Quelli che barano alle Paralimpiadi
Tra gli atleti con lesioni spinali, alcuni si fanno male per rendere meglio: è una pratica nota da anni, ufficialmente vietata ma difficile da individuare
Terminate le Olimpiadi, Londra si prepara a ospitare i XIV Giochi paralimpici estivi, che inizieranno il prossimo 29 agosto e andranno avanti fino al 9 settembre. Alla manifestazione sportiva partecipano atleti con particolari disabilità fisiche, che si sfidano in diverse discipline come avviene con le Olimpiadi tradizionali. E proprio come avviene con i Giochi olimpici, non è raro che gli atleti cerchino soluzioni alternative e spesso non consentite dai regolamenti per potenziare le loro prestazioni, come ha raccontato la BBC con un lungo articolo.
Tra diversi atleti paralimpici c’è l’abitudine di seguire alcune pratiche per “dare una spinta” (“boosting“) alla loro resa sui campi di gara. Si tratta sostanzialmente di farsi del male fisico in maniera controllata, per far aumentare la pressione sanguigna e migliorare le prestazioni. A farlo, dicono i medici sportivi che seguono la manifestazione, sono di solito gli atleti con lesioni spinali e che quindi hanno poche possibilità di movimento. Il boosting è vietato dal Comitato Paralimpico Internazionale, ma come avviene con il doping il semplice divieto e la possibilità di subire sanzioni non sono spesso deterrenti sufficienti.
Un giornalista sportivo britannico, che ha preferito mantenere segreta la propria identità e che segue da anni i Giochi paralimpici, ha spiegato alla BBC di aver sentito diversi racconti legati al boosting. Alcuni atleti portano con sé piccoli martelli, che vengono usati poco prima delle gare per fratturarsi – per esempio – un dito del piede. Il trauma fa rilasciare diverse sostanze al nostro organismo, che cerca di reagire al dolore e alla rottura, portando anche a un aumento della pressione sanguigna e dei battiti cardiaci e ottenendo effetti simili a quelli che avvengono naturalmente negli atleti normodotati sotto sforzo.
Quando gli atleti senza disabilità iniziano a correre o nuotare, la loro pressione e il loro battito cardiaco aumentano adattandosi automaticamente allo sforzo. Gli atleti paralimpici con lesioni spinali non possono beneficiare di questo tipo di risposta immediata. Sfruttando il boosting riescono quindi a innescare artificialmente una reazione del loro organismo, rendendo meglio durante le gare.
Brad Zdanivsky ha 36 anni e nel 1994 divenne paraplegico (ha le gambe paralizzate) a causa di un incidente stradale. Era appassionato di scalate e decise di non rinunciare allo sport dopo essere rimasto semiparalizzato. Grazie a una serie di carrucole e corde riesce ancora a scalare le montagne e alla BBC ha ammesso di aver utilizzato il boosting per migliorare le sue prestazioni: «Alcune volte davo un potente shock elettrico a una gamba o a un piede. Così facendo la pressione aumentava e potevo sopportare più sforzi».
Nel corso degli anni Zdanivsky ha sperimentato diverse soluzioni, come fare sport con la vescica piena per avere una fonte di dolore che spinga l’organismo a reagire. Le persone con paralisi che non hanno controllo sulla vescica spesso piegano il loro catetere impedendo all’urina di fuoriuscire normalmente. Si crea così una fase temporanea di dolore, facilmente superabile riaprendo il catetere. Zdanivsky ha anche provato a procurarsi dolore con scosse elettriche ai testicoli.
Come è facilmente intuibile, la pratica del boosting può portare a serie conseguenze per la salute di chi lo pratica. Spiega Zdanivsky: «Ottieni un picco della pressione sanguigna che potrebbe facilmente farti saltare un capillare dietro un occhio o causare un ictus. Può anche causare un infarto. Tutte cose molto sgradevoli, ma è difficile negare che abbia dei risultati».
Il boosting fu vietato dal Comitato Paralimpico Internazionale nel 1994 ma è ancora ampiamente praticato tra gli atleti e non è sempre facile identificare i singoli casi. I medici sportivi che monitorano le gare identificano i possibili casi di boosting osservando alcuni sintomi come la forte sudorazione, la presenza di macchie e la pelle d’oca. Gli atleti sospetti vengono sottoposti a un test della pressione e se viene trovata troppo alta (sopra 180 di massima, la “sistolica”) scatta il divieto di partecipare alla competizione, ma non viene comunque applicata altra sanzione.
Stando a un sondaggio condotto ai Giochi paralimpici di Pechino 2008, circa il 17 per cento degli atleti ha dichiarato di aver usato qualche pratica non consentita per aumentare la pressione sanguigna e le prestazioni. Secondo diversi esperti, la percentuale è probabilmente più alta e intorno al 30 per cento. Molti atleti usano il boosting perché soffrono di bassa pressione rispetto agli altri avversarsi e questa condizione può influire sensibilmente sull’esito delle gare, a svantaggio di chi ha la pressione bassa. In questo senso, spiegano i medici, è comprensibile la reazione di alcuni atleti che vogliono vincere e non partire svantaggiati rispetto agli altri.
Le cose potrebbero forse migliorare se i responsabili dei Giochi cambiassero alcune regole, basandole anche sulle differenze legate alla pressione e al battito cardiaco tra gli atleti paralimpici. Al momento il Comitato organizzatore non è comunque intenzionato a introdurre eccezioni o modifiche ai regolamenti, anche perché determinare con precisione le categorie in cui inserire i singoli atleti non sarebbe semplice, considerati gli sbalzi nel tempo della pressione sanguigna.