Bucarest e la sua corruzione universale
Adriano Sofri su Repubblica racconta come vanno le cose nella capitale della Romania e perché ci sono così tante farmacie e banchi dei pegni
Adriano Sofri su Repubblica racconta gli aspetti, le consuetudini, i limiti e i pregi, tutti caratteristici, che si scoprono viaggiando per le vie di Bucarest, a partire dalla dilagante corruzione. E perché ci sono tante farmacie e banchi dei pegni.
La Romania è piena di banche e di chiese, come l’Italia. Ma è soprattutto piena di farmacie e di Case de amanet, banchi dei pegni. Innumerevoli farmacie, a pochi metri l’ una dall’ altra: non è un buon segno. La durata media della vita è di otto anni più bassa di quella italiana. La gente non si cura e rincorre i malanni con le medicine. Le ricette valgono per tre mesi: nel mese della prescrizione e dell’ acquisto si tira di più la cinghia. Molti medici e infermieri emigrano, nella sanità la corruzione è capillare. Le paghe sono irrisorie, le pensioni derisorie. L’altro ieri hanno arrestato un ginecologo perché aveva chiesto per un parto troppo più della mancia corrente, e i genitori l’hanno denunciato: eccesso di corruzione. I pazienti si presentano all’ospedale con gli infimi gruzzoletti destinati a ciascuno, accettazione, infermiere, portantino, medico, fino all’anestesista aspettato su una barella dall’ operando nudo che tiene stretti i suoi lei nella mano, prima di addormentarsi. Come il morto antico, cui si metteva l’obolo sotto la lingua per pagare il traghettatore.
Per un mese, a gennaio scorso, in una Bucarest stretta nel gelo e altrove, ci furono manifestazioni di protesta di pensionati, lavoratori, giovani, tifoserie, e perfino la polizia si schierò dalla loro davanti al palazzo presidenziale. A far traboccare il vaso era stata la decisione governativa di privatizzare l’unico servizio efficiente, la medicina d’ urgenza, opera di un popolare medico di origine palestinese, Raed Arafat, che aveva perciò dato le dimissioni. La corruzione è universale, nella scuola, nella polizia, nel commercio, nel fisco, nei concorsi, e soprattutto nella politica, che ha tradotto le privatizzazioni, caldeggiate da Europa e Fondo Monetario senza troppi riguardi al modo di attuazione, in liquidazioni madornali delle risorse nazionali. Fra le accuse mosse al presidente della repubblica contestato, Traian Basescu, 61 anni, già capitano di marina mercantile, c’ è quella di aver svenduto brevi manu, da ministro dei trasporti, la flotta del paese. La situazione istituzionale romena è un pasticcio pittoresco. Il partito socialdemocratico (il nome non inganni: è l’ epigono del partito comunista), oggi guidato dal quarantenne Victor Ponta, ha ottenuto la maggioranza parlamentare grazie a un’ alleanza col partito nazional-liberale, e ha usato il governo per compiere una serie di colpi di mano sugli organi giudiziari e per mettere in stato di accusa e dichiarare decaduto Basescu, del partito democratico, ma già coinvolto anche lui, come chiunque avesse incarichi responsabili sotto Ceausescu, nelle reti della famigerata Securitate. La destituzione di Basescu è stata oggetto, lo scorso 29 luglio, di un referendum, come già nel 2007, quando vinse largamente: da allora la sua popolarità è crollata, per la spietatezza delle misure economiche imposte sul dettato di Fmi e Ue, per il fallimento dei proclami anticorruzione e per un atteggiamento giudicato arrogante e fazioso, incapace di favorire il dialogo fra le parti. Nel 2007 a una giornalista importuna disse: «Sporca zingara».
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Foto: Bucarest, Romania (Carlos Alvarez/Getty Images)