La prima donna premier della storia
Chi era Sirimavo Bandaranaike, eletta nello Sri Lanka il 20 luglio del 1960
Il 20 luglio del 1960 lo Sri Lanka fu il primo Stato al mondo ad avere un primo ministro donna: si chiamava Sirimavo Bandaranaike ed era di lingua cingalese, parlata dal gruppo etnico predominante nell’isola. Sirimavo Bandaranaike, entrata in politica dopo che il marito Solomon (allora capo del governo) fu ucciso nel 1959 da un estremista buddhista, fu per tre volte primo ministro: dal 1960 al 1965, dal 1970 al 1977 e dal 1994 al 2000.
Lo Sri Lanka, isola nell’Oceano Indiano chiamata Ceylon fino al 1972, era un possedimento britannico. Nel 1948 divenne indipendente con una Costituzione di tipo parlamentare: il primo governo fu guidato dal partito conservatore, lo United National Party (UNP). Nel 1956, dopo una crisi economica, vinse le elezioni lo Sri Lanka Freedom Party (SLFP) di orientamento nazionalista e progressista e Solomon Bandaranaike divenne Primo ministro.
I primi provvedimenti del SLFP, la proclamazione del cingalese come lingua ufficiale e il rafforzamento dell’identità buddhista, provocarono le prime tensioni con la minoranza Tamil (a prevalenza induista e insediata soprattutto nelle regioni del nord). Nel settembre del 1959 il premier fu assassinato e la sua politica fu portata avanti dalla moglie Sirimavo, conosciuta anche come la “vedova piangente” perché durante la campagna elettorale scoppiava spesso a piangere.
Sirimavo Bandaranaike nacque a Ratnapura nel 1916, apparteneva all’aristocrazia dell’isola, fu educata dalle suore cattoliche a Colombo e fu per tutta la vita una buddhista praticante. Nel 1940, all’età di 24 anni, si sposò, ebbe tre figli e fino alla morte del marito non si occupò attivamente di politica. Dopo la prima vittoria alle elezioni del 1960, fu costretta a dimettersi per la sconfitta del SLFP nel 1965, per tornare alla guida del governo nel 1970, a capo di una coalizione con il partito comunista e con quello trotzkista. Durante questo periodo dovette affrontare una grave crisi energetica internazionale e una difficile situazione economica del Paese scegliendo una politica di nazionalizzazioni e di rafforzamento del ruolo dello Stato.
Per lo Sri Lanka iniziò un periodo molto difficile anche a causa dei contrasti fra la maggioranza cingalese e la minoranza Tamil (circa il dodici percento della popolazione). Il risentimento dei Tamil (che rivendicavano l’indipendenza dei territori nord-orientali) favorì nel tempo la nascita di molti gruppi armati, tra cui le Tigri per la Liberazione della patria che, dalla fine degli anni settanta, hanno condotto una violenta campagna secessionista poi sfociata in oltre vent’anni di guerra civile e attentati contro i civili.
(- I conti con il passato dello Sri Lanka)
Nel 1972 una nuova Costituzione proclamò la Repubblica Democratica Socialista di Sri Lanka. Nel 1977 tornò alla guida del governo il partito UNP che, in contrasto con la politica di Sirimavo Bandaranaike, avviò il Paese sulla strada del liberismo. Il leader conservatore Jayawardene, dopo una modifica della Costituzione, divenne anche presidente della Repubblica. Sempre nel 1977 Sirimavo Bandaranaike venne privata dei diritti civili perché colpevole di abuso di potere durante il suo ultimo mandato.
(Nel video: Sirimavo Bandaranaike mentre accoglie i Capi di Stato di altri paesi in un Summit che si tenne in Sri Lanka nel 1976)
Nel 1994 sua figlia Chandrika fu eletta presidente della Repubblica e Sirimavo assunse nuovamente la guida dell’esecutivo. Lasciò l’incarico per motivi di salute nell’agosto 2000 e morì due mesi dopo per un infarto a 84 anni.
(Nella foto, Sirimavo Bandaranaike con Sir Oliver Goonetilleke, il Governatore Generale di Ceylon, all’inaugurazione solenne del nuovo Parlamento a Colombo, 12 agosto 1960 – AP Photo)