Il poliziotto accusato della morte al G20 di Londra è stato assolto
L'edicolante Ian Tomlinson morì nei giorni delle proteste, portando a un caso giudiziario molto seguito sul comportamento dei poliziotti
Il tribunale di Londra ha stabilito ieri che Simon Harwood, il poliziotto accusato di aver causato la morte di Ian Tomlinson durante le proteste del G20 in città, nel 2009, non è colpevole di omicidio colposo. Harwood ha 45 anni ed è membro dell’unità di polizia che si occupa di mantenere l’ordine pubblico durante le manifestazioni, il Territorial Support Group. Il suo caso è stato molto seguito nel Regno Unito, sia perché nessun poliziotto britannico è stato condannato per omicidio colposo mentre era in servizio dopo il 1986, sia perché successive versioni della morte di Tomlinson evidenziarono verità diverse da quelle diffuse inizialmente.
La morte di Ian Tomlinson
Nell’aprile del 2009 a Londra ci furono molti scontri tra polizia e manifestanti durante le proteste contro il G20. Si parlò da subito di un morto tra i manifestanti, ma poi si scoprì che si trattava di un passante, colto da un malore nei pressi della manifestazione. Ian Tomlinson, 47 anni, stava tornando a casa dal lavoro – lavorava in un’edicola – quando fu circondato da alcuni poliziotti e cadde a terra. Si rialzò, ma fu trovato morto cento metri più in là.
La prima autopsia stabilì che Tomlinson era morto per cause naturali in seguito a un infarto. Ma in mezzo a versioni diverse e accuse contro la polizia, alcuni giorni dopo la sua morte il Guardian pubblicò un video che suggeriva ben altre spiegazioni. Nel video si vedeva Tomlinson che – mentre attraversava il cordone della polizia completamente disarmato e con le mani in tasca – veniva prima colpito a una gamba con un manganello e poi gettato a terra con violenza da uno dei poliziotti.
Dapprima la polizia aveva cercato di insabbiare la vicenda, sostenendo che Tomlinson era morto per un malore e i soccorsi ostacolati dai manifestanti (gli unici a occuparsi di lui, invece). Sul corpo di Tomlinson vennero condotte tre diverse autopsie. La prima, due giorni dopo la morte, concluse che Tomlinson aveva avuto un infarto, ma con una formulazione poco chiara parlava anche di circa tre litri di sangue ritrovati nell’addome dell’uomo. La causa di una emorragia interna così grande non erano spiegate, anche se altri medici dissero che poteva essere dovuta ai tentativi di rianimazione.
Dopo la pubblicazione del video da parte del Guardian, avvenuta il 7 aprile 2009, l’IPCC (l’organo di garanzia britannico che si occupa dei procedimenti contro le forze dell’ordine) tolse l’inchiesta alla polizia di Londra e ordinò una seconda autopsia, che fu eseguita il 9 aprile da un celebre medico legale inglese, Nathaniel Cary. Cary si era occupato, tra le altre cose, anche dell’autopsia di Benazir Bhutto, il primo ministro pakistano assassinato nel 2007. La sua indagine concluse che Tomlinson era stato ucciso da un brusco colpo all’addome, che aveva causato un’emorragia interna mortale, aggravata dalla sua cirrosi epatica. Il colpo era dovuto al modo scomposto in cui Tomlinson era caduto a terra. Una terza autopsia confermò i risultati di quella di Cary.
Il procedimento legale andò per le lunghe sin da subito. Dopo mesi in cui crescevano le critiche sull’operato della polizia, sulla prima versione dei fatti fornita ufficialmente e sulla lentezza della giustizia, il procuratore incaricato dell’inchiesta annunciò solo a luglio del 2010 che non si sarebbe proceduto contro Simon Harwood, l’agente che, nel video, colpiva Tomlinson e poi lo gettava a terra. Era impossibile arrivare a conclusioni definitive, diceva il procuratore, considerate le discordanze nei risultati dei medici legali.
Ma nel maggio 2011 un’inchiesta giudiziaria concluse che Tomlinson fu vittima di “unlawful killing”, ovvero di omicidio. Nel sistema britannico, una “inquest” non indica alcuna persona direttamente responsabile dell’omicidio, limitandosi a pronunciarsi sulle cause della morte; un verdetto di “unlawful killing” porta però di solito all’apertura di un’indagine da parte della polizia giudiziaria per identificare i responsabili. Dai risultati dell’inchiesta era abbastanza chiaro, però, che a carico di Harwood c’erano diverse prove.
La sentenza di oggi
Secondo quanto riporta il Guardian, Harwood ha detto alla corte di Southwark, un distretto centrale di Londra, che ha sbagliato nel valutare Tomlinson una minaccia, mentre la polizia in tenuta antisommossa stava sgomberando una zona pedonale nella City di Londra la sera del primo aprile 2009. Il poliziotto ha detto, però, che le sue azioni erano giustificabili nel contesto dei disordini e delle violenze che c’erano state quel giorno.
Il verdetto della giuria è stato raggiunto dopo 4 giorni e, nota il Guardian – che fin dalla pubblicazione del video ha tenuto alta l’attenzione sul caso, con toni molto colpevolisti nei confronti della polizia – “porta a qualcosa di simile a una contraddizione legale”, visti i risultati dell’inchiesta giudiziaria del maggio 2011.
La giuria, aggiunge il Guardian, “non ha sentito dettagli sulla carriera disciplinare precedente di Harwood, che possono essere riportati solo ora”. Questi dettagli includono il fatto che, dal 2001 al 2005, Harwood lasciò la polizia metropolitana di Londra, dando le dimissioni il giorno prima di un’udienza disciplinare contro di lui a proposito di un arresto illegale, e che “presumibilmente ha preso a pugni, tentato di soffocare e preso a ginocchiate altri sospetti, mentre era in uniforme, in altri incidenti, secondo quanto ci viene riportato.” La famiglia di Tomlinson ha annunciato che aprirà ora una causa civile per stabilire chi abbia ucciso l’uomo.
foto: Simon Harwood esce dal tribunale di Southwark dopo il verdetto.
Dan Kitwood/Getty Images