Contro le preferenze
Per Gianluigi Pellegrino, su Repubblica, sarebbero quasi peggio della legge elettorale attuale
Nella pagina dei commenti di Repubblica di domenica Gianluigi Pellegrino argomenta molto severamente contro l’ipotesi di una nuova legge elettorale che preveda il ritorno delle “preferenze”, che sarebbe secondo la sua esposizione un modo per rendere ugualmente impossibile il ricambio delle classi politiche dal potere consolidato.
Vero che peggio del porcellum, non c’è nulla. Ma quel che resta del filo di fiducia tra cittadini e forze politiche viene davvero reciso se si spaccia per cambiamento ciò che in realtà non lo è. La premessa è la doppia esigenza, ieri ribadita da Bersani e su cui tutti dicono di concordare, di restituire la scelta agli elettori e di garantire la governabilità. Ma entrambi gli obiettivi rischiano di essere beffardamente traditi con la prospettata riesumazione delle preferenze.
Purtroppo la nostra memoria è sempre più corta, sovrastata dagli affanni di ogni giorno e impigrita dalla inconcludenza politica degli ultimi anni. E così rischiamo di non ricordare quali guasti porti con sé quel sistema di voto. Per fortuna è la cronaca di queste ore a incaricarsi di ricordarcelo, con la vicenda di mister preferenze che a Roma aveva impiegato poco a mettere a punto una straordinaria macchina di raccolta fondi e rastrellamento voti, in contrasto, persino ostentato, con ogni logica di effettivo e genuino consenso.
Ma anche a non voler far leva sull’impietosa coincidenza di cronaca, l’inganno delle preferenze non è meno evidente, ad una semplice analisi logica.
I collegi elettorali per il Parlamento sono ampissimi, spesso grandi quanto intere regioni. In aree cosi vaste, chi volete sia favorito in una guerra di preferenze interne ad un partito, se non i dirigenti del partito medesimo che si spartirebbero le indicazioni nelle sezioni? Che speranze si potranno mai nutrire di effettivo cambiamento? Come può una new entry non appoggiata dalle strutture di partito farsi conoscere su un territorio così grande nel breve volgere di una campagna elettorale? Si farebbe così finta di aprire le porte, ma si tratterebbe di porte girevoli, lasciando nel palazzo i soliti noti. Ma soprattutto le preferenze non evocano un virtuoso rapporto di rappresentanza basato su fiducia, consenso pulito e voto di opinione, che invece si avrebbe con colleggi piccoli e uninominali, maggioritari o proporzionali. Gli unici peraltro coerenti con eventuali selezioni primarie. Il sistema delle preferenze invece evoca un vincolo appiccicoso e deteriore come la cronaca e la storia spietatamente ci ricordano.
Non meraviglia che Berlusconi ne faccia il suo nuovo vessillo. Avrebbe un duplice vantaggio.
(continua a leggere sulla rassegna stampa Treccani)