunque confermata la morte di almeno un funzionario.
12.58 – Al momento anche il presidente egiziano, Mohammed Morsi, non ha commentato i fatti delle ultime ore, specialmente riferiti a quanto accaduto ieri al Cairo, con l’altro assalto ai corpi diplomatici statunitensi.
12.49 – È trascorsa più di un’ora e mezza dalle prime notizie sulla morte dell’ambasciatore degli Stati Uniti durante l’attacco al consolato di Bengasi e non ci sono ancora notizie ufficiali da parte delle autorità statunitensi.
12.40 – Il viceministro degli Interni libico ha detto in una conferenza stampa che Stevens è morto dopo essere stato trasportato in ospedale.
12.36 – L’ambasciata statunitense in Libia si trova a Tripoli, dove risiede solitamente l’ambasciatore. Secondo quanto scrive il Wall Street Journal, Stevens si trovava a Bengasi per l’inaugurazione di un centro culturale statunitense nella città, in programma nei prossimi giorni. Probabilmente si tratta dell'”American Space” annunciato da un tweet dell’ambasciata del 10 settembre.
12.23 – Il trailer del film su Maometto che ha causato le violente proteste di ieri.
12.21 – Al Arabiya dice, citando proprie fonti, che tra i morti a Bengasi ci sono l’ambasciatore e due marines.
12.04 – Ieri, l’ambasciata statunitense al Cairo, in Egitto – che oggi rimarrà chiusa – ha pubblicato un comunicato di condanna ai «continui sforzi da parte di individui fuorviati di ferire i sentimenti religiosi dei musulmani», citando anche l’anniversario dell’11 settembre. Oltre a questo, il comunicato è stato accompagnato da una serie di tweet dall’account dell’ambasciata. Dopo che questa è stata attaccata ieri nel corso di violente manifestazioni, la dichiarazione è stata molto criticata negli Stati Uniti, chiamando in causa Obama e definendo «inetta» la sua gestione della situazione. Molti hanno fatto il paragone con la debole reazione di Jimmy Carter dopo l’attacco all’ambasciata statunitense a Teheran nel 1979. L’amministrazione Obama si è affrettata a dissociarsi dal comunicato, mentre i tweet dell’ambasciata sono stati cancellati.
12.00 – CNN, riportando le informazioni con molte cautele e sottolineando la mancanza di conferme ufficiali, dice di aver parlato con un contractor greco a Bengasi che era sul posto degli attacchi. Il contractor dice di avere riconosciuto Stevens.
11.58 – Intanto, anche i media statunitensi – come CNN e Fox News – cominciano a riportare la notizia della morte dell’ambasciatore, attribuendola alle stesse fonti che la fanno risalire a funzionari libici.
11.52 – Paul Danahar, capo della sezione Medio Oriente di BBC, ha scritto che l’ambasciatore «sembra essere morto di soffocamento nell’incendio causato dall’attacco a Bengasi», ma ha aggiunto poco dopo che l’uomo «sembra anche essere stato ferito nell’attacco con i razzi alla sua auto».
11.36 – Nella notte, l’agenzia fotografica Getty Images ha diffuso due immagini di un uomo ferito a Bengasi che somiglia molto a Stevens. Nelle didascalie si legge che le foto sono state scattate all’interno dell’ambasciata libica a Bengasi e ritraggono «un uomo non identificato gravemente ferito».
11.30 – Al momento, la pagina di Wikipedia sull’ambasciatore statunitense in Libia lo riporta erroneamente come Gene A. Cretz, che ha ricoperto quella carica dal 2008 a quest’anno, prima di Stevens. Ad aprile, però, Barack Obama ha annunciato che Cretz sarà il prossimo ambasciatore in Ghana.
11.25 – Anche BBC ha appena riportato la notizia attraverso il suo account Twitter per le notizie breaking, attribuendola a «funzionari libici».
US ambassador killed in rocket attack in #Benghazi, Libyan officials tell BBC. Details soon bbc.in/QcqxpR
— BBC Breaking News (@BBCBreaking) Settembre 12, 2012
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J. Christopher Stevens, l’ambasciatore degli Stati Uniti in Libia, è morto negli scontri di questa notte a Bengasi, dicono Reuters, Al Arabiya e Al Jazeera citando fonti libiche. Insieme a lui sarebbero morti altri tre funzionari statunitensi, tutti per soffocamento provocato dalle fiamme appiccate dai manifestanti. Nelle notte tra martedì e mercoledì, le missioni diplomatiche degli Stati Uniti in Libia ed Egitto hanno subito una serie di attacchi da parte di alcuni manifestanti e il Segretario di Stato americano, Hillary Clinton, aveva confermato la morte di un funzionario statunitense. Dal governo americano non sono arrivate ancora né conferme né smentite riguardo la morte di Stevens, che è stato nominato ambasciatore in Libia lo scorso maggio.
Non è ancora del tutto chiaro quali siano state le cause delle proteste violente contro gli Stati Uniti nei due paesi, ma si sospetta che abbiano a che fare con un film statunitense sul profeta Maometto ritenuto offensivo dai manifestanti. Nel comunicato ufficiale su quanto accaduto in Libia ed Egitto, Hillary Clinton ha spiegato che: «Alcuni hanno considerato questo comportamento feroce come una risposta ad alcuni contenuti provocatori pubblicati su Internet. Gli Stati Uniti condannano qualsiasi intenzione di denigrare i credi religiosi degli altri. Ma sia chiaro: non c’è mai alcuna giustificazione per atti violenti di questo tipo».
Un precedente comunicato dell’ambasciata degli Stati Uniti in Egitto aveva fatto molto discutere, visto che condannava “gli sforzi di persone incaute per ferire il sentimento religioso dei musulmani” mentre la sede diplomatica era sotto attacco proprio da parte di estremisti islamici. Il comunicato, che era stato scritto e diffuso poco prima degli attacchi, forse per prevenirli, è stato molto criticato negli Stati Uniti, soprattutto dai repubblicani.
foto: STR/AFP/GettyImages