Quanto si può ancora migliorare il record dei 100 metri?
È molto difficile fare previsioni, spiega BBC Future: e guardare ai record passati non aiuta
A Londra sono iniziate stamattina le gare di qualificazione per i 100 metri piani, una delle prove più seguite dei Giochi Olimpici: il record in questa specialità dell’atletica leggera è sicuramente il più noto nel mondo dello sport. Il giornalista scientifico Ed Yong ha pubblicato qualche giorno fa sul sito della BBC un articolo in cui cerca di capire se l’uomo possa o meno scendere al di sotto dei 9 secondi netti sui 100 metri, una domanda che ricorre spesso – una volta battuta la soglia, ancora più simbolica, dei 10 secondi – e soprattutto prima delle gare olimpiche, in cui molti dei velocisti che partecipano puntano a migliorare il record del mondo.
Il record attuale dei 100 metri è di 9”58, ed è stato fissato dal giamaicano Usain Bolt il 16 agosto del 2009, durante i campionati del mondo di atletica leggera di Berlino. In quella occasione, Bolt migliorò il record che lui stesso aveva fissato a Pechino, durante le Olimpiadi del 2008, e che era di 9”69. Un miglioramento molto ampio, di oltre un decimo di secondo, che potrebbe far sperare in una ulteriore possibilità di abbassamento proprio durante le gare di questi giorni.
Ma secondo Yong, per capire se per un uomo sia possibile o meno scendere sotto i 9 secondi è inutile basarsi sulla progressione dei record precedenti e tentare di prevedere i prossimi. Anche perché, scrive Yong, questa progressione non è prevedibile e, come si nota dall’osservazione dei dati, non è affatto lineare. Tra il 1991 e il 2007, scrive Yong, ci sono stati otto atleti che hanno abbassato il record, portandolo da 9”90 – fissato nel 1990 dallo statunitense Leroy Burrell – a 9”74, stabilito dal giamaicano Asafa Powell nel 2007: sedici centesimi di secondo in 16 anni. Usain Bolt, invece, ha abbassato il record della stessa misura, sedici centesimi di secondo rispetto al record di Powell, ma l’ha fatto in soli due anni e, soprattutto, da solo.
Sono stati fatti alcuni tentativi di stabilire quale sia il limite massimo che l’uomo può raggiungere, in base alle sue caratteristiche fisiche. Un matematico iraniano che lavora negli Stati Uniti, Reza Noubary, l’aveva calcolato a 9”44 nel 2008 (poco prima delle Olimpiadi di Pechino). Secondo un altro matematico, John Barrow, dell’Università di Cambridge, il record di Usain Bolt può essere ancora migliorato lavorando su tre fattori: la reattività di partenza ai blocchi, l’intensità del vento a favore e l’altitudine della pista dove si svolge la gara, sfruttando in questo caso la minor densità dell’aria man mano che la quota aumenta.
Tralasciando i fattori ambientali come il vento e l’altitudine, per capire fin dove il corpo di un uomo può spingersi nella velocità sui 100 metri bisogna analizzare, secondo Yong, il funzionamento fisico delle gambe dei corridori. Ma questo è un campo in cui le misurazioni e, di conseguenza le ipotesi, sono molto complicate. Secondo Peter Weyand, della Southern Methodist University, «è molto più difficile ottenere dei dati sulla meccanica dello sprint piuttosto che di prove di resistenza o di forza». Questa difficoltà è dovuta in parte alla rapidità delle gare, e quindi poco tempo per fare le misurazioni, ma soprattutto, scrive Yong, dal fatto che la dinamica di questo tipo di corsa è molto complessa.
Weyand divide il movimento della gamba di un corridore in due fasi: la fase aerea e quella in cui il piede è a contatto con il terreno. La prima dura circa un terzo di secondo e, contrariamente a quello che si può pensare, è abbastanza irrilevante. Scrive infatti Weyand:
[La durata della fase aerea] è la stessa sia per Bolt che per la nonna. Certamente la nonna non può correre alla velocità di Bolt, ma, correndo alla sua massima velocità, riposizionerebbe il suo piede a terra alla stessa velocità di Bolt.
L’unica eccezione ammessa a questo limite biologico sarebbe, secondo Weyand, quella di Oscar Pistorius, l’atleta sudafricano che corre su due protesi di carbonio. Queste, essendo più leggere di un polpaccio umano, garantirebbe a Pistorius di essere più veloce del 20 per cento nel movimento aereo, sia di Bolt che della nonna.
(La prima volta di Oscar Pistorius alle Olimpiadi)
La parte decisamente più importante della movimento della gamba di un velocista è quella in cui il piede tocca per terra, esercitando una forza maggiore a seconda della potenza e dell’allenamento dell’atleta in questione (è qui che la nonna e Bolt sono incomparabili). Quindi, scrive Yong, per aumentare la velocità e, di conseguenza, cercare di abbassare ulteriormente il record mondiale, i corridori possono lavorare su questa fase, cercando alternativamente di aumentare la forza che imprimono ad ogni passo sul terreno, oppure di esercitare la stessa forza aumentandone il tempo di esercizio.
Aumentare il tempo di esercizio della forza che si imprime sul terreno è praticamente impossibile, dice Yong, mentre si può intervenire direttamente sulla forza impressa dal piede. Resta però un problema di fondo, che sembra decisamente difficile da superare e che rende in definitiva impossibile fare previsioni.
Dice Weyand:
Semplicemente, non abbiamo la capacità di calcolare la forza impressa sul terreno a partire dai movimenti del corpo. E anche se i muscoli di un velocista fossero potenziati attraverso l’uso di sostanze dopanti, noi non avremmo modo di calcolare a che velocità andrebbero le gambe del velocista in questione.
Foto: Ian Walton/Getty Images