Ancora grane tra Siria e Turchia
Il presidente siriano Assad si è detto dispiaciuto per l'abbattimento del jet turco, ma continuano reciproche e minacciose operazioni militari
Il presidente della Siria Bashar al Assad ha detto, in un’intervista data domenica e pubblicata lunedì sul quotidiano turco Cumhuriyet, che non voleva l’abbattimento, il 22 giugno scorso, del jet turco F-4 Phantom. Assad ha detto di deplorare «al cento per cento» l’azione della contraerea siriana e ha espresso le sue condoglianze alle famiglie dei due piloti turchi che erano a bordo al momento dell’attacco e non sono ancora stati ritrovati. Nell’intervista, il presidente siriano ha aggiunto: «Il jet stava volando in un corridoio aereo usato tre volte in passato dalle forze israeliane. Sarei stato felice se il jet abbattuto fosse stato israeliano».
Assad ha dato anche la sua versione su come sono andati i fatti: «Vogliamo pensare che si sia trattato di un errore del pilota e lo consideriamo come un incidente isolato che non dovrebbe essere esagerato». Il presidente siriano ha assicurato di non sapere che il jet abbattuto fosse turco: «Abbiamo appreso che apparteneva alla Turchia dopo la sparatoria». Per quanto riguarda i rapporti tra Siria e Turchia, Bashar al-Assad ha assicurato che non permetterà che le tensioni politiche tra i due paesi degenerino in un conflitto aperto.
Secondo le autorità turche il jet stava conducendo operazioni di routine e addestramento, ha violato lo spazio aerei siriano «inavvertitamente» e non stava svolgendo alcuna attività di sorveglianza. La BBC ha ricostruito le tappe dell’F-4 Phantom a partire dal decollo dalla base turca di Erhac, alle 8.30 italiane di venerdì 22 giugno. Per le autorità israeliane l’aereo avrebbe violato lo spazio aereo siriano alle 9.40, mentre le autorità turche hanno dichiarato di aver perso i contatti con il jet circa venti minuti dopo, verso le 10. Le autorità siriane hanno affermato di essere intervenute con la propria contraerea quando l’F-4 si trovava a circa un chilometro dalle coste della Siria, provocandone lo schianto in mare a circa 10 chilometri a ovest di Om al-Tuyour, vicino a Latakia.
La settimana scorsa il primo ministro turco Recep Tayyip Erdogan aveva condannato il comportamento della Siria, definendo lo Stato confinante «una chiara e presente minaccia». Dopo l’abbattimento del jet la Turchia ha rafforzato la sicurezza nella regione, escludendo comunque la possibilità di conflitti armati con Damasco. Come «misura preventiva», spiega in un comunicato il governo turco, sono state schierate truppe dell’esercito lungo il confine con la Siria.
Ieri il comando delle forze armate turco ha annunciato che nella giornata di domenica sono stati fatti decollare sei caccia F-16 dalla base di Incirlik, nel sud della Turchia, in risposta a elicotteri siriani che volavano sul confine turco, nella provincia meridionale di Hatay a 2-2,5 miglia dalla frontiera. Anche oggi, per il terzo giorno consecutivo, jet turchi volano vicino al confine con la Siria. Sempre oggi il presidente siriano Assad ha promulgato una legge che prevede la pena di morte nel caso di decesso o di menomazione di soldati dell’esercito siriano. La normativa definisce «atto terroristico» ogni «azione che miri a creare panico tra la popolazione, destabilizzare la sicurezza pubblica e danneggiare le infrastrutture basilari del paese». Il regime ieri ha bombardato un sobborgo di Damasco e ha fatto poi un raid a Douma. La Turchia ha fatto decollare i suoi aerei da guerra vicino al confine a nord.
I rapporti diplomatici tra Turchia e Siria si sono deteriorati fin dall’inizio della repressione decisa da Bashar al-Assad contro i suoi oppositori. Secondo una stima delle Nazioni Unite gli scontri hanno ucciso quasi 13mila persone, dalla metà di marzo 2011. Il primo ministro turco Erdogan ha più volte denunciato la repressione delle forze siriane. La Turchia ospita molti rifugiati siriani, membri dell’Esercito Siriano Libero e soldati disertori. L’Osservatorio Nazionale per i Diritti Umani in Siria ha detto che più di 16.500 persone sono morte dall’inizio della rivolta, dalla metà di marzo 2011, tra i quali 11.486 civili, 4.151 soldati governativi e 870 disertori.
Sabato scorso a Ginevra 28 diplomatici degli stati arabi e della NATO che si oppongono ad Assad si sono incontrati su richiesta della Turchia, in base all’articolo 4 del Trattato NATO che consente agli Stati membri di chiedere consultazioni se si ritiene che la propria sicurezza sia minacciata. L’incontro è stato organizzato nel tentativo di persuadere la Russia e la Cina a firmare una dichiarazione che chieda ad Assad di lasciare il potere. Al termine della riunione Anders Fogh Rasmussen, segretario generale della NATO, ha escluso l’intervento armato contro la Siria. Il primo ministro turco Recep Tayyip Erdogan, in quelle stesse ore, accusava il governo siriano di «attacco efferato», decidendo anche di cambiare le regole di ingaggio delle proprie forze armate. Il provvedimento principale prevede che se le truppe siriane si avvicineranno al confine saranno considerate una minaccia militare.
(AFP/GettyImages)