Lo sciopero degli insegnanti di Chicago
È iniziato ieri, non accadeva da 25 anni, c'entra il mancato accordo col sindaco su salari e valutazioni
Da ieri e per la prima volta dopo 25 anni, gli insegnanti delle scuole pubbliche di Chicago hanno proclamato uno sciopero e hanno marciato vestiti di rosso per le strade della città, che è anche il terzo distretto scolastico della nazione. Gli insegnanti in sciopero sono oltre 26.000. Dopo una sola settimana dall’inizio della scuola circa 350 mila studenti sono rimasti a casa. Lo sciopero è stato annunciato dopo il fallimento dei negoziati su alcune riforme proposte dal sindaco Rahm Emanuel, ex capo dello staff di Barack Obama.
Circa 144 scuole sono rimaste comunque aperte dalle 8.30 (orario della colazione) fino alle 12.30 (orario del pranzo) per garantire il servizio agli studenti e alle studentesse che usufruiscono dei pasti scolastici gratuiti. Inoltre, a chi dovrebbe trovarsi a scuola, sono state offerte corse gratuite su autobus e treni fino a quando lo sciopero non sarà risolto. In risposta al problema di moltissimi genitori, diverse associazioni religiose e di volontariato hanno aperto i loro centri per accogliere chi non può stare a casa.
Il distretto scolastico di Chicago è guidato da un amministratore delegato, e non da un sovrintendente come la maggior parte dei distretti statunitensi, che fa riferimento alla giunta comunale della città e in ultima istanza al sindaco. Anche il consiglio di amministrazione del distretto è nominato direttamente dal sindaco, in questo caso Rahm Emanuel, al quale di fatto comprende la responsabilità diretta di tutto il sistema. Rahm Emanuel – i cui figli frequentano una scuola privata, dettaglio che gli insegnanti fanno notare spesso – si trova ora ad affrontare la crisi più grave da quando è diventato sindaco nel 2011. Dopo la proclamazione dello sciopero ha dichiarato: «Il posto dei ragazzi di Chicago è nelle loro classi: i nostri bambini non si meritano questo». Tra le motivazioni dello sciopero vi sono il mancato accordo sulla questione salariale, sulla sicurezza del lavoro, sulle valutazioni degli insegnanti e sul reintegro di chi è stato licenziato.
I sindacati chiedono salari più alti a fronte di un allungamento della giornata scolastica proposta dallo stesso sindaco senza però, secondo gli insegnanti, un’adeguata ricompensa. Chiedono inoltre una diversa forma di valutazione del loro lavoro che non sia basata esclusivamente sui risultati di test standardizzati cui vengono sottoposti gli studenti: questi test infatti non terrebbero conto della situazione della maggior parte degli studenti delle scuole pubbliche di Chicago, che provengono da famiglie a basso reddito e quartieri con un alto livello di violenza. Sembra però che il conflitto tra Rahm Emanuel e il sindacato degli insegnanti sia più ampio e comprenda anche altre richieste relative alla riduzione delle dimensioni delle classi, dell’aumento dei finanziamenti, della necessità di assistenti sociali e delle condizioni delle aule.
Quella dello sciopero di Chicago è anche una questione politica molto rilevante a due mesi dal voto per le presidenziali: non solo perché Chicago è la città di origine di Barack Obama ma anche perché si trovano contrapposti il sindaco, che è anche l’ex capo dello staff di Obama, e un sindacato che sostiene il Partito Democratico. Il presidente degli Stati Uniti ha scelto per ora di non prendere posizione: «La sua principale preoccupazione riguarda gli studenti e le famiglie colpite da questa situazione. Speriamo che entrambe le parti siano capaci di arrivare insieme a una rapida conclusione», ha dichiarato il portavoce della Casa Bianca Jay Carney.
Negli ultimi anni non sono stati molti gli scioperi della scuola nelle città degli Stati Uniti: l’ultimo si è svolto a Detroit nel 2006 e prima a Philadelphia nel 2000. A New York gli insegnanti non scioperano da più di 35 anni. A Chicago l’ultima protesta risale al 1987, quando gli insegnanti si rifiutarono di andare a scuola per un totale di 19 giorni.