Siria, morto il capo della sicurezza
È la quarta vittima dell'esplosione di mercoledì scorso durante la riunione sulla sicurezza dove sono morti anche il ministro della difesa, il cognato di Assad e il capo dell'unità anticrsi
La tv di Stato siriana ha annunciato la morte di Hisham Ikhtiar, il Capo della sicurezza nazionale della Siria, a causa delle ferite causate per lo scoppio di una bomba, mercoledì scorso, durante una riunione negli uffici del governo a Damasco. Nell’esplosione erano morti il ministro della Difesa, il suo vice (cognato del presidente Assad) e il capo dell’unità anticrisi.
Ieri gli oppositori siriani hanno assaltato e hanno incendiato la sede centrale della polizia a Damasco, nel quartiere Qanawat, e preso il controllo di alcuni tratti al confine con Iraq e Turchia. Secondo l’agenzia di stampa Reuters, la presenza dell’esercito del regime di Bashar al Assad nella capitale sta diminuendo. I ribelli avrebbero conquistato il quartiere nord di Barzeh, mentre l’esercito ha ripreso il controllo delle città occupate di Tel e Dumair a nord di Damasco. Gli attivisti hanno denunciato che durante la notte di ieri il distretto occidentale di Mezzeh è stato attaccato da artiglieria pesante e che molte persone sono state uccise a Zamalka, nella periferia est della capitale a causa dei bombardamenti dell’esercito.
I funzionari iracheni, che appoggiano il governo di Assad, hanno confermato che i ribelli siriani hanno ottenuto ieri il controllo del valico principale di Abu Kamal, vicino al fiume Eufrate. Si tratta di una delle vie commerciali più importanti del Medio Oriente. Gli oppositori hanno rivendicato anche il controllo di due valichi al confine con la Turchia a Bab al-Hawa e a Jarablus. Secondo l’inviato della BBC in Libano, Jim Muir, i ribelli stanno cercando di conquistare tratti al confine perché credono che il regime sia sempre più concentrato sulla battaglia di Damasco. Dopo le voci su un possibile coinvolgimento di Assad, ieri la televisione di Stato ha trasmesso il giuramento del nuovo ministro della Difesa a cui ha partecipato anche il presidente.
Al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, riunitosi ieri a New York, Russia e Cina hanno confermato ancora il loro veto sulla risoluzione dei paesi occidentali per inasprire le sanzioni contro la Siria. L’ambasciatore degli Stati Uniti all’ONU ha definito la riunione un «fallimento completo» e ha ipotizzato di esercitare nuove pressioni su Assad «fuori dalle vie diplomatiche» delle Nazioni Unite. I negoziati continueranno anche oggi perché il mandato dei 300 osservatori della missione in Siria scadrà domani. Molte operazioni della missione, però, si sono fermate nel mese di giugno a causa delle battaglie delle ultime settimane. Secondo le stime delle Nazioni Unite le vittime, dall’inizio del conflitto di sedici mesi fa, sono 14mila.
Russia e Pakistan hanno proposto l’allungamento dei tempi della missione di 45 giorni, mentre il Regno Unito ha detto di essere disposto a concedere 30 giorni al massimo. Ma il punto principale delle discussioni riguarda il Capitolo VII della Carta delle Nazioni Unite che non esclude, se le situazioni di guerra si aggravano, un intervento armato. I paesi occidentali vogliono che questo aspetto venga inserito nella risoluzione. Undici membri del Consiglio hanno votato a favore dell’applicazione di sanzioni economiche e militari, anche se al momento queste ultime sono state escluse. I voti contrari sono stati due e altri due gli astenuti.
L’ambasciatore russo all’Onu Vitaly Churkin ha detto che «i piani per mettere sotto pressione la Siria tramite il Consiglio di Sicurezza non passeranno: gli affari interni del paese non devono riguardare attacchi militari esterni». Il Consiglio è composto da 15 membri, cinque dei quali sono permanenti con il potere di veto sulle risoluzioni, tra cui la Russia e la Cina.
Foto: ribelli siriani al confine di Bab al-Hawa tra Siria e Turchia BULENT KILIC/AFP/GettyImages)