I preti non sono “dipendenti” del Vaticano
Lo ha deciso il tribunale di Portland, negli Stati Uniti, dopo aver esaminato una richiesta di risarcimento danni alla Chiesa per un caso di abusi sessuali
di francesco marinelli
Lunedì scorso il giudice Michael Mosman della Corte federale degli Stati Uniti di Portland, nello stato dell’Oregon, ha respinto una causa legale contro il Vaticano esposta dall’avvocato di un uomo che negli anni Sessanta è stato vittima di abusi sessuali da parte di Andrew Ronan, un prete morto nel 1992 e giudicato colpevole. Jeff Anderson, l’avvocato della vittima di abusi, aveva fatto causa al Vaticano e chiesto un risarcimento danni alla Chiesa in quanto “datori di lavoro” del prete in questione che, secondo la sua interpretazione, è stato un “dipendente” della Santa Sede.
Si tratta della prima sentenza di una corte federale statunitense (di primo grado) che chiarisce la posizione della Chiesa nella sua responsabilità indiretta nei procedimenti sui preti e i religiosi accusati e condannati per pedofilia, nel cosiddetto “John Doe vs Holy See” (John Doe è un nome fittizio che si dà per proteggere l’identità delle vittime) e ha stabilito che il Vaticano non può essere considerato un datore di lavoro.
La causa è stata avviata nel 2002 e nel 2010 era stato deciso che, nonostante l’immunità legale del Vaticano, che non può essere citato in giudizio negli Stati Uniti in base ad una legge del 1976, il caso potesse andare avanti. Altre vicende simili in passato avevano portato il Vaticano a difendersi dall’accusa di essere in qualche modo sempre indirettamente responsabile degli abusi dei preti.
Il prete accusato si chiamava Andrew Ronan, appartenente all’Ordine dei Servizi di Maria, aveva compiuto abusi in Irlanda e poi, dopo esser stato trasferito negli Stati Uniti, a Chicago e Portland. Si era dimesso dalla sua carica di sacerdote nel 1966, dopo che l’arcidiocesi di Portland aveva avviato contro di lui un procedimento. Dai documenti del processo è emerso che gli abusi erano stati mantenuti segreti dall’ordine religioso e che il Vaticano è stato informato di tutto soltanto 15 anni dopo.
Il Vaticano aveva approvato la decisione, cambiando lo status di Ronan da clericale a laicale. L’accusa portata avanti dall’avvocato Anderson, respinta dal tribunale di Portland, era che cambiando lo status di Ronan il Vaticano lo avesse trattato come un dipendente, di fatto “licenziandolo”. La Corte ha stabilito che «non ci sono fatti che creino un vero rapporto di lavoro tra Ronan e la Santa Sede». La causa è stata chiusa per “difetto di giurisdizione”.
Il giudice ha spiegato che la responsabilità civile della Chiesa è stata valutata in base ai documenti raccolti nel corso dei processi sui casi di pedofilia, oltre alla documentazione della difesa inviata dal Vaticano, e non in base a una teoria giuridica. La Chiesa sostiene dall’inizio della causa che ogni religioso dipende dall’ordine a cui è affiliato: il prete “dipende” dal vescovo della diocesi in cui opera. Nel 2005 anche il nono Circuito d’appello federale degli Stati Uniti aveva chiarito che ordine religioso e Santa Sede sono entità distinte.
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