L’aria che tira in Europa
Stando alle premesse, al Consiglio europeo che inizia domani sarà una bella lotta: la Germania da una parte e tutti gli altri, Francia e Italia in testa, dall'altra
A partire da domani, 28 giugno, si terrà a Bruxelles un Consiglio europeo – la riunione dei capi di stato e di governo dei 27 paesi dell’Unione Europea – che molti considerano decisivo per la crisi europea: ma le aspettative molto alte si sono già ridimensionate e l’impressione generale è che anche da questa riunione non usciranno passi avanti risolutivi. Negli ultimi giorni ci sono stati alcuni sviluppi che hanno confermato questa sensazione, mentre anche i mercati finanziari sembrano essere pessimisti: oggi lo spread tra i titoli decennali italiani e quelli tedeschi è intorno ai 460 punti base.
Gli eurobond e Angela Merkel
Martedì 26 giugno Angela Merkel si è espressa su una delle questioni più discusse nel dibattito su come contrastare la crisi economica: gli eurobond, ovvero obbligazioni emesse “collettivamente” dagli stati dell’Unione Europea per dare una garanzia comune sul debito pubblico. Parlando a un gruppo di parlamentari dell’alleato di governo Partito Liberaldemocratico (FDP), secondo quanto ricostruito da alcuni giornalisti il cancelliere avrebbe detto che non ci sarà una messa in comune completa del debito “finché io vivo”. Secondo quanto riporta lo Spiegel, diversi parlamentari del FDP avrebbero risposto dicendo “Speriamo che Lei abbia una lunga vita”.
(La storia e le foto di Angela Merkel)
Questa presa di posizione così netta è relativamente una novità, se non nella sostanza almeno nei toni usati da Merkel. Fino a oggi, il capo di governo della Germania aveva sempre ripetuto che gli eurobond non erano “attualmente” la strategia migliore per uscire dalla crisi, e che si sarebbe dovuto subordinare l’emissione di titoli comuni a una maggior integrazione fiscale e politica: ovvero dando agli organismi europei un maggior potere di controllo e di intervento sui bilanci statali. L’opinione comune e più ottimista era che prima o poi Merkel e la Germania avrebbero dovuto cedere su questo punto e concedere qualcosa sul piano della condivisione del debito (lo stesso Monti aveva detto di ritenere gli eurobond probabili nel prossimo futuro), ma le affermazioni di ieri spostano per lo meno in avanti la data in cui questo succederà.
Il piano delle istituzioni europee
La netta presa di posizione è anche, almeno in parte, la reazione alla pubblicazione di una relazione di sette pagine scritte dal presidente del Consiglio europeo, Herman Van Rompuy, insieme al presidente della Banca Centrale Europea, Mario Draghi, al presidente della Commissione europea, José Manuel Barroso, e al presidente dell’Eurogruppo, Jean-Claude Juncker.
Il documento, trasmesso ai rappresentanti dei 27 paesi europei tra lunedì 25 e martedì 26, è una sorta di risposta per punti delle istituzioni europee alla crisi, che avanza qualche scenario possibile e qualche ipotesi di soluzione. Tra queste c’è una maggiore integrazione nel settore bancario e un maggior ruolo di vigilanza affidato alla Banca Centrale Europea, e queste proposte erano attese; ma c’è la proposta di un maggior controllo sui bilanci statali e una timida apertura agli eurobond.
Il documento non pone scadenze e non scende nel dettaglio, apparendo molto più vago rispetto alle bozze che erano circolate nelle settimane precedenti (era stato commissionato a una riunione dei vertici europei dello scorso maggio). Nella forma attuale, è ben lontano dall’essere un piano immediato e parla di quello che andrebbe fatto nei prossimi dieci anni, più o meno: ma, come ha scritto il Wall Street Journal, pur con le sue vaghezze e omissioni è “il piano ufficiale più concreto verso legami economici più stretti che sia emerso dai paesi dell’Unione”.
È anche diventato chiaro che, sul piano delle alleanze, le posizioni dell’Italia e della Francia sono sempre più vicine e sono supportate dal Fondo Monetario Internazionale e dalla Commissione Europea. Dall’altra parte continua a rimanere la Germania. Italia e Francia spingono per misure immediate contro la crisi, mentre finora ci si è limitati a provvedimenti a medio e lungo termine. Mario Monti ha suggerito di usare il fondo salva-stati da 500 miliardi di euro per comprare i titoli di stato dei paesi sotto l’assedio dei mercati finanziari ma “virtuosi”, ovvero che stanno agendo contro la crisi, una categoria in cui il primo ministro mette evidentemente l’Italia. Hollande è favorevole a questa misura.
Cipro, Francia e le alleanze
Intanto da diversi paesi europei continuano ad arrivare notizie poco incoraggianti sul piano economico. Il 25 giugno Cipro ha chiesto ufficialmente aiuto all’Unione Europea per il suo settore bancario: è probabile che al Consiglio europeo di domani e dopodomani si parlerà anche del prestito per aiutare le sue banche. È facile che l’isola, che fa parte dell’UE dal 2004, riceverà i fondi, vista la piccola dimensione della sua economia, colpita soprattutto dal vicino disastro dell’economia greca.
Due giorni fa il ministro delle Finanze francese Pierre Moscovici ha detto che ai bilanci pubblici manca una cifra “da qualche parte in mezzo” tra i 7 e i 10 miliardi di euro per raggiungere l’obiettivo (posto dal precedente governo di Sarkozy) di un rapporto tra deficit e PIL del 4,5 per cento. Nel 2011, lo stesso rapporto, che gli accordi europei porrebbero al 3 per cento massimo, è stato del 5,2 per cento, ma il ministro francese ha detto di essere fiducioso in un rientro al di sotto del tetto massimo stabilito dalle regole europee nel 2013, senza bisogno di approvare misure di austerità.
foto: Pool-Cristiano Laruffa Presidenza del Consiglio via Getty Images