Da dove arrivano i guai della Sicilia
Lavoce.info ricostruisce le cause e gli eventi che hanno portato la regione al rischio fallimento
Ieri il presidente della Regione Sicilia, Raffaele Lombardo, ha incontrato a Roma il presidente del Consiglio, Mario Monti, per confrontarsi sul dissesto finanziario della Sicilia. Lombardo ha confermato che a fine mese rassegnerà le proprie dimissioni e da giorni si discute dell’effettivo stato dei conti in Sicilia, su cui restano ancora molti dubbi. Su Lavoce.info, Floriana Cerniglia e Pasquale Hamel hanno messo insieme le cose che si sanno sul rischio fallimento, ricostruendone anche la cause.
Negli ultimi giorni si è discusso molto di un possibile commissariamento della Regione siciliana. Ma qual è la situazione reale? Intanto, lo Statuto speciale assegna competenze molto ampie, per il cui esercizio sono previste risorse altrettanto elevate. Ma la gestione che ne è stata fatta nel corso degli anni ha portato alle attuali difficoltà di cassa e pregiudica anche la situazione futura. Se guardiamo i dati relativi al bilancio di competenza della Regione per l’esercizio finanziario 2012 si riscontrano ancora molte opacità e un peggioramento dei conti.
Anche se da tempo se ne parlava, è stata soprattutto l’intervista dell’ex presidente della Confindustria siciliana a portare sulle prime pagine dei giornali la gravissima situazione in cui versa la Regione siciliana. Sull’argomento è intervenuto anche il presidente del Consiglio, Mario Monti, alimentando le voci di un commissariamento della Regione che, giuridicamente, appare impraticabile. Senza entrare nelle polemiche politiche, ci pare opportuno offrire un quadro il più chiaro possibile della situazione reale.
La specialità della Regione
La Regione siciliana, il cui Statuto fu approvato con legge costituzionale, è, per le competenze di cui è titolare, la “più speciale” fra le regioni a statuto speciale: solo la Sicilia è intestataria della cosiddetta competenza esclusiva nelle materie di cui all’articolo 14 e 15 dello Statuto, l’esercizio del potere legislativo trova solo il limite dei principi costituzionali e delle leggi di grande riforma. Competenze, dunque, molto ampie in materie decisive nella vita della Regione. Il loro esercizio comporta un notevole impegno finanziario, e lo stesso Statuto ha previsto un regime di finanziamento adeguato. La Regione è titolare di un proprio patrimonio, che è poi quello che lo Stato le ha trasferito, ma ha anche autonomia tributaria e, con l’eccezione delle imposte di produzione e delle lotterie e dei tabacchi, tutte le imposte esatte nel territorio siciliano sono riversate nelle casse della Regione. A completamento del quadro, bisogna considerare l’articolo 38, il fondo di solidarietà nazionale, che prevede un versamento annuo dallo Stato alla Regione, il cui ammontare avrebbe dovuto compensare la minore entità dei redditi di lavoro in Sicilia rispetto alla media nazionale. Il parametro, che avrebbe dovuto regolare il versamento, si è rivelato di difficile calcolo ed è stato quindi contrattato anno su anno portando nel tempo nelle casse della Regione una quota rilevante di risorse. Negli ultimi anni è stato comunque via via ridotto. Se a questo si aggiungono i fondi destinati a specifici scopi e quelli comunitari nel quadro delle politiche di coesione, appare chiaro che la Sicilia avrebbe potuto avere quanto necessario per assolvere la sua missione.Ma come è stata utilizzata l’autonomia?
Quanto oggi si registra, attraverso gli atti ufficiali, conferma invece che l’istituzione regionale siciliana non solo è afflitta da una contingente crisi di liquidità, ma che questa crisi può divenire cronica considerato l’uso non prudente con cui sono state amministrate le risorse nel corso degli anni. A volere indicare le criticità della gestione, si potrebbero riempire pagine intere: si tratta di primati negativi che s’inanellano l’uno dopo l’altro, a cominciare dall’espansione dell’area dell’occupazione pubblica improduttiva, portando oltre il limite delle compatibilità finanziarie i conti della Regione.