Che cosa sappiamo su Bengasi
Il punto della situazione sulle versioni, alcune anche molto diverse, sull'attacco in Libia e la morte dell'ambasciatore statunitense Christopher Stevens
Diverse ore dopo la morte dell’ambasciatore statunitense in Libia, Chris Stevens, e di altre tre persone a Bengasi, circolano ancora ricostruzioni molto discordanti sugli avvenimenti. Probabilmente bisognerà attendere settimane prima di avere una versione ufficiale dell’accaduto: nel pomeriggio di mercoledì CNN ha annunciato che anche agenti dell’FBI – che non ha ancora una sede stabile in Libia – parteciperanno alle indagini. Gli Stati Uniti hanno, intanto, inviato due cacciatorpedinieri al largo delle coste libiche. Sono la USS Laboon e la USS MCFaul, entrambe equipaggiate con missili da crociera Tomahawk, che potrebbero essere utilizzati nel caso in cui il Dipartimento della Difesa ordini la distruzione di obiettivi mirati sul territorio libico.
Analisti e osservatori discutono, intanto, di come si siano verificati i fatti tra martedì e mercoledì. Il primo punto dubbio è come le proteste siano diventate violente: secondo il quotidiano online in lingua inglese Libya Herald, un testimone ha detto che la protesta era pacifica fin quando le forze di sicurezza non hanno provato a disperderla sparando in aria. Un altro testimone invece ha detto che i manifestanti erano tutti appartenenti a associazioni di estremisti religiosi salafiti, armati fin dall’inizio con mitra e lanciarazzi e radunati con l’esplicito intento di attaccare l’ambasciata.
(La cronaca della giornata di oggi)
Anche quanto è successo a Stevens dopo l’inizio degli scontri non è chiaro. Un funzionario libico non identificato ha detto a Reuters che Stevens e le altre tre persone morte sono state uccise da razzi lanciati contro di loro mentre si stavano spostando dal consolato a un luogo più protetto. Un funzionario del ministero degli Interni libico di nome Wanis al-Sharef, invece, ha detto ad Agence France-Presse che i quattro sono morti a causa di un incendio, originato nell’edificio ritenuto più sicuro in cui si sono spostati dopo l’inizio degli scontri: al-Sharef ha detto anche che sono stati alcuni membri delle stesse forze di sicurezza libiche a indicare ai manifestanti il nuovo edificio, che è stato attaccato di conseguenza e incendiato.
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Questa versione sembra più probabile per la presenza di un’altra testimonianza. Un medico intervistato da Associated Press, Ziad Abu Zeid, ha detto che Stevens è stato portato al Centro Medico di Bengasi, senza altri americani, e che è morto per asfissia dopo oltre 90 minuti di tentativi di rianimazione. L’uomo non aveva altre ferite. Inizialmente, ha detto il medico, nessuno lo aveva riconosciuto come l’ambasciatore.
(Il contestato comunicato dell’ambasciata USA del Cairo)
Il funzionario del ministero degli Interni libico, Wanis al-Sharef, ha detto qualcosa anche sugli altri tre morti, che sarebbero due marines e il diplomatico Sean Smith, anche se solo quest’ultimo è stato identificato ufficialmente. I marines sarebbero stati inviati a Bengasi dopo l’inizio delle proteste, ma non è certo se facessero parte della scorta di Stevens. Tutti e tre gli uomini, ha detto al-Sharef, sarebbero morti per ferite da arma da fuoco.
Nella serata di mercoledì, CNN ha dato conto per prima – ripresa poi dagli altri mezzi di comunicazione – di quanto riferito da alcuni funzionari dell’amministrazione Obama: che l’attacco di Bengasi sarebbe stato programmato in anticipo, usando la protesta come diversivo. Le fonti hanno detto di non credere che la manifestazione fosse stata istigata dagli assalitori e di non credere neanche che l’obiettivo fosse specificamente l’ambasciatore Stevens.
CNN riporta anche la versione della Quilliam Foundation, definita «un think tank di Londra che ha forti legami con la Libia». Quilliam attribuisce esplicitamente l’attacco ad al Qaida e sostiene che Stevens era il bersaglio. Nota anche che i lanciarazzi non compaiono solitamente alle manifestazioni pacifiche e che Bengasi è stata l’unica città della Libia in cui ci sono state proteste tra martedì e mercoledì.