I fortunati padri svedesi
Il governo vuole arricchire ancora le già avanzate norme sul congedo di paternità: «I padri non sono uomini delle caverne»
La Svezia è uno dei paesi al mondo più avanzati in materia di paternità. Lo stato svedese permette ai neo-padri di astenersi dal lavoro per un periodo che va da un minimo di due a un massimo di otto mesi. I padri possono usufruire del congedo – che può essere anche suddiviso in ore, giorni e mesi – dalla nascita del bambino fino al suo ottavo anno di età. Il periodo minimo necessario per avere le agevolazioni del governo è due mesi, e negli ultimi tempi si sta discutendo se aumentarlo a tre. I padri in congedo ricevono dallo stato l’80 per cento dello stipendio. I cosiddetti latte dads – come in Svezia vengono chiamati gli uomini che usufruiscono del congedo – sono sempre più diffusi e il Parlamento sta pensando di introdurre nuove norme perché siano ancora di più.
La Svezia fu il primo paese al mondo a convertire il congedo di maternità in congedo parentale, nel 1974. L’obiettivo era incoraggiare le donne a lavorare e raggiungere la parità tra i sessi nel livello di occupazione. I padri che se ne servivano erano soltanto il 6 per cento del totale, percentuale che rimase invariata fino agli anni Novanta. Nel 1995 venne introdotto il congedo di paternità: nessun padre era obbligato a restare a casa ma se non lo faceva la famiglia perdeva un mese di sussidi. In poco tempo otto uomini su dieci presero il congedo. Nel 2002 la durata del congedo venne estesa a tredici mesi, di cui due erano riservati ai padri e non potevano essere trasferiti alle madri. La misura non aumentò molto il numero di uomini che decidevano di restare a casa, ma raddoppiò – almeno – il periodo di tempo in cui lo facevano. Al momento il governo incoraggia i genitori con ulteriori incentivi perché dividano equamente il tempo del congedo, che nel frattempo è arrivato a 480 giorni.
Le misure del governo svedese hanno funzionato: ora la maggioranza dei padri usufruisce del congedo e circa il 72 per cento delle donne ha un impiego, part time o a tempo pieno. La media europea dei padri che sceglie di stare a casa è del 30 per cento mentre in Svezia è del 69 per cento e così in Finlandia, altro paese all’avanguardia in queste politiche. In Italia, dove i dati si riferiscono ancora al congedo parentale facoltativo, la percentuale dei padri che resta a casa con i figli è del sette per cento, una soglia che si abbassa al tre per cento in caso occupino posizioni dirigenziali.
Non è facile stabilire quanto il congedo di paternità costi allo stato svedese. Un rapporto pubblicato dalla Organization for Economic Cooperation and Development (OECD) ha stimato che il costo è pari almeno allo 0,8 per cento del prodotto interno lordo (3,7 miliardi di dollari nel 2007). Si è molto discusso se introdurre il terzo mese di congedo riservato ai padri anche nella riunione annuale del Folkpartiet Party (che fa parte della coalizione di centro destra ora al governo). Alla fine il partito ha bocciato l’idea ma il numero di politici favorevoli è in costante aumento. «I padri non sono più uomini delle caverne con la clava, ma uomini che assumono responsabilità sempre maggiori nei confronti della casa e della famiglia», ha scritto la dirigente del partito Lisbet Enbjerde in un editoriale sul quotidiano svedese Helsingborgs Dagblad. Jeanette Skijle, direttrice delle risorse umane della multinazionale dell’abbigliamento H&M, ha commentato: «La nostra azienda non fa alcuna differenza se a restare a casa dopo la nascita di un figlio è una madre o un padre. Se lo stipendio di un dipendente supera i limiti previsti dal programma governativo, allora l’azienda provvede a integrare la differenza».
In Italia la legge di riforma del mercato del lavoro del ministro Elsa Fornero (entrata in vigore il 18 luglio) ha introdotto per la prima volta in Italia il congedo di paternità obbligatorio. La legge prevede, per ora in via sperimentale e solo per gli anni 2013-2015 , che entro i primi cinque mesi di vita del bambino il padre abbia il diritto di astenersi dal lavoro per un giorno. Sono poi possibili altri due giorni di sostituzione continuativa, che vengono sottratti ai giorni di congedo che spettano alla madre. Per tutti e tre i giorni non è prevista alcuna decurtazione dello stipendio. La novità per l’ordinamento italiano sta nel riconoscere al padre il diritto esclusivo di restare a casa da lavoro in occasione della nascita di un figlio.
Il congedo di paternità non va confuso con l’istituto del congedo parentale, anche questo facoltativo, che permette ai genitori di stare a casa fino agli otto anni del bambino, per un periodo complessivo tra madre e padre di 10 mesi, elevato a 11 se il padre ne prende almeno 5 (e comunque con un limite di 6 mesi per la madre e 7 per il padre). Durante questi mesi l’indennità è pari al 30 per cento dello stipendio fino ai tre anni del bambino, successivamente il congedo non dà diritto a indennità. Alcuni contratti collettivi prevedono condizioni migliori (per esempio un mese con indennità al 100% per il pubblico impiego). Per tutto il periodo successivo, l’indennizzo spetta solo a chi è sotto una certa soglia di reddito. In caso di grave infermità o morte della madre o di affidamento esclusivo del bambino al padre, l’ordinamento prevede il diritto al congedo di paternità in sostituzione del congedo di maternità. Solo in questo caso l’indennità percepita coincide con quella del congedo di maternità obbligatorio, pari all’80 per cento dello stipendio.
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