Cosa dice Panorama sulle telefonate di Napolitano
Che nelle intercettazioni non c'è niente, di fatto: e che tutte le voci sono ricattatorie
Il settimanale Panorama ha pubblicato oggi in copertina una foto di Giorgio Napolitano con il titolo “Ricatto al Presidente”, annunciando di voler dire “la verità” per “infrangere la grande muraglia dell’ipocrisia che circonda le telefonate” su cui indaga la procura di Caltanissetta a proposito della cosiddetta “trattativa tra Stato e mafia” e non permettere la conseguente delegittimazione del Presidente. Così scrive nel suo editoriale Giorgio Mulè citando direttamente come principali responsabili di tale delegittimazione La Repubblica e Il Fatto, i giornali sui quali si è concentrato il dibattito sulla questione. L’articolo di Panorama che descrive il presunto contenuto di quelle intercettazioni è stato anticipato ieri ed è oggi discusso su tutti i quotidiani: ma come spiega Mulè, “Panorama riferisce di indiscrezioni che ormai circolano in modo sempre più insistito”, e questo è il contenuto del suo scoop, niente di ufficiale.
(La questione di Napolitano e Mancino)
La tesi dell’editoriale di Mulè (che presenta l’articolo di Giovanni Fasanella) è che in più di un’occasione e in generale nella serie di articoli pubblicati su questa vicenda il linguaggio sia stato volutamente allusivo, appartenente alla “peggiore cultura siciliana” e basato “sulla collaudata tecnica del dire e non dire” con lo scopo di rendere tutto meno chiaro e autorizzare chiunque a “pensare chissà quali congetture”.
Panorama “rivela” (in base alla conferma di “diverse fonti”, ma il giornale non riporta alcun estratto dalle intercettazioni) che le telefonate tra Giorgio Napolitano e Nicola Mancino intercettate risalirebbero al novembre 2011, periodo dell’ultima crisi del governo Berlusconi e conterrebbero alcuni commenti molto pesanti su alcuni protagonisti di quella fase. Tra le persone di cui Napolitano e Mancino avrebbero parlato ci sarebbero Antonio Di Pietro, parte della magistratura di Palermo e Silvio Berlusconi.
Queste indiscrezioni apparterrebbero dunque alla sfera privata di una conversazione tra due persone “legate da antica amicizia”. E sarebbero note “nei palazzi che contano e nelle redazioni dei giornali”. A sostegno di questa tesi, Panorama riporta alcune righe di tre diversi articoli pubblicati su Repubblica da Ezio Mauro, su Il Fatto da Marco Travaglio e su Il Foglio da Adriano Sofri che conterrebbero quelle ipotesi “che non si discosterebbero poi di tanto dal reale contenuto delle conversazioni”, ma che non sono state raccontate con chiarezza.
Panorama sostiene che il motivo della reazione di Napolitano alla notizia delle intercettazioni non sarebbe di voler nascondere i fatti ma il timore di alimentare una situazione già abbastanza conflittuale e destabilizzare l’attuale governo. “Questo scenario” si sostiene su Panorama “sarebbe stato attentamente valutato dal Quirinale” che avrebbe quindi deciso di sollevare il conflitto di attribuzione di fronte alla Corte Costituzionale. E poiché è improbabile che la Consulta affronti il problema in tempi rapidi (le prime sedute sono in calendario a settembre) è probabile anche che la decisione del Presidente della Repubblica sia servita proprio a guadagnare tempo. Quando e se le frasi di Napolitano verranno rese pubbliche non avranno più alcun effetto: a elezioni politiche già avvenute e a mandato presidenziale già scaduto.
(Il decreto di Napolitano contro la Procura di Palermo)
Oggi Repubblica sostiene che «al Quirinale non avrebbero apprezzato “il regalo”, la presunta denuncia di un ipotetico ricatto al presidente» e riporta le parole del Procuratore capo di Palermo Francesco Messineo che smentiscono Panorama: «Non mi risulta che ci siano conversazioni aventi questo contenuto».