Oggi si vota nei Paesi Bassi
Il centrodestra costretto alle elezioni anticipate cercherà di restare al governo, in un voto da tenere d'occhio per capire dove va l'Europa
Oggi si vota nei Paesi Bassi per le elezioni legislative. Il paese è una monarchia costituzionale fin dal 1815, anche se la famiglia reale ha un ruolo in gran parte cerimoniale: il suo compito principale è nominare il primo ministro, che solitamente è il leader del partito (o della coalizione di partiti) che ha vinto le elezioni. Per via delle condizioni di relativa stabilità economica del paese e delle posizioni dell’opinione pubblica riguardo le questioni economiche, molti osservatori considerano queste elezioni un test importante in vista delle elezioni del prossimo anno in Germania.
I partiti che secondo i sondaggi si giocheranno la vittoria sono due: il Volkspartij voor Vrijheid en Democratie (VVD), il Partito popolare per la libertà e la democrazia, di centro destra, che nelle elezioni del 2010 ritornò a essere il primo partito politico del paese ed è guidato dal premier in carica Mark Rutte, 45 anni; e il Partij van de Arbeid (PVDA), il Partito laburista olandese guidato dall’ex attivista di Greenpeace Diederik Samsom, 41 anni, che con la sua abilità nei dibattiti televisivi è riuscito a risalire dal quarto al secondo posto nelle previsioni di voto.
I due partiti sono entrambi filo europeisti, ma con delle differenze sostanziali. «Il VVD punta a un’austerità severa, con tagli drastici alla spesa pubblica per riportare il rapporto tra deficit e PIL sotto il 3 per cento», ha spiegato al Sole 24 ore il professore André Krouwel, uno dei politologi più noti del paese. «I laburisti sono meno severi e chiedono anche investimenti per rilanciare l’economia. I conservatori, almeno nel loro programma, sono contrari anche agli aiuti alla Grecia. I laburisti chiedono garanzie ma sono disponibili. Entrambi sanno però che la spesa pubblica dovrà subire dolorosi tagli».
Non pare raccogliere grandi consensi Geert Wilders, il candidato del Partij voor de Vrijheid (PVV), una formazione di estrema destra di cui si è molto parlato negli ultimi anni e che di recente ha sostituito i proclami xenofobi con l’eurofobia, tentando così di raccogliere consensi attorno alla crescente insofferenza dei benestanti paesi nordici per i cosiddetti garlic country, i paesi del sud Europa che puzzano d’aglio e sono pieni di debiti. Nemmeno Emile Roemer, il leader del Socialistische Partij (SP), il partito socialista, a cui i sondaggi di fine agosto attribuivano più di 30 seggi nella Camera bassa, il doppio delle precedenti elezioni, sembra in buona posizione. Secondo i sondaggi, però, la percentuale degli indecisi è ancora molto alta, circa il 40 per cento, e quindi le cose possono cambiare. Mentre nelle elezioni del 2010 il dibattito nazionale era dominato dall’Islam e dell’immigrazione, ora i temi che più interessano gli elettori olandesi sono quelli economici. «Le elezioni decidono quello che faremo con i nostri soldi», ha detto al New York Times Anna Kleene, 32 anni, una consulente gestionale al Amsterdam World Trade Center. «C’è la crisi e ci chiedono se vogliamo spendere i nostri soldi per la Grecia o l’Italia, ma è difficile decidere. Se noi rispettiamo le regole dell’Europa, perchè gli altri non lo fanno?».
L’ultimo sondaggio di Ipsos Synovate mostra in vantaggio VVD e PVDA, i due principali partiti che potrebbero ottenere 35 seggi ciascuno nella Camera bassa, seguiti dal partito socialista di Roemer, il PVV di Wilders, il Christen-Democratische Partij (CDP) e il Politieke Partij Democraten 66 (D66), un partito di orientamento liberale. Ciò che sembra preoccupare più di tutto molti elettori è lo status quo, l’impossibilità di rivolgersi a qualcuno che sia in grado di cambiare la situazione. Anche perché il sistema elettorale olandese, la frammentazione politica e l’equilibrio di forza tra i partiti rendono inevitabile la formazione di una coalizione tra partiti con piattaforme anche piuttosto diverse.
Gli Stati generali dei Paesi Bassi, cioè il Parlamento, sono divisi in Camera Bassa, la più importante, composta da 150 membri eletti con un sistema proporzionale e a suffragio universale diretto, e la Camera Alta, formata da 75 membri eletti nelle dodici province dei Paesi Bassi. Secondo il sistema elettorale in vigore nel paese per assegnare i 150 posti della Camera, si utilizza il metodo del quoziente puro: lo 0.67% dei voti è sufficiente ad assegnare un posto.
Le elezioni di oggi si tengono in anticipo rispetto alla fine naturale della legislatura. In seguito alla crisi di governo dell’aprile scorso, infatti, il primo ministro Mark Rutte decise di presentare le dimissioni: il Partij voor de Vrijheid (PVV), che aveva ottenuto 21 seggi nelle elezioni del 2010, negò il suo appoggio all’approvazione di una manovra da 16 miliardi di euro, ritenuta fondamentale dal partito del premier per rientrare nel limite del 3 per cento nel rapporto deficit/PIL, tetto fissato dall’Europa e fortemente voluto proprio dall’Olanda.
Diederik Samsom e Mark Rutte durante un dibattito televisivo Foto: Robin Butrecht/GettyImages