Costa Concordia, l’estate al Giglio
La Stampa racconta la situazione sull'isola, le vacanze davanti al relitto, le multe ai sub che tentano di avvicinarsi, gli oggetti depositati in un magazzino
La giornalista Grazia Longo è stata all’isola del Giglio e fa oggi sulla Stampa un punto della situazione, a sette mesi dal naufragio della nave da crociera.
I lavori sul relitto proseguono ed è iniziata la complessa opera di rimozione della parte di scoglio rimasta incagliata nello scafo della Costa Concordia, come mostrano le foto.
Comodini, sedie, coperte, ma anche valigie, stivali, scarpe, qualche libro miracolosamente asciutto.
Arredi della Concordia e scampoli di vita dei passeggeri abbandonati durante la fuga di quella maledetta notte del 13 gennaio.
Il cimitero delle cose perdute è a Talamone, poco distante da Porto Santo Stefano. In un enorme magazzino, sotto sequestro della procura di Grosseto.
«Quando gli oggetti sono riconoscibili li restituiamo ai proprietari» dice il procuratore Francesco Verusio. Il resto, è custodito in attesa che qualcuno lo rivendichi.
Ma sarà difficile. Perché durante il naufragio che nella memoria collettiva si è ormai imposto come quello del Titanic, si sono salvati solo gli oggetti della parte non immersa della nave e alcuni bagagli, sì bagnati ma con i dati personali dei proprietari scritti con il pennarello indelebile.
Tutto riaffiorato sulle onde, in superficie, durante il prezioso lavoro dei sub impegnati nel recupero di 30 corpi. Altri due, quelli della cinquantenne siciliana Maria Grazia Trecarichi e del cameriere indiano Russel Rabello, sono ancora lì sotto, inghiottiti dalla Concordia.
Quella che da lontano sembra una pennellata di vernice bianca sulla costa dell’isola, man mano che il traghetto si avvicina si rivela per quello che è. La nave naufragata più fotografata al mondo. L’ammiraglia della Costa crociere ha finito la sua corsa su uno scoglio, quasi di fronte al porto, giusto sei mesi fa. Anche allora era venerdì. Ma le abitudini, prima dell’impatto alle 21,42, erano diverse: i flash scattavano al contrario. Dal ponte e dagli oblò verso l’esterno.
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foto: VINCENZO PINTO/AFP/GettyImages