La lettera di Saviano a Marina Berlusconi
«Stupisce il suo risentimento. Stupisce perché sono anni che la comunicazione dei giornali di famiglia si affida a titolazioni violente volte a terrorizzare i nemici»
Oggi su Repubblica, Roberto Saviano risponde alla lettera pubblicata ieri dal Giornale in cui Marina Berlusconi – presidente di Fininvest e Mondadori, figlia di Silvio Berlusconi – si sfogava per la sua convocazione a Palermo da parte della procura e per il trattamento mediatico riservato alla vicenda. Marina Berlusconi è stata sentita dalla procura come persona informata sui fatti e persona offesa nell’ambito dell’indagine sulla presunta estorsione a Silvio Berlusconi da parte di Marcello Dell’Utri. Saviano aveva già polemizzato con Marina Berlusconi in passato, quando ricevendo una laurea honoris causa in Giurisprudenza aveva dedicato il riconoscimento ai magistrati della procura di Milano che indagavano sul caso Ruby. Gomorra, il libro più conosciuto di Saviano, è pubblicato da Mondadori.
Una persona informata sui fatti convocata dall’autorità giudiziaria è tenuta a presentarsi. Marina Berlusconi, citata dal tribunale di Palermo era tenuta a fare la sua deposizione senza aggiungere altro.
Per lei e la sua famiglia, anche se in estremo ritardo, è giunto il momento di rispettare le istituzioni. Ma la sua famiglia pretende dall’amministrazione della giustizia quel rispetto che mai ha voluto darle. Pretende dagli organi di informazione ciò che mai ha voluto riconoscere agli avversari politici: il rispetto della persona, il rispetto delle idee. La sua famiglia si è fatta “Istituzione” essa stessa, guardando più che a Occidente all’Oriente degli amici di famiglia: Putin, Lukasenko e Gheddafi. Lei dichiara che la procura di Palermo l’ha convocata per avere notizie su un conto cointestato del quale non ricordava nulla, che non ha mai utilizzato. Immagino sappia che per molto meno eserciti di scherani hanno diffamato, mediaticamente massacrato, sbattuto in prima pagina persone la cui unica vera colpa era essere entrati in conflitto con suo padre.
Lei che attraverso gli organi di informazione della sua famiglia contribuisce a creare un quadro inesistente della realtà, lei che con il suo approccio familistico ha fatto della comunicazione editoriale una estensione delle stanze di casa sua; lei chiede rispetto per sé non come persona, ma in quanto “Istituzione”. Per il solo fatto di essere la figlia di Silvio Berlusconi. Il cittadino, convocato a comparire innanzi all’autorità giudiziaria, si presenta senza discutere e dovrebbe farlo soprattutto se è la figlia “di un cittadino più uguale degli altri”.
Eppure lei si lamenta per il trattamento che ha avuto dalla stampa, cosa singolare per un editore. Lei fa comunicazione o meglio fa fare comunicazione. Stupisce il suo risentimento. Stupisce perché sono anni che la comunicazione dei giornali di famiglia si affida a titolazioni violente volte a terrorizzare i nemici con storie private per aggredire chiunque sia contro suo padre. Si potrebbe fare un elenco infinito di tutte le volte che i nemici di suo padre sono stati screditati dalla galassia mediatica che a lui fa capo. Notizie infondate, dettagli falsi, raccolte di firme contro chi raccontava qualcosa che dava fastidio al governo in carica. Lei si lamenta di qualcosa che ha fortemente contribuito a creare e da editore dovrebbe sapere che il disegno della comunicazione, lo stile, la qualità, si costruisce quotidianamente con il proprio lavoro o quel rispetto che ora pretende vale solo per sé?