Gli ultimi 56 giorni di Borsellino: 1° luglio 1992
Dal libro di Enrico Deaglio, la cronologia degli avvenimenti tra la strage di Capaci e quella di via D'Amelio
Il nuovo libro di Enrico Deaglio – “Il vile agguato“ (Feltrinelli) – è dedicato alle indagini sulla strage di via D’Amelio a Palermo in cui fu ucciso il magistrato Paolo Borsellino assieme a cinque agenti della sua scorta, il 19 luglio 1992. Il libro si conclude con una “succinta cronologia degli ultimi cinquantasei giorni di vita di Paolo Borsellino, compresi avvenimenti che avevano a che fare con lui, ma di cui non era a conoscenza”. Il Post pubblicherà in sequenza, assieme al secondo capitolo del libro, la successione di quegli eventi, a vent’anni di distanza.
1° luglio. La giornata fatale
Paolo Borsellino si reca a Roma per interrogare Gaspare Mutolo, boss della famiglia di Partanna Mondello, molto vicino a Salvatore Riina. Killer, imprenditore, narcotrafficante, Mutolo si era già incontrato confidenzialmente con Giovanni Falcone non molto tempo prima del suo assassinio. Nel corso della giornata avviene, per lui, qualcosa di sconvolgente.
Gaspare Mutolo è l’uomo che fa a Borsellino i nomi di Bruno Contrada, numero tre del Sisde, e di Domenico Signorino, magistrato della procura di Palermo (ha retto insieme ad Ayala l’accusa in Corte d’assise nel famoso maxiprocesso). Mutolo racconta di favori (appartamenti, donne) fatti al poliziotto e al magistrato dalla famiglia mafiosa dei Riccobono, in cambio del loro aiuto. Borsellino, che si ricorda ovviamente di tutte le confidenze di Giovanni Falcone, sta raccogliendo le prove per far arrestare Contrada e Signorino.
Durante l’interrogatorio, Borsellino viene avvertito che il nuovo ministro dell’Interno, Nicola Mancino, appena insediato, lo vuole incontrare al Viminale. Borsellino dice a Mutolo: “Sospendiamo, torno fra mezz’ora”.
Al Viminale però non incontra il ministro, ma il capo della polizia Vincenzo Parisi e – appunto – Bruno Contrada. Secondo il racconto di Mutolo, Borsellino torna sconvolto. “L’ho visto fumare e accendersi una seconda sigaretta.” Mi ha riferito che Contrada gli ha detto: “Chieda a Mutolo se ha bisogno di qualcosa…”, ma nessuno doveva sapere dell’interrogatorio. I due si lasciano e Borsellino riparte per Palermo.