Unicredit ha violato l’embargo con l’Iran?
Oggi il Financial Times scrive che la più grande banca italiana è sotto indagine da parte delle autorità USA, per una serie di operazioni in dollari
Oggi il Financial Times, citando una fonte anonima, scrive che Unicredit, la più grande banca italiana, sarebbe sotto inchiesta delle autorità americane per aver violato le sanzioni contro l’Iran. Al momento starebbero indagando su Unicredit il procuratore di New York, il Dipartimento del Tesoro e anche il Dipartimento di Giustizia. Se la violazione venisse accertata, Unicredit rischierebbe una multa di diverse centinaia di milioni di dollari.
La notizia era già comparsa in un documento della banca, spiega il quotidiano finanziario statunitense, ma non aveva suscitato l’interesse della stampa. A gennaio scorso, in un documento informativo sull’aumento di capitale, sepolto tra 463 pagine, Unicredit aveva scritto che stava rispondendo ad un fiduciario del procuratore di New York a proposito di alcune condotte “sanzionabili” (la frase è a pagina 95). All’epoca la cosa non venne notata dai media italiani.
Ieri, in un altro documento, Unicredit ha fatto sapere, secondo il Financial Times, che anche il Dipartimento di Giustizia sta indagando. In particolare sarebbero sotto indagine le operazione della controllata Unicredit Bank AG, la ex HVB, una banca tedesca comprata da Unicredit nel 2005.
La fonte anonima del FT ha raccontato che l’oggetto di queste indagini sarebbero proprio delle transazioni illecite con l’Iran. Le autorità statunitensi sono coinvolte perchè Unicredit è tenuta a rispettare una serie di regolamenti se vuole restare ad operare sul mercato americano (altrettante regole devono essere rispettate dalle banche americane per operare in Italia). Queste regole prevedono, tra le altre, il divieto di fare operazioni in dollari con alcuni paesi come l’Iran, la cui moneta nazionale, il rial, è da tempo in difficoltà. In caso di violazione, le autorità USA potrebbe ritirare il permesso ad Unicredit di operare negli Stati Uniti, oppure comminarle una multa per evitare questa sanzione.
Questa è solo l’ultimo caso di istituti finanziari europei e giapponesi che vengono indagati dai regolatori USA per aver compiuto transazioni illecite in dollari con l’Iran o altri paesi. La banca ABN Amro, ex-controllata Royal Bank of Scotland ed ora nelle mani del governo olandese, ad esempio, si accordò nel 2010 con il Dipartimento di Giustizia e pagò una multa di 500 milioni di dollari per aver violato le sanzioni americane nei confronti di Iran, Libia, Sudan e Cuba. La banca britannica StanChart si è da poco accordata per pagare una multa da 340 milioni, anche in questo caso per aver violato le sanzioni contro l’Iran.
Nel documento pubblicato a gennaio Unicredit scriveva che era impossibile prevedere quando l’indagine sarebbe finita e l’impatto finanziario che avrebbe potuto avere per la banca. Nel 2011 Unicredit ha chiuso il bilancio con una perdita di 9,2 miliardi (causata in gran parte da una cosa che si chiama rettifica di valore sull’avviamento, cioè la revisione del valore di alcune attività immateriali della banca, come per esempio il valore del marchio). Unicredit, al 31 dicembre 2011, aveva un totale attivo patrimoniale (cioè tutto ciò che possiede, come titoli, immobili, cassa) di 927 miliardi, che la rendeva la prima banca per attività d’Italia.
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