Il Pakistan vuole espellere Save the Children
Accusa l'organizzazione umanitaria di aver aiutato la CIA nelle operazioni che portarono al ritrovamento di Osama bin Laden
Il personale straniero che lavora per Save the Children, la più grande organizzazione internazionale indipendente per la difesa dei diritti dei bambini che opera in più di 120 Paesi nel mondo impiegando circa 14mila persone, dovrà lasciare il Pakistan entro due settimane a partire da oggi: il governo ritiene infatti che l’organizzazione umanitaria sia stata complice degli Stati Uniti nell’operazione che ha portato al ritrovamento e all’uccisione di Osama bin Laden avvenuta il 2 maggio del 2011 ad Abbottabad, nel nord ovest del Paese.
Dopo il 2 maggio, il medico pakistano Shakil Afridi, che lavorava al confine con l’Afghanistan, era stato arrestato con l’accusa di aver inventato, per conto della CIA, una falsa campagna di vaccinazione contro l’epatite B proprio nella zona di Abbottabad: il suo intento sarebbe stato invece quello di rintracciare Osama bin Laden confrontando i campioni di sangue prelevati con quelli di DNA in possesso dalla CIA.
Il governo degli Stati Uniti ha però sempre negato qualsiasi legame tra la l’agenzia di spionaggio statunitense e l’organizzazione umanitaria. E Save the Children ha fatto sapere di «non aver mai assunto consapevolmente persone legate alla CIA», che Shakil Afridi «non ha mai ricevuto uno stipendio da loro, e che l’organizzazione non ha mai eseguito programmi di vaccinazione ad Abbottabad».
Le persone che verranno espulse sono comunque solamente 6 e per il lavoro dell’organizzazione nel Paese non vi saranno per ora gravi conseguenze, anche se negli ultimi 18 mesi il personale straniero di altre agenzie umanitarie in Pakistan ha dichiarato di aver ricevuto molte restrizioni da parte delle autorità.