Paul Ryan e la maratona
Una bugia o un lapsus sul suo record di corsa è diventato esemplare nella discussione sulle falsità raccontate dai politici (e da Ryan in particolare)
Il candidato repubblicano alla vicepresidenza degli Stati Uniti Paul Ryan ha avuto un salto di visibilità e popolarità dopo il suo intervento alla convention di Tampa della settimana scorsa, la prima sua grande uscita pubblica dopo essere stato scelto da Mitt Romney. Contemporaneamente, il suo discorso è stato molto contestato non solo dai suoi avversari politici ma anche da gran parte della stampa e dei commentatori per una serie di affermazioni che sono state giudicate tra il falso e l’ingannevole, e rappresentative di una tendenza alla bugia sempre più frequente nel dibattito pubblico americano.
In questo contesto, venerdì, durante un’ intervista telefonica, Paul Ryan ha raccontato al conduttore radiofonico che lo intervistava della sua pratica sportiva e dei suoi precedenti con la corsa della maratona: e di come da giovane abbia corso una maratona in circa due ore e cinquanta minuti. La notizia ha sorpreso l’intervistatore: scendere sotto le tre ore è un grosso risultato per un atleta (il record mondiale è di poco più di due ore), anche per uno come Ryan che pratica molti esercizi fisici.
I giornalisti americani si sono incuriositi: se la notizia fosse stata confermata Ryan sarebbe stato il più veloce maratoneta ad essere mai stato candidato per la Casa Bianca. Il sito Runnerworld ha subito pubblicato un articolo ricordando i precedenti record di presidenti, vicepresidenti e candidati. Con meno di tre ore Ryan avrebbe battuto il record di 3 ore e mezza di John Edwards e quello di George W. Bush, 3 ore e 44 minuti.
Dopo una prima conferma da parte dello staff della campagna elettorale di Ryan, che ha precisato luogo e data della maratona, è arrivata la smentita. Ryan ha dichiarato di essersi sbagliato: è suo fratello Tobin, ha detto, ad averlo chiamato per ricordargli di essere lui il più veloce maratoneta della famiglia e che Paul non ha mai corso sotto le tre ore. Durante la maratona in questione Ryan infatti ottenne un tempo più ordinario di 4 ore e un minuto.
Una sbadataggine o una sbruffoneria di piccola dimensione, il tempo sulla maratona è così entrato nel dibattito sulla verità raccontata dai politici, e nelle ultime ore la storia è stata ripresa da tutti i media. Sul New Yorker Nicholas Thompson ha analizzato la vicenda partendo da una domanda: il candidato alla vicepresidenza è il tipo di persona che mente in maniera congenita? In questo senso, ha spiegato, la questione della maratona diventa molto interessante. Per rispondere a questa domanda, Thompson è partito dall’intervista alla radio.
Domanda: Corri ancora?
Risposta: Si, mi sono fatto male ad una vertebra, quindi non corro più maratone. Soltanto dieci miglia o meno.
D: Ma ad un certo punto hai corso delle maratone?
R: Si, ma non posso più farlo perchè la mia schiena non è più buona come un tempo.
D:Devo chiedertelo, qual è il tuo record personale?
R: Sotto le tre ore. Ho fatto due ore, cinquanta minuti e qualcosa…
D: Santo cielo!
R: Già, ero veloce quando ero più giovane.
Secondo Thompson quello che è più interessante di questo scambio è il modo in cui Ryan risponde al “Santo cielo!” dell’intervistatore. Correre in quattro ore una maratona per un ragazzo di vent’anni non è qualcosa che fa esclamare “Santo cielo!”: è un tempo assolutamente nella media. Se quello di Ryan fosse un semplice lapsus la reazione dell’intervistatore avrebbe dovuto metterlo in guardia e fargli pensare qualcosa come: “all’epoca non mi sembrava che ci fosse tutto questo entusiasmo per il tempo che feci”. Invece a Ryan non è scattato alcun campanello d’allarme, anzi: ha rinforzato la sua affermazione dicendo: “Già, ero veloce quando ero più giovane”.
(Perché Romney ha scelto Ryan)
Ma c’è anche un secondo fattore, secondo Thompson, che fa pensare che in questa storia non ci sia solo un errore della memoria di Ryan. Per qualcuno che non corre abitualmente, scrive anche la rivista Runnersworld, la differenza tra fare una maratona in due ore e cinquanta o in quattro ore, non sembra granché. Per un corridore invece è una differenza enorme: come quella che passa tra fare 25 piegamenti e farne cento.
E in più i corridori, e Ryan dice di continuare a essere uno di loro, non si dimenticano i loro tempi. Ne parlano, si confrontano con gli amici e ci pensano mentre corrono. Probabilmente, scrive Thompson, se in una maratona non sono mai riusciti a scendere sotto le 4 ore, e solo per una manciata di minuti, non solo se ne ricordano, ma la cosa probabilmente gli dà piuttosto fastidio.
Ma d’altro canto, scrive Thompson, ci sono anche forti argomentazioni contro il fatto che fosse una semplice bugia. Quando è stato interpellato la prima volta l’ufficio stampa di Ryan ha confermato la notizia della maratona e ha fornito la data e il luogo dell’evento, facilmente verificabili. Se avessero saputo che Ryan aveva mentito avrebbero cercato di sviare i giornalisti dicendo che Ryan non ricordava esattamente in quale maratona fosse avvenuto il fatto.
Quindi Ryan ha mentito o ha avuto un lapsus? Secondo Thompson ci sono prove sia a favore dell’una che dell’altra ipotesi, ma soltanto Paul Ryan sa quale sia quella giusta. Per il momento Thompson scrive che gli lascerà il beneficio del dubbio, ma se si dovesse scoprire che altre volte Ryan ha mentito ai giornalisti, anche su questioni di poco conto, allora è probabile che abbia mentito anche sulla maratona.
Foto: AP Photo/Jose Luis Magana