La Cina vuole investire sul nucleare, nel Regno Unito
I rappresentanti cinesi stanno trattando con il governo britannico per costruire 5 nuovi reattori, causando diverse polemiche
Questa settimana, alcuni rappresentati dell’industria nucleare cinese sono andati nel Regno Unito per discutere con i più alti funzionari del Dipartimento dell’energia e dei cambiamenti climatici del governo britannico. Il Guardian, che riporta la notizia, afferma anche che il piano cinese prevederebbe investimenti per 35 miliardi di sterline, circa 45 miliardi di euro. Con questi soldi l’industria nucleare cinese vorrebbe costruire fino a cinque reattori nucleari sul suolo britannico.
Secondo quanto scrive il Guardian, il governo britannico potrebbe essere molto interessato dall’offerta cinese per due motivi principali: il primo è rappresentato dai problemi di finanziamento del programma nucleare, mentre il secondo è la paura, da parte del governo, del fatto che gli investimenti e la politica della multinazionale energetica a base francese EDF potrebbero cambiare, dopo la vittoria di François Hollande alle ultime elezioni presidenziali in Francia. L’EDF, secondo quanto riporta sul proprio sito inglese, produce attualmente un quinto del fabbisogno energetico britannico, dando lavoro a circa 15mila impiegati, e gestisce 8 centrali nucleari che producono intorno ai 9mila megawatt.
L’industria nucleare cinese costruisce le proprie centrali dal 1994, e sarebbe interessata ad entrare nel mercato energetico britannico sia per investire parte dei soldi che ha generato grazie all’importante crescita economica e industriale che ha avuto negli ultimi anni, sia per provare a esportare in Europa le competenze accumulate dal 1994 nel campo della costruzione e della gestione di impianti nucleari.
Ad incontrare i vertici del Dipartimento britannico dell’energia, secondo il Guardian, è stato un gruppo di rappresentanti del Shanghai Nuclear Engineering Research and Design Institute (SNERDI), che fa parte della più grande China National Nuclear Corporation (CNNC), una società controllata dal governo cinese, che ne nomina i vertici. La prima parte del piano cinese, scrive sempre il Guardian, prevede la partecipazione al consorzio Horizon, fondato nel 2009. Il consorzio, stando a quanto è riportato sul suo sito, a partire dal marzo del 2012 ha deciso di cercare nuovi investitori per costruire due nuovi impianti, uno a Wylfa, in Galles, e l’altro a Oldbury, nel Gloucestershire.
Altre fonti citate dal Guardian affermano che gli investitori cinesi sarebbero interessati a costruire anche a Bradwell, nell’Essex, a Heysham, nel Lancashire e a Hartlepool, nella contea di Durham. Apparentemente la EDF avrebbe la prelazione sullo sfruttamento di questi siti, ma la China National Nuclear Corporation (CNNC) vorrebbe sfruttare i suoi legami con una società statunitense, la Westinghouse, per costruire altri tre reattori.
Keith Parker, della Nuclear Industry Association di Londra, ha detto che la volontà della Cina di investire nel Regno Unito è molto incoraggiante: «Hanno 14 reattori di loro produzione in funzione e ne stanno costruendo altri 25. In più utilizzano progetti sia di Areva che di Westinghouse, che potrebbero essere usati anche qui. Dalle discussioni che abbiamo avuto mi è parso chiaro che hanno forti ambizioni internazionali.»
L’organizzazione ecologista Greenpeace ha duramente criticato la decisione del governo britannico di trattare con la Cina. Doug Perr, un esperto in materia che lavora per Greenpeace, ha detto:
«Questo è un segnale di disperazione. Gli investitori cinesi hanno il sostegno dello Stato, che potrebbe invece tentare di risolvere il problema dei finanziamenti riguardanti le enormi spese da sostenere per i nuovi impianti nucleari nel Regno Unito. Questo significa semplicemente che i soldi dei contribuenti britannici andranno al governo cinese invece che ai francesi.»
Il potenziale conflitto politico è stato messo in luce anche dall’ex responsabile per le politiche energetiche del governo britannico, che recentemente ha scritto:
«Così [i cinesi] entrerebbero nel sistema, e avrebbero accesso alla complicata architettura della rete energetica del Regno Unito e al controllo dei processi di distribuzione dell’energia elettrica, così come alla tecnologia nucleare britannica. Forse questo non importa. Forse esiste una muraglia cinese che separa gli investitori cinesi dal governo cinese. Forse siamo arrivati a un punto della globalizzazione che fa sì che la nazionalità dei proprietari sia irrilevante.
Ma anche se tutto ciò fosse vero, sembra deplorevole che in cambio di questi investimenti alla Cina non venga chiesto di fermare gli attacchi informatici e i furti di proprietà intellettuale, attività, questa, in cui sono i migliori al mondo.»
Ultimamente le industrie cinesi hanno investito nel Regno Unito anche in altri settori produttivi e gestionali. Investitori cinesi hanno in parte acquisito o, in alcuni casi, rilevato completamente, alcune delle più importanti infrastrutture britanniche: ad esempio la Thames Water Utilities Ltd, una società privata che si occupa della gestione idrica della cosiddetta Grande Londra, l’area amministrativa che comprende l’intera regione di Londra e che conta quasi 9 milioni di abitanti, secondo il censimento del 2011; oppure il porto di Felixstowe – nei dintorni di Londra, il più grande porto commerciale inglese e uno dei più grandi d’Europa – e gli impianti di raffinazione del petrolio di Grangemouth, in Scozia.
Foto: Dan Kitwood/Getty Images/small>