Il PD e i “diritti”
Adriano Sofri ricostruisce cosa era successo prima dell'assemblea di sabato, e come mai è "scappata di mano ai suoi controllori"
Su Repubblica di lunedì Adriano Sofri rimette in fila i fatti intorno allo scontro nel PD sui temi “etici” all’Assemblea Nazionale di sabato, e ricostruisce cosa è successo e chi ha sbagliato.
In principio c’è la cortese convenzione che chiama “eticamente sensibili” i temi che riguardano il corpo e la sessualità, e assegna loro un’aiuola a parte, come a un albero dal frutto proibito. A essi si riduce progressivamente la Questione Cattolica. Quando il Partito Democratico si impegna a fondere in una nuova e più varia formazione la sinistra già comunista e il cattolicesimo popolare, una specie di accordo fra gentiluomini, diciamo così, li fa accantonare come argomenti di cui non sta bene parlare in pubblico. Ci sono bensì gli eccessi di zelo, come l’assegnazione prolungata di una competenza su quei temi, o almeno un potere di veto, a personalità oltranziste come Paola Binetti. Mezzo uscito da una tal quaresima, il Partito Democratico, che non era riuscito a far arrivare in porto l’umile disegno di legge sui cosiddetti “Dico”, deliberò un anno e mezzo fa di aggirare la suscettibilità delle sue correnti formando un comitato, coordinato da Rosy Bindi, che facesse esaminare e discutere i temi “sensibili” da dirigenti politici ed “esperti”, così da arrivare a una sintesi da proporre al partito. La decisione fu presa pressoché all’unanimità, benché qualcuno, come Gianni Cuperlo, suggerisse di affrontare il dibattito nelle sedi di partito, piuttosto che passando attraverso la supposta neutralità del “Comitato”. Il quale fu nominato, curando la varietà delle posizioni rappresentate, senza sollevare obiezioni sostanziali. (Spiccava l’assenza di un nome come quello di Stefano Rodotà, giustificata a posteriori con il desiderio di non turbare un equilibrio faticosamente raggiunto…).
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