Un altro massacro in Siria
Almeno 200 persone sono morte in un villaggio della provincia di Hama e ci sono preoccupazioni per lo spostamento delle armi chimiche nel paese
Nonostante gli ultimi sforzi diplomatici delle Nazioni Unite, in Siria sono continuate le violenze anche nelle ultime ore. Gli attivisti che chiedono la fine del regime oppressivo del presidente Bashar al Assad hanno denunciato un nuovo massacro, che sarebbe avvenuto ieri nella provincia di Hama, nella Siria centrale. Stando alla loro segnalazione, l’attacco delle forze fedeli al governo avrebbe causato la morte di oltre 200 persone nel villaggio di Tremseh. Il Consiglio rivoluzionario di Hama ha diffuso un comunicato spiegando che “almeno 220 persone sono morte” a causa dei “bombardamenti realizzati con carri armati, elicotteri, artiglieria pesante ed esecuzioni sommarie”.
L’ONU ha ricevuto conferme sull’utilizzo di mezzi pesanti nei combattimenti degli ultimi giorni, ma le notizie su quanto accaduto nelle ultime ore sono ancora poco chiare. Gli attivisti parlano di massacro e di decine di ribelli e civili uccisi, mentre le autorità siriane parlano di azioni di gruppi terroristici, che starebbero agendo per schierare l’opinione pubblica contro il governo. L’inviato delle Nazioni Unite nel paese, l’ex segretario generale dell’ONU, Kofi Annan, ha detto di essere “scioccato e sconvolto per le notizie che arrivano dal villaggio di Tremseh e ha condannato “questo tipo di atrocità”. Annan ha spiegato che gli osservatori dell’ONU sono pronti e disponibili per andare a Tremseh e indagare su quanto accaduto, ma altri funzionari delle Nazioni Unite hanno detto che in realtà la visita potrà essere effettuata solamente in presenza di una tregua credibile delle ostilità.
La notizia del massacro è stata confermata anche dall’Osservatorio per i diritti umani in Siria. L’organizzazione britannica ha comunicato di essere a conoscenza del nuovo massacro e di aver ricevuto notizie di almeno 100 persone morte, notizie ottenute dai propri informatori in territorio siriano. Al momento, sono però stati confermati solamente i nomi di una trentina di deceduti e non è quindi chiaro quale sia stata l’effettiva portata dell’attacco nel villaggio.
Anche il governo siriano ha parlato del massacro di Tremseh attraverso la tv di Stato, ma ha attribuito la responsabilità degli scontri a un “gruppo di terroristi armati”. Le autorità hanno annunciato la morte di tre persone appartenenti alle forze di sicurezza nell’attacco. Alcuni testimoni hanno spiegato di aver assistito a distruzioni di case e altri edifici nella zona, e di avere avuto notizia dell’uccisione di decine di persone da parte delle forze militari che sostengono il regime.
Un attivista ha spiegato ad al Jazeera che fino a ora sono stati riconosciuti circa 20 corpi, ma ce ne sono almeno altri 60 in una moschea in attesa di riconoscimento: «Ci sono poi molti altri corpi nei campi, nelle acque del fiume e nelle case. Le persone hanno cercato di scappare quando sono iniziati i bombardamenti e molte famiglie sono state uccise mentre provavano a fuggire».
(La Russia non armerà più la Siria)
La corrispondente da Beirut di al Jazeera, Rula Amin, ha ricevuto ulteriori conferme sul massacro delle ultime ore nella provincia di Hama. Molti corpi ritrovati nel villaggio hanno ferite da armi da taglio e altri sono stati bruciati. Non è però ancora chiaro che cosa sia avvenuto esattamente a Tremseh e le comunicazioni nella zona sono molto difficili: «Gli attivisti ci hanno spiegato che il villaggio è contornato da altri villaggi fedeli al governo nella provincia di Hama. Il governo ha ammesso che ci sono stati scontri nella zona, ma non ha parlato di massacro».
Se la notizia delle oltre 200 persone morte dovesse essere confermata, si tratterebbe dello scontro con il maggior numero di morti da quando sono iniziate le proteste contro il governo siriano 16 mesi fa. Si stima che complessivamente fino a ora siano morte almeno 16mila persone a causa degli scontri, delle violenze e dei massacri nel paese. Buona parte dei paesi occidentali stanno facendo pressioni sulle Nazioni Unite, chiedendo che vengano applicate sanzioni nei confronti della Siria, specialmente se il suo governo rifiuterà il rinnovo della missione degli osservatori ONU nei propri territori. Russia e Cina si oppongono alla possibilità di nuove sanzioni e di soluzioni che implichino le dimissioni di Assad, e quindi si fatica a trovare una mediazione.
Gli Stati Uniti stanno osservando con particolare attenzione gli sviluppi in Siria. Stando alle informazioni pubblicate dal Wall Street Journal, le autorità statunitensi hanno rilevato movimenti sospetti nelle zone del paese in cui si pensa siano custodite armi chimiche. Alcuni funzionari temono che gli spostamenti degli arsenali possano essere legati alla preparazione di nuove iniziative militari, più incisive, contro i ribelli e parte della popolazione. Secondo altri osservatori, Bashar al Assad avrebbe invece disposto lo spostamento per nascondere parte delle armi, sottraendole al monitoraggio dei paesi occidentali.
foto: esercitazioni delle forze militari siriane (AP Photo/SANA)