Perché lo spread non è un problema per la Francia?
I titoli di stato francesi vanno alla grande, nonostante l'economia vada male, e perché questo potrebbe essere un bene anche per Italia, Spagna e Grecia
di Davide Maria De Luca
Pochi giorni fa, il Wall Street Journal notava che, mentre tutti si concentrano sugli spread italiani e spagnoli e sui rendimenti negativi dei titoli tedeschi e olandesi (rendimenti negativi significa che, comprando un titolo di stato, alla sua scadenza si riceve meno dei soldi sborsati per comprarlo), in pochi hanno commentato il crollo nel rendimento dei titoli di stato francesi e belgi.
Fino a qualche mese fa, secondo gli analisti, Francia e Belgio avrebbero dovuto fare la fine di Spagna e Italia. Cioè avrebbero dovuto avere spread in aumento, difficoltà a finanziarsi sui mercati finanziari, aumento delle tasse per pareggiare le entrate e quindi una nuova recessione. Sorprendendo quasi tutti negli ultimi mesi, i titoli di stato francesi e belgi si sono accodati ai rendimenti di quelli di Germania e Olanda.
Ad esempio, i titoli biennali francesi oggi rendono lo 0,12% (e i titoli decennali hanno uno spread su quelli tedeschi stabile intorno ai 100 punti base). I titoli biennali belgi rendono appena di più: lo 0,24%. Per fare un paragone, i titoli biennali spagnoli oggi rendono il 5,75%. Eppure le economie di Belgio e Francia sono molto lontane da avere i brillanti risultati dell’economia tedesca.
La Francia ha perso sei mesi fa la sua storica tripla A. Per il 2012 si prevede un rapporto deficit/PIL (cioè quanto lo stato spenderà più di quanto incassa in rapporto al PIL) intorno al 4,5% (in Italia le previsioni sono del 2,6%). La Francia nel 2012 sostanzialmente non crescerà, visto che le previsioni, ribassate a luglio, prevedono un aumento del PIL dello 0,4%. La disoccupazione arriverà quasi al 10% a fine 2012 (in Germania è a poco più del 5%) mentre la disoccupazione giovanile ha già oltrepassato la soglia del 20% (in Germania è alla metà). Il nuovo governo di Hollande intanto ha annunciato nuove tasse, soprattutto sui più ricchi. Tasse che, secondo gli analisti, avrebbero dovuto spaventare i mercati.
Il Belgio va ancora peggio. Nel 2012 per la prima volta nella storia il suo debito pubblico arriverà al 100% del PIL (un livello “italiano”, visto che il nostro debito pubblico è al 120% del PIL). La causa principale, scrive il WSJ, è il secondo salvataggio che il governo dovrà effettuare nei confronti della banca franco-belga Dexia, parzialmente nazionalizzata a fine 2011. La crescita del paese è ferma, mentre la disoccupazione arriverà a fine 2012 all’8%.
Il fatto, spiega un analista al WSJ, è che oramai non stiamo più assistendo a un fenomeno di “fuga verso la sicurezza” (quei momenti di grave incertezza sui mercati in cui ci si rifugia acquistando soltanto obbligazioni di paesi ritenuti invincibili), ma di “fuga verso la sicurezza relativa”. In altre parole, con i titoli tedeschi che praticamente non fanno guadagnare più nulla e con la Banca Centrale Europea che ha abbassato allo 0% il tasso con cui remunera i depositi “overnight” (cioè che durano una notte soltanto), gli investitori stanno cercando nuovi strumenti dove investire il proprio denaro.
Di questa situazione stanno beneficiando i paese semi-core (“quasi al centro”), cioè Francia e Belgio, che assicurano ancora un rendimento ai loro titoli di stato e in più sono percepiti come abbastanza sicuri. In particolare, gli investitori ritengono che la Francia sia “troppo grande per fallire” e che se fosse nei guai i tedeschi abbandonerebbero ogni resistenza a un massiccio intervento della BCE per salvare il paese (sotto forma, per esempio, di eurobond).
Qualche settimana fa Mario Seminerio, nel suo blog Phastidio.net, aveva segnalato la strana situazione dei titoli di stato francesi. Seminerio aveva ipotizzato la presenza di una forza distorsiva al centro dell’Europa: la Banca centrale svizzera. A causa della crisi l’euro sta rapidamente calando di valore rispetto alle altre valute. Questo però può rappresentare un vantaggio per le esportazioni (se la moneta di un paese scende di valore i suoi prodotti saranno più economici per quei paesi la cui moneta invece resta stabile).
Questa situazione è potenzialmente dannosa per la Svizzera, un paese per cui le esportazioni sono fondamentali e la cui moneta invece tende ad aumentare di valore. La Banca centrale svizzera sta quindi acquistando moltissimi euro, con lo scopo di tenere il franco svizzero agganciato al cambio di 1,20 euro (le monete infatti rispondo alle leggi della domanda e dell’offerta: se qualcuno compra molti euro con una moneta, in questo caso il franco svizzero, il valore dell’euro rispetto a quella moneta salirà o comunque tenderà a restare stabile se è in un periodo di deprezzamento). Seminerio ipotizza che la Banca centrale svizzera abbia acquistato titoli francesi con gli euro che sta accumulando (perché, come dice il WSJ, sono più convenienti di quelli tedeschi), tenendo così basso il loro rendimento (poiché ovviamente anche i titoli di stato rispondono alle legge della domanda e dell’offerta: più sono richiesti e, tendenzialmente, meno rendono).
Quale che sia la ragione, al momento il governo francese si può finanziare (cioè può emettere debito e raccogliere soldi sui mercati internazionali) a un costo molto basso. Questo potrebbe spingere Hollande a non alzare le tasse sul lavoro e sull’impresa, favorendo una ripresa economica del paese. Allo stesso tempo, scrive il WSJ, “meno pressione per adottare tagli di bilancio in uno dei paesi più forti dell’euro sarebbe un sollievo per quei paesi che stanno subendo un crollo della domanda interna. Dei francesi allegri potrebbero spendere di più in olio d’oliva greco oppure prenotare un vacanza in Spagna se non hanno più paura di perdere il loro lavoro o la loro pensione nell’immediato”.
foto: GEORGES GOBET/AFP/GettyImages