Voi potete scegliere il futuro dell’America
La traduzione integrale del discorso pronunciato ieri da Barack Obama alla Convention democratica
di Barack Obama - Presidente degli Stati Uniti d'America
Michelle, ti amo. L’altra notte, penso, l’intero paese ha visto quanto io sia fortunato. Malia e Sasha, mi rendete così orgoglioso… ma non fatevi venire strane idee, domattina a scuola. Joe Biden, grazie per essere il miglior vice presidente che potevo avere, e un grande amico.
Signora presidente, delegati, accetto la vostra nomination a presidente degli Stati Uniti.
La prima volta che ho parlato a questa convention, nel 2004, ero un uomo più giovane; un candidato dell’Illinois per il Senato che parlò di speranza. Una speranza davanti alle difficoltà e non un cieco ottimismo o un’illusione. Una speranza di fronte all’incertezza; quell’ostinata fede nel futuro che ha spinto in avanti questa nazione, anche quando gli imprevisti sono grandi e anche quando la strada è lunga.
Otto anni dopo, quella speranza è stata messa alla prova dal costo della guerra, da una delle peggiori crisi economiche nella storia e da un ingorgo politico davanti al quale ci meravigliamo se sia ancora possibile affrontare le sfide del nostro tempo.
So che le campagne possono essere piccole, piccole e stupide. Le cose triviali diventano grandi distrazioni. I grandi discorsi diventano frasette per il telegiornale. La verità viene bruciata da una valanga di soldi e di pubblicità.
Ma quando tutto volge verso la tristezza, voi, con in mano la scheda per il voto, affronterete la più importante scelta che possiate compiere per un’intera generazione. Nei prossimi anni le grandi decisioni su lavoro ed economia, tasse e bilancio, energia ed educazione, guerra e pace saranno prese a Washington. Sono decisioni, queste, che avranno nei decenni che verranno un forte impatto sulle vostre vite e su quelle dei vostri figli. Su ogni istanza, la scelta che fronteggiate non è tra due candidati o due partiti. È tra due sentieri diversi per l’America. È una scelta tra quelle che, fondamentalmente, sono due visioni diverse del futuro. La nostra è una battaglia per recuperare i valori che hanno portato all’affermazione della classe media più ampia e dell’economia più forte che il mondo abbia mai conosciuto; i valori che mio nonno ha difeso come soldato nell’armata di Patton e quelli che hanno portato mia nonna, mentre lui era fuori, a lavorare in una linea di assemblaggio di un bombardiere.
Loro sapevano che erano parte di un qualcosa di più grande: una nazione che ha trionfato sul fascismo e sulla depressione; una nazione dove il business più innovativo si è trasformato nei migliori prodotti al mondo e dove, dagli uffici all’officina, ognuno ne ha condiviso il successo e l’orgoglio. Ai miei nonni è stata data la chance di andare al college, di costruire la loro prima casa e di firmare quindi il patto che sta nel cuore della storia dell’America: la promessa che il duro lavoro ricompenserà; che la responsabilità verrà ripagata; che ognuno abbia la sua opportunità e la sua giusta parte e che ognuno giochi sulla base delle stesse regole, dalla Main Street a Wall Street a Washington.
Ho corso per la presidenza perché ho visto che questo patto stava scivolando via. Ho iniziato la mia carriera aiutando i lavoratori di una fabbrica d’acciaio sulla via della chiusura, in un periodo in cui troppi buoni lavori si stavano spostando oltre oceano. E nel 2008 abbiamo visto che per quasi un decennio le famiglie hanno lottato contro costi crescenti, con salari che invece non aumentavano; hanno accumulato debiti per la casa o per l’istruzione; per mettere il carburante nell’auto o il cibo sulla tavola. E quando il castello di carte è crollato con la Grande Recessione, milioni di innocenti americani hanno perso il lavoro, la casa e i risparmi di una vita. Una tragedia che ci costringe ancora oggi di lottare per la ripresa.