Capire la scherma
Le cose da sapere per non limitarsi a guardare solo le lucine, la prossima volta
Il 5 luglio 2012 è uscito, per la casa editrice Isbn Edizioni, Olimpiadi, di David Goldblatt e Johnny Acton. Il libro è un’utile e rapida guida che dedica ogni capitolo a uno o più sport olimpici, spiegandone le regole, la storia e i motivi per cui seguirlo. Di seguito, il capitolo dedicato alla scherma. Su Bookrepublic si può acquistare il libro per intero a 8,99 euro o alcune sue parti a 0,99 centesimi, come quella dedicata alla ginnastica e alla scherma. Qui invece il capitolo sul sollevamento pesi tratto dal libro. Le gare di scherma alle Olimpiadi si sono concluse ieri, l’Italia come prevedibile ha raccolto un sacco di medaglie.
Scherma
28 luglio-5 agosto 2012
Excel Arena
Atleti: 212 | Medaglie d’oro in palio: 10
Presenza all’olimpiade
Uomini dal 1896, donne dal 1924.
Formato olimpico
In programma ci sono le gare individuali di spada, fioretto e sciabola per entrambi i sessi. Le prove a squadre sono il fioretto e la sciabola maschile e il fioretto e la spada femminile.
Favoriti
La scherma è lo sport che ha dato all’Italia il maggior numero di medaglie olimpiche (114, di cui 45 d’oro) e l’unico in cui gli azzurri comandano il medagliere assoluto dei Giochi. In campo femminile gli occhi saranno puntati sulla nostra Valentina Vezzali, alla sua quinta Olimpiade, che ha vinto le ultime cinque medaglie d’oro nel fioretto (3 individuali e 2 di squadra). Nella sciabola si prevede un acerrimo duello tra l’americana Mariel Zagunis, campionessa a Pechino 2008, e la giovane stella ucraina Olga Kharlan. In campo maschile i favoriti sono il cinese Lei Sheng e il giapponese Yuki Ota nel fioretto, il tedesco Jörg Fiedler nella spada e il suo connazionale Nicolas Limbach nella sciabola.
Medaglie d’oro ai giochi
Italia: 45
Francia: 41
Ungheria: 34
Perché guardare la scherma?
È difficile guardare la scherma senza pensare alla letteratura o al cinema. Il duello è stato tra i principali artifici drammatici dai tempi di Shakespeare ai romanzi storici come Il Conte di Montecristo, fino ai film di cappa e spada con Douglas Fairbanks Jr ed Errol Flynn. E sta proprio qui il problema: la maestria tecnica e la brevità degli assalti della scherma possono apparire incolori rispetto agli inverosimili svolazzi dei duelli sul grande schermo. Per guardare questo sport nel modo corretto occorre cambiare atteggiamento mentale. La scherma è un’arte marziale europea, l’elegante e purificato residuo di un codice aristocratico di condotta virile; non così purificato, tuttavia, da eliminare del tutto i pericoli, e nemmeno così aristocratico da evitare i tatticismi o gli imbrogli. Una volta adattato lo sguardo a questa forma straordinaria di combattimento rituale e riconosciuta la sua rarefatta bellezza, I tre moschettieri vi appariranno come un numero di varietà.
Storia della scherma
Espressione di una classe guerriera, i nobili medievali si servivano della spada per imporre i propri voleri. Dopo l’avvento della polvere da sparo, a tenere in vita la spada fu il suo ruolo di status symbol: esisteva un imponente corpo di leggi che stabiliva chi era autorizzato a portare armi in pubblico e chi no. Per chi era autorizzato a usarla, la spada divenne strumento per risolvere le dispute nell’aristocratico territorio dell’onore. La scherma, intesa come forma strutturata dell’arte del duello, si sviluppò in gran parte come servizio a questo culto spesso illegale.
Il più antico manuale di scherma europeo è un manoscritto tedesco risalente alla fine del Tredicesimo secolo, nel quale un personaggio monastico istruisce uno studente armato di spada e di un piccolo scudo rotondo. Nel Quindicesimo secolo l’avvento della stampa in Europa vide una proliferazione dei manuali di scherma: stampati a tirature superiori al migliaio di copie, diventarono i bestseller dell’epoca, con illustrazioni eseguite da autentici luminari come Dürer e Michelangelo.
Tra le opere più lette del Rinascimento ci fu Il Cortegiano di Baldassarre Castiglione, pubblicato a Venezia nel 1538. In questo manuale di istruzioni per le classi sociali, appena un gradino sotto rispetto al Principe di Machiavelli, Castiglione sottolineava che l’abilità con la spada era fondamentale nella vita del cortigiano, «perché a parte l’uso che ne deve fare in guerra… Capitano molte occasioni di disaccordo tra un gentiluomo e un altro, alle quali fa seguito un duello.»
La richiesta di istruzione era insaziabile, e nel Sedicesimo e Diciassettesimo secolo i maestri italiani rifornirono il mercato di tutta Europa. Achille Marozzo, autore dell’Opera Nova Chiamata Duello, analizzò le tecniche di stoccata e parata, mentre il Trattato di scientia d’arme di Camillo Agrippa definiva le posizioni (o guardie) che sono in uso ancora oggi. All’epoca l’Italia era un agglomerato di stati, ciascuno dei quali aveva la propria scuola di scherma, e fu soltanto nel 1890, una volta raggiunta l’unità, che venne concordato un solo stile e un insieme di regole. Da tempo però l’Italia era stata messa in ombra dalla Francia, uno stato centralizzato la cui aristocrazia si era dimostrata ancora più entusiasta in materia.
Quando Luigi XIII salì al trono all’inizio del Diciassettesimo secolo, il parco del Bois de Boulogne grondava del sangue degli aristocratici. Le regole sul duello permettevano anche ai secondi di sfidarsi tra loro, il che portava ad autentiche risse di massa a colpi di spada. L’ambasciatore britannico Lord Herbert scrisse in una lettera a casa: «Non esiste francese degno di nota che non abbia ucciso un rivale a duello». Persino il cardinale Richelieu non riuscì a eliminare i duelli, a dispetto degli editti da lui promulgati per bandirli. Fu solo quando Luigi XIV riunì l’aristocrazia francese sotto lo sguardo vigile dello stato al Palazzo di Versailles che si riuscì a esercitare un certo controllo. Nel mondo irregimentato del Re Sole, la scherma fu reinventata come pratica di corte. I duellanti venivano incoraggiati a intrattenere un dialogo tra lame piuttosto che una mischia caotica. Venne introdotto il fioretto, una spada più leggera, e ristretta l’area del corpo che era permesso attaccare. Malgrado questi accorgimenti le ferite abbondavano, e dopo che tre maestri di spada persero un occhio ai primi del Settecento furono introdotte le maschere.
Il processo di codifica fu completato nel Diciannovesimo secolo. Al sottobosco illegale ma diffuso dei duelli fu data una forma definitiva dal conte di Chateauvillard del Paris Jockey Club, nel suo conciso Essai sur le duel, pubblicato nel 1836. Il testo tecnico ufficiale della scherma venne fornito dallo Stato: nel 1877 il ministro della Guerra francese pubblicò il suo biblico Manuel d’Escrime, che dominò la pratica della scherma per oltre mezzo secolo.
Verso la fine del Diciannovesimo secolo la scherma aveva assunto una forma simile a quella attuale, con armi, rivestimenti protettivi e regole che erano in linea di massima equiparabili a quelle odierne. La scherma agonistica si diffuse nei più esclusivi club cittadini. I maestri di scherma davano lezioni e combattevano in esibizioni di gala davanti a migliaia di spettatori danarosi. Ma l’emergere della scherma come sport non necessitava soltanto di nuove regole e tecnologie che la rendessero un’attività non letale (e meno suscettibile di imbrogli), ma anche della soppressione dell’ambiente militare e aristocratico in cui era stata forgiata. La Prima guerra mondiale raggiunse entrambi gli scopi.
Fondamentali della scherma
Gli incontri di scherma consistono in tre segmenti di tre minuti, combattuti su una pedana la cui larghezza dev’essere compresa tra 1,5 e 2 metri. Gli schermidori si aggiudicano i punti quando colpiscono la zona bersaglio del loro avversario, che varia a seconda dell’arma utilizzata. Vince chi si aggiudica più stoccate, e in caso di parità viene disputato un minuto supplementare. Prima del tempo supplementare viene sorteggiato quale dei due atleti vincerà in caso di nuovo pareggio, per obbligare gli schermidori a essere aggressivi.
Penalità
Si possono assegnare penalità in caso di spinte, utilizzo delle mani per deviare i colpi o rifiuto di salutare l’avversario. Gli arbitri assegnano un cartellino giallo e un’ammonizione alla prima infrazione, poi un cartellino rosso e un punto di penalità e alla terza violazione un cartellino nero che indica la squalifica. È vietato respingere la lama con il braccio, ma si tratta di una pratica diffusa: la scherma di alto livello è talmente rapida che difficilmente gli arbitri se ne accorgono.
La scelta
Nella scherma olimpica e internazionale si utilizzano tre tipi di armi, cui dell’arma si applicano regole diverse.
Fioretto
La più leggera e flessibile delle spade fu inventata nella Francia del Diciottesimo secolo a scopo di allenamento. Sono validi solo i colpi portati con la punta e solo sul torso.
Spada
Più simile alla tipica arma da duello del Diciannovesimo secolo, la spada può colpire qualsiasi parte del corpo ma solo con la punta; questo perché in origine questo stile era destinato a provocare sangue ma non a uccidere.
Sciabola
Derivata dalle spade dei cavalleggeri e da armi da duello come lo stocco, la sciabola è progettata per tagliare e squarciare più che per colpire di punta. Si può colpire con qualsiasi parte dell’arma qualsiasi parte del corpo, ma solo dalla vita in su (compresa la maschera e la schiena).
Punteggio elettronico
Nella scherma il calcolo del punteggio è reso difficile dalla rapidità dell’azione. Nelle prime competizioni olimpiche, per individuare i colpi si tentò con scarso successo di utilizzare spade con la punta inchiostrata o fatte in modo da scalfire il corpetto dell’avversario. La spada elettrica venne introdotta per la prima volta ai campionati europei del 1935 e fu considerata un vero successo. L’equivalente nel fioretto arrivò nel 1955 mentre la sciabola ha dovuto attendere fino al 1988.
Gare a squadre
Le squadre sono composte da tre elementi che duellano con tutti e tre gli elementi della squadra avversaria. Per stabilire il vincitore si sommano i colpi totali di tutti gli incontri.
Le finezze
Chi colpisce chi? La priorità
Se entrambi gli schermidori mettono a segno un colpo contemporaneamente, a chi viene assegnato il punto? Per risolvere questo problema, nel fioretto e nella sciabola esiste la regola della priorità: il duellante che attacca per primo ha la priorità, e in genere si aggiudica il punto. Chi si difende può ottenere la priorità e diventare attaccante se il colpo dell’avversario fallisce, ma deve esercitarla in fretta altrimenti la perde. Se non è possibile stabilire a chi spetti la priorità, il punto non viene assegnato. Nella spada, dove la priorità non esiste, se ci si colpisce contemporaneamente entro un venticinquesimo di secondo il punto viene assegnato a entrambi, a meno che il punteggio sia in parità e manchi un punto alla vittoria: in questo caso, il punto non viene assegnato a nessuno.
Un po’ di tecnica
Quando la stoccata è stata assegnata e l’assalto interrotto, i giudici descrivono l’azione vincente in termini tecnici. Gli stessi termini verranno utilizzati dai telecronisti, quindi tanto vale saperli.
Attacco: la prima azione offensiva.
Parata: una difesa vincente con deviazione della lama dell’attaccante.
Risposta: l’attacco che segue una parata vincente.
Rimessa: l’attacco portato, senza ulteriore avanzata, immediatamente dopo un proprio attacco fallito.
Raddoppio: l’attacco portato a un avversario che abbia perso la priorità per inazione o lentezza.
Armi e stili
Fioretto
Rigidamente disciplinati dalle regole di priorità, gli assalti nel fioretto sono molto tecnici; movimenti brevi e rapidi sono basilari per assicurarsi un vantaggio.
Spada
Il duello di spada è il più simile nello stile a quello classico: il bersaglio è l’intero corpo, e sono ammesse le collisioni. Il contrattacco è spesso lo stile preferito. Vedrete gli schermidori più intenti a provocare un attacco che non a lanciarlo, per poi rispondere al primo spiraglio utile.
Sciabola
Dato che è permesso colpire con qualsiasi parte della lama e le parate risultano difficili, la difesa nella sciabola è più un lavoro di gambe e di posizione. Potendo colpire sia di taglio che di punta il duello è più spettacolare, ed è inoltre ammessa la flèche o «frecciata»: un attacco nel quale il corpo è decisamente inclinato in avanti con il braccio armato slanciato e l’altro disteso all’indietro.
La scherma alle Olimpiadi
La scherma è uno dei quattro sport che è apparso a ogni edizione dei Giochi, anche se le sue regole vennero stabilite solo nel 1913 quando nacque la Fie (Fédération internationale d’escrime). Prima di questa data la scherma alle Olimpiadi fu una presenza stravagante. Diversamente dalle altre discipline, esistevano gare separate per amatori e maestri di scherma, che venivano considerati come una categoria di professionisti a sé stante e quindi ammissibile. C’erano inoltre gare cui prendevano parte entrambi i gruppi, in una sorta di scherma pro-am ante litteram. Furono proprio due maestri, Antonio Conte e Italo Santelli, ad aggiudicarsi le prime medaglie italiane: i due vinsero oro e argento nella sciabola per maestri ai Giochi di Parigi 1900. Al fioretto, presente sin dal 1896, si aggiunsero ben presto spada e sciabola, ma nel 1904 si sperimentò anche la scherma con bastone (i duellanti utilizzavano bastoni di legno) mentre nelle Olimpiadi non riconosciute del 1906 furono assegnate medaglie per la disciplina poco ortodossa della sciabola a tre punte. Nel 1904 gli schermidori cubani vinsero l’oro nel fioretto e nella spada individuali, ma dovettero ingaggiare un newyorchese per mettere insieme il terzetto che vinse l’unica medaglia olimpica di una squadra mista.
Negli anni Venti la spada era ancora più una vocazione che uno sport, come testimonia l’epopea dei fratelli Nadi di Livorno. Educato a quest’arte sin da piccolo, Nedo Nadi vinse la gara di fioretto a Stoccolma (battendo in finale l’altro italiano Pietro Speciale), e prima di diventare professionista collezionò altri cinque ori ad Anversa 1920 (fioretto e sciabola individuale, quest’ultima battendo in finale il fratello Aldo, e tutte e tre le medaglie a squadre). Il suo record di ori in una sola Olimpiade resistette oltre cinquant’anni, finché Mark Spitz non ne vinse sette nel nuoto a Monaco 1972. I fratelli Nadi formarono una coppia protagonista di una fortunatissima serie di incontri di esibizione. Nedo Nadi fece una vita da playboy itinerante e andò persino a Hollywood, dove allenava alla scherma le stelle del cinema e allestiva le coreografie dei duelli.
Le Olimpiadi del 1924 videro l’ultima gara sfociare in un duello vero e proprio. Negli ultimi turni della gara di sciabola divenne evidente l’arrendevolezza degli schermidori italiani nei confronti del beniamino della squadra Oreste Puliti, in modo da facilitargli il cammino verso le medaglie. Questa tattica fu denunciata dal giudice francese Lajoux e da quello ungherese Kovacs. Puliti reagì minacciandoli entrambi e venne squalificato. Puliti e Kovacs si ritrovarono il giorno dopo alle Folies Bergères, e nel locale il diverbio si fece violento tanto da richiedere soddisfazione. I due si incontrarono a novembre sul confine italo-jugoslavo e duellarono per un’ora abbondante, ferendosi seriamente prima che l’incontro venisse fermato. Puliti vinse comunque l’oro nella sciabola a squadre, a cui per l’Italia si aggiunse il bronzo nella spada a squadre.
Nel periodo tra le due guerre la scherma esercitò una forte attrazione nei confronti delle élites fasciste europee, vista la loro predilezione per gli sport sanguinosi, il culto della guerra e il medioevo. Oswald Mosley incoraggiò i fascisti britannici ad abbracciare il fioretto e il generale Franco era un entusiasta spadaccino; quanto a Reinhardt Heydrich, vice di Himmler nelle SS, era talmente ossessionato dalla scherma da impadronirsi dell’archivio della FIE in Belgio e portarlo nel suo ufficio di Berlino, da cui intendeva governare lo sport a livello internazionale. Mussolini aveva un debole per i duelli sin da quand’era giornalista, e una volta al potere gli piaceva farsi vedere dai giornalisti stranieri mentre si esercitava. Sotto il suo governo la squadra di scherma italiana ottenne un sostegno notevole, e il dittatore arruolò come allenatore Nedo Nadi (a dispetto delle sue posizioni antifasciste). I risultati furono comunque eccellenti, visto che tra Amsterdam 1928 e Berlino 1936 gli azzurri vinsero altre 22 medaglie. La particolare maestria ungherese nella sciabola (l’Ungheria si aggiudicò tutti gli ori della disciplina dal 1924 al 1964, salvo gli ori a squadre del 1924 e del 1964) si forgiava nelle salles e nei club ultranazionalistici dell’esercito.
Dopo la Seconda guerra mondiale, il predominio di Francia e Italia si ridusse. La Germania Ovest divenne una potenza schermistica tra la fine degli anni settanta e l’inizio degli ottanta, grazie al suo maniacale capo-allenatore Emil Beck, ma il cambiamento forse più significativo nel mondo della scherma si verificò dopo la soppressione della rivolta del 1956 in Ungheria, la nazione che dominava la sciabola dagli anni venti. Il successivo esodo degli schermidori più importanti portò alla fondazione di nuove scuole in Svezia, Polonia, Romania e (ironia della sorte) Unione Sovietica; una tradizione lasciata in eredità alla Russia, che al giorno d’oggi è tra le nazioni più forti. L’Italia è comunque rimasta una nazione guida nella scherma: basti pensare che è andata sul podio in tutte le Olimpiadi dal 1912 al 2008, e che dal 1948 a oggi soltanto in tre edizioni ha terminato i Giochi senza vincere una medaglia d’oro. Il personaggio di maggiore spicco del Secondo dopoguerra è stato senz’altro Edoardo Mangiarotti, che con 13 medaglie vinte tra il 1936 e il 1960, sei delle quali d’oro, è a tutt’oggi l’atleta italiano (e il quarto in assoluto) salito più volte su un podio olimpico.
Il fioretto individuale è stata l’unica gara in campo femminile dal 1924 al 1960, quando venne introdotta la gara a squadre. La spada è stata aggiunta solo nel 1996, seguita dalla sciabola nel 2004. Anche se Stati Uniti, Svizzera e Cina hanno vinto diverse medaglie, le nazioni dominanti in campo femminile sono rimaste le solite. In Italia, prima dell’avvento della «scuola jesina» di Giovanna Trillini e Valentina Vezzali (che nel fioretto ci ha regalato quattro ori individuali e tre a squadre dal 1992 al 2008) meritano una citazione la triestina Irene Camber, prima donna italiana a vincere un oro nella scherma a Helsinki 1952, e la veneziana Antonella Ragno, vincitrice del bronzo a squadre nel 1960 e nel 1964 e dell’oro individuale nel fioretto a Monaco 1972.