È finita l’estate di Hollande
Al ritorno dalle vacanze i sondaggi danno un calo di consensi per il presidente francese che sembra non fare abbastanza per combattere la crisi
Avevamo lasciato François Hollande un mese fa con sondaggi che lo davano ben sopra il 50% del gradimento e, a dispetto di una situazione economica piuttosto sfavorevole, con lo spread ad un livello molto sotto la soglia di guardia: e con l’immagine del vincitore ancora fresca agli occhi del mondo. Ma a un mese di distanza il presidente francese è precipitato di 11 punti nei sondaggi e ha perso la fiducia di molti suoi elettori socialisti, scrive l’Economist. Mentre la situazione economica peggiora, gli unici suoi amici sembrano essere ora i mercati finanziari (ma forse non ancora per molto).
Che l’economia francese continui ad andare male non è una novità: per il terzo trimestre consecutivo, nel periodo maggio-giugno, la Francia non è cresciuta o, come si dice in gergo, è stata stagnante. La disoccupazione è arrivata a 3 milioni di persone, il livello più alto da 13 anni a questa parte e non ci sono segni che questa tendenza sarà invertita in futuro. La Peugeot sta chiudendo un impianto e si prepara a licenziare 3 mila operai mentre Air France ha già tagliato 5 mila posti di lavoro. Piani di tagli sono stati annunciati anche da Carrefour.
Probabilmente, scrive l’Economist, non ha aiutato il fatto che il ministro scelto per trattare con le imprese fosse un politico molto di sinistra, Arnauld Montebourg, ministro alle attività economiche, sconfitto alle primarie da Hollande. Montebourg è un candidato vicino ai no-global e il suo programma per le primarie conteneva la proposta di inserire membri di nomina politica nei consigli d’amministrazione delle banche e istituire barriere doganali con la Cina. Hollande gli ha affidato l’incarico di trattare con le imprese per tentare di evitare le chiusure e le perdite di posti di lavoro. Ma le trattative sono quasi sempre fallite e le grandi imprese francesi si sono unite per denunciare l’eccessivo costo del lavoro nel paese che le costringeva a chiudere gli stabilimenti.
A questo proposito si sta discutendo di come finanziare gli ammortizzatori sociali, che al momento sono una delle voci che pesano di più sul costo del lavoro francese, ma i risultati degli studi non arriveranno prima della prossima primavera. Da parte del ministero delle Finanze le uniche proposte che sono arrivate finora sono di creare una banca d’investimento pubblica e la creazione di 150 mila posti di lavoro sussidiati dallo stato. Gli imprenditori sostengono che la competitività francese sia stata sacrificata sull’altare della demagogia. Hollande ha alzato le tasse sia sui ricchi che sulle imprese e ha annullato tutti i tagli alle imposte che aveva varato il governo di Sarkozy.
Queste misure avrebbero almeno dovuto soddisfare l’elettorato di sinistra che era stato attirato da Hollande proprio con la promessa, tra le altre, di alzare le tasse ai più ricchi. Invece cresce la disillusione nei confronti del presidente. Persino il giornale vicino alla sinistra Libération, nota l’Economist, ha cominciato a usare nei confronti dell’azione del governo termini come “amatoriale”. I sondaggi rispecchiano questo sentimento: il 72% dei francesi dichiara che il governo non sta facendo abbastanza per combattere la crisi economica, mentre il 68% dichiara di non avere fiducia nel futuro della Francia.
Ad essere pessimisti sono spesso proprio gli elettori del partito socialista (il partito di Hollande). All’elettorato di sinistra, scrive sempre l’Economist, probabimente non piace la politica di Hollande, tutto sommato favorevole al nucleare. Non piace nemmeno la mano ferma usata dal governo nei confronti dei campi Rom illegali, che in questi giorni stanno venendo smantellati in tutta la Francia. A questo si aggiungono anche le recenti rivolte ad Amiens e le minacce di votare no al fiscal-compact (il patto di austerità europeo) da parte di alcuni deputati socialisti, quando andrà in parlamento a ottobre.
La sfida vera però, resta per Hollande quella economica: riuscire a far quadrare il cerchio delle promesse pre-elettorali su posti di lavoro e maggiore equità sociale, con un’economia in peggioramento. Un obiettivo difficile da raggiungere sopratutto quando mancano ancora 33 miliardi di euro per raggiungere l’obbiettivo di far scendere il deficit (cioè quanto il governo spende più di quanto guadagna) dal 5,2% del PIL del 2011 al 3% del PIL.
La speranza per Hollande è che la luna di miele coi mercati non finisca presto: al ritorno dalla vacanze il rendimento dei bond francesi era ancora fermo al 2%. Rendimenti così bassi possono permettere al governo di Hollande di finanziarsi a basso costo e quindi di ripianare parte del deficit e investire nella ripresa. Ma è difficile, scrive Businessweek, che in questa situazione i mercati concedano ancora così tanta fiducia ai titoli di stato francesi.
Foto: FRANCOIS NASCIMBENI/AFP/GettyImages