Il nuovo presidente della Somalia
È Hassan Sheikh Mohamoud, attivista considerato espressione della società civile: prosegue il difficile processo di ricostruzione dello Stato
Con 190 voti contro 79, il Parlamento della Somalia ha eletto Hassan Sheikh Mohamoud, attivista ed espressione della società civile, nuovo presidente del paese. Mohamoud ha vinto contro l’attuale presidente del governo federale di transizione (TFG), Sharif Sheikh Ahmed, dato per favorito nei sondaggi ma considerato anche il simbolo del fallimento del processo di transizione democratica del Paese. L’elezione di un nuovo presidente era prevista entro il 20 agosto scorso, giorno in cui scadeva il mandato del governo di transizione e del presidente in carica. Ma l’accordo per l’elezione del presidente del Parlamento, che aveva il compito di riunirsi per eleggere il nuovo capo dello stato, è stato trovato in ritardo.
Al primo turno nessuno dei candidati aveva raggiunto il quorum richiesto (i due terzi dei voti). Sharif Sheikh Ahmed aveva ricevuto 64 preferenze, Hassan Sheikh Mohamoud 60, il primo ministro uscente Abdiweli Mohamed Ali 30 voti e Abdikadir Osoble 27. Questi ultimi due hanno però rinunciato a partecipare al secondo turno. Dopo i risultati finali, il presidente somalo uscente ha riconosciuto la propria sconfitta e ha dichiarato di essere pronto a lavorare a fianco del nuovo capo dello Stato.
Hassan Sheikh Mohamoud ha 55 anni e fa parte del clan Hawiye, lo stesso dell’ex presidente e molto forte nella capitale Mogadiscio. Si è laureato in India, è professore universitario e ha ricoperto diversi incarichi presso alcune organizzazioni non governative sia all’interno della Somalia che all’estero. Lo scorso anno ha fondato ed è diventato presidente del partito Pace e Sviluppo che ha l’obiettivo dichiarato di formare tecnici e amministratori che possano favorire la transizione democratica della Somalia.
Hassan Sheikh Mohamoud avrà ora il compito di nominare il nuovo primo ministro che a sua volta dovrà formare il nuovo governo somalo, il primo democraticamente eletto dopo la caduta del regime dittatoriale di Siad Barre, nel 1991. Con l’elezione del nuovo presidente, visto come un moderato in grado di unire i vari clan che si combattono nel paese, prosegue dunque il difficile processo di ricostituzione del governo centrale somalo iniziato ad agosto con l’approvazione di una nuova Costituzione. La Somalia resta tuttavia ancora instabile e divisa: è martoriata dalla carestia, dalla guerra civile e dai combattimenti contro al-Shabaab (“la gioventù”), un gruppo di diverse migliaia di miliziani musulmani integralisti nato nel 2006.
(Un anno di carestia in Somalia)
Per cercare di affrontare questa caotica situazione, nell’ottobre del 2004 (fortemente appoggiato dall’ONU) si è insediato nel Paese il governo di transizione che però è riuscito a ristabilire un’autorità solo in alcuni quartieri della capitale Mogadiscio, mentre il resto del Paese veniva via via controllato dai miliziani islamici. Tutto questo, oltre a portare ad una forte instabilità politica, ha favorito una dilagante corruzione.
Durante la campagna elettorale per elezioni presidenziali, diverse fonti, tra cui Al Jazeera hanno parlato di milioni di dollari utilizzati da tutti i candidati principali per corrompere i parlamentari e influenzare il loro voto: «Ad alcuni deputati è stato anche chiesto di giurare sul Corano di votare per un certo candidato». Una fonte diplomatica di Mogadiscio ha riferito anche di sette milioni di dollari provenienti dai paesi arabi del Golfo per garantire la rielezione del presidente Sharif e mantenere l’attuale situazione di instabilità. L’ex presidente ha negato però ogni accusa.