Qualcuno vuole comprarsi Mediaset?
L'azienda va male, le azioni sono care eppure la società continua a crescere in borsa: secondo i principali quotidiani potrebbe arrivare un compratore arabo (o russo)
Nell’ultimo mese, il valore di Mediaset in borsa è cresciuto di quasi il 26%: soltanto giovedì scorso il valore delle sue azioni è aumentato del 10%, mentre venerdì ha chiuso le contrattazioni della settimana crescendo di un altro 3%. Anche i volumi scambiati, cioè il numero delle azioni che sono passate di mano, sono stati significativi, pari al 4,5% del capitale azionario totale. Secondo quasi tutti i principali quotidiani, questi movimenti sul titolo preludono a un avvenimento storico: qualcuno si sta preparando ad entrare nella società e guidare il gruppo accanto alla famiglia Berlusconi.
Non è un avvenimento impossibile e nemmeno qualcosa a cui la famiglia Berlusconi potrebbe opporsi, se volesse. Mediaset, seimila dipendenti e 4,2 miliardi di ricavi nel 2011, è stata quotata alla borsa di Milano nel 1996 ed è controllata con circa il 40% delle azioni da Fininvest, la holding della famiglia Berlusconi. Circa la metà del resto del capitale è nelle mani del mercato (in gergo si chiama flottante), quindi è a disposizione di eventuali investitori che volessero entrare nella società.
Il titolo sarebbe appetibile, secondo i giornali, perché nell’ultimo anno (nonostante i rialzi di queste ultime settimane) è calato del 40%. Bisogna però intendersi sull’appetibile. Mediaset arriva da un periodo molto infelice (le azioni non calano del 40% senza motivo). L’operazione Mediaset Premium, ad esempio, si è dimostrata un fallimento, mentre l’audience rimane costante e gli investimenti pubblicitari continuano a diminuire.
Anche l’acquisizione di Endemol (la società olandese che produceva il Grande Fratello) si era rivelata un affare sbagliato. Mediaset comprò un terzo di Endemol nel 2007 per quasi tre miliardi di euro, ma la società era appesantita da debiti di cui non è riuscita a liberarsi. Dopo cinque anni passati praticamente senza guadagnare nulla dall’operazione, il gruppo Mediaset ha venduto le sue quote l’aprile scorso, riuscendo a rientrare del suo investimento iniziale.
A tutto questo bisogna aggiungere anche i problemi che affliggono Finivest, la società che controlla Mediaset. Nel luglio 2011 è stata costretta a pagare 560 milioni alla CIR di De Benedetti, come rimborso per il mancato acquisto della Mondadori negli anni ’80. Le casse di Finivest sono state svuotate, rendendo difficile effettuare nuovi investimenti nelle televisioni o realizzare acquisizioni strategiche.
Tutti questi fattori si riflettono nell’andamento del titolo nel corso dell’ultimo anno (-40%, appunto) e nell’andamento dei conti presentati dall’azienda alle ultime trimestrali (ogni azienda quotata è tenuta a rendere pubblici i suoi risultati al termine di ogni trimestre). Come è facile immaginare i risultati sono pessimi: in particolare, nell’ultimo trimestre gli utili netti sono calati del 73%.
In altre parole il titolo è calato, ma gli utili sono calati anche di più, quindi investire in Mediaset non sembra essere proprio conveniente. Mediobanca ha calcolato che al prezzo di questi giorni ci vorrebbero 33 anni come il 2012 per ripagare tramite i dividendi l’acquisto di un’azione Mediaset: un po’ troppo. Ciò che interessa a un investitore che comprare delle azioni è che l’azienda faccia utili e a fine anno li distribuisca agli azionisti, oppure che le azioni aumentino di valore, in modo da poterle rivendere e guadagnarci. Ma come abbiamo visto queste due eventualità sono improbabili per l’immediato futuro.
Può essere che in questi giorni alcuni investitori stiano approfittando dei prezzi molti bassi raggiunti da Mediaset nei mesi passati e che stiano guadagnando rivendendo le azioni che avevano comprato a pochi soldi, ma secondo gli operatori di borsa «i volumi che sta facendo Mediaset sono comunque difficili da spiegare». In realtà c’è un terzo modo con cui un investitore può guadagnare da un investimento in azioni. Un’azienda che va male, e che quindi non distribuirà utili e non vedrà le sue azioni crescere di valore, potrebbe cambiare il suo corso se venisse “riformata” al suo interno (con licenziamenti, riorganizzazioni o magari investimenti di nuovi capitali).
Ma ovviamente per fare questo l’investitore ha bisogno di contare qualcosa in azienda: non è possibile ottenere cambiamenti profondi nella società senza far parte dei suoi organi decisionali. L’ipotesi dei giornali italiani è quindi che un nuovo socio voglia affiancarsi alla famiglia Berlusconi e avere voce in capitolo per comandare sulla società, riorganizzarla e farla tornare a crescere. Ancora i giornali di questi giorni ipotizzano che si possa trattare di un emiro arabo (in particolare quello del Qatar che controlla Al Jazeera e ha già comprato la storica firma dell’alta moda Valentino) oppure un magnate russo, magari amico dell’amico Putin.
foto: AP Photo/Alberto Pellaschiar/files