Una buona estate di crisi
Per i mercati, stranamente, gli ultimi mesi non sono stati male, scrive l'Economist, anche se nel complesso c'è poco da stare allegri
L’estate durerà ancora tre settimane secondo il calendario, ma per i mercati finanziari è già finita, ed è stata, a dispetto di tutte le previsioni catastrofiste e della valanga di dati negativi che sono arrivati nei mesi scorsi, una buona estate, scrive l’Economist.
Si tratta di un fatto strano, perché quasi tutti i dati economici pubblicati negli ultimi mesi sono negativi. Ad esempio nel secondo quarto dell’anno, cioè tra aprile e giugno, l’economia mondiale è cresciuta del 2,8 per cento. Può sembrare molto visto che l’Italia è in recessione e persino la Germania cresce a tassi di poco superiori allo zero, ma questo è il dato più basso per la crescita mondiale dal 2009.
In prima fila ad avere i risultati peggiori ci sono, come è normale oramai negli ultimi tre anni, i paesi dell’area Euro che, presi tutti insieme, hanno visto le loro economie restringersi dello 0,2 per cento nel secondo quarto dell’anno. L’economia americana continua a crescere, ma meno dell’anno scorso e soprattutto senza creare nuovi posti di lavoro, mentre quella giapponese, che crescerà quest’anno del 3,5 per cento, deve il suo balzo principalmente alla ricostruzione del dopo tsunami. Ma il dato più inquietante, scrive l’Economist, è che la recessione non è più limitata soltanto ai paesi ricchi.
Il Sud America, ad esempio, ha subito un brusco rallentamento nella sua crescita: il Brasile, che da solo vale circa metà dell’economia del continente, è stato il peggiore tra i BRICS (la sigla che riunisce la principali economie emergenti: Brasile, Russia, India, Cina e Sud Africa), con una crescita anemica del 2 per cento. L’Argentina, seconda economia del continente è, probabilmente, di nuovo vicina al default.
Alla base del rallentamento delle economie sudamericane c’è soprattutto la diminuzione nella domanda di materie prime da parte della Cina, che sta rallentando a sua volta. Secondo le ultime stime la Cina crescerà “solo” del 7,4 per cento nel 2012, un dato che inquieta visto che fino all’anno scorso il paese cresceva a due cifre (cioè con un tasso superiore al 10 per cento).
Va ancora peggio l’economia indiana. Il paese che a metà degli anni 2000 sarebbe dovuto diventare la “seconda Cina” ha rivelato negli ultimi mesi tutte le difficoltà e i problemi che affliggono la sua economia (burocrazia inefficiente, corruzione endemica e una classe politica paralizzata). Le previsioni di fine 2011 che parlavano di un’espansione al 10 per cento del PIL sono state ridotte negli ultimi mesi a circa il 5 per cento.
Eppure, nonostante questi dati che sembravano confermare le peggiori previsioni per questa estate, negli ultimi mesi i mercati finanziari dei paesi ricchi non solo hanno tenuto, ma sono cresciuti. Ad agosto il mercato azionario americano è cresciuto del 4 per cento e quello europeo addirittura del 6 per cento. Anche in Italia il FTSE MIB, il principale indice della borsa di Milano, tra il primo giugno e il 31 agosto ha guadagnato il 2,16 per cento.
Secondo l’Economist il motivo di questo entusiasmo potrebbe essere causato dall’eccessiva fiducia che gli investitori hanno avuto nella capacità delle banche centrali di contrastare gli effetti della crisi. Il potere che hanno i banchieri centrali di influenzare i mercati, anche senza fare niente, ma solo rassicurando gli investitori con promesse e annunci, si è visto per esempio l’ultima settimana di luglio.
Dopo che i mercati europei avevano raggiunto il picco più basso dall’inizio della crisi, il 26 luglio Mario Draghi annunciò che la Banca Centrale Europea avrebbe fatto tutto il possibile per proteggere l’euro. Una frase di solo diciotto parole che però lasciava intuire la possibilità che la BCE tornasse a comprare titoli di stato sul mercato secondario. Quest’annuncio bastò a far recuperare tutte le perdite della settimana. La borsa di Milano, ad esempio, in due giorni, guadagnò il 9 per cento.
Un intervento simile venne compiuto dalla BCE nell’agosto e nel settembre dell’anno scorso. Il risultato, all’epoca, fu di mantenere stabili gli spread dei paesi periferici dell’area euro per la durata dell’intervento. Quando però la BCE terminò il suo programma di acquisti, il rendimento dei titoli di Italia e Spagna tornò a crescere.
Anche il presidente della Federal Reserve (FED), Ben Bernanke, ha fatto un annuncio incoraggiante ieri, dichiarando che probabilmente ci sarà un quarto massiccio intervento della FED (cioè la banca tornerà a immettere denaro sul mercato). Ma gli ultimi due interventi, scrive l’Economist, hanno avuto un effetto sempre meno incisivo del primo.
Secondo l’Economist è chiaro, quindi, che le banche centrali da sole non sono sufficienti a fermare la crisi e riportare la crescita economica. C’è bisogno di forti interventi da parte della politica e quindi di riforme incisive. Gli investitori, durante l’estate, sembrano averlo dimenticato, ma non è detto che molto presto non dovranno impararlo di nuovo.
Foto: Spencer Platt/Getty Images